Secondo la tradizione, il 2 novembre è il giorno in cui la chiesa cattolica ricorda i defunti. In Messico, per esempio, è patrimonio immateriale: durante il dìa de los muertos, infatti, si preparano altari in casa e nei cimiteri perché i morti tornino a trovare chi è ancora in vita.
Ma il 2 novembre è anche il giorno in cui le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata mondiale per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti.
I responsabili non sono puniti in nove casi su dieci
Tra il 2006 e il 2020, infatti, oltre 1.200 giornalisti sono stati uccisi a causa delle proprie inchieste, 62 solo nell’ultimo anno. Negli ultimi 5 anni, gli omicidi ai danni degli operatori dell’informazione sono cresciuti del 20 per cento rispetto al quinquennio precedente. Inoltre, secondo l’Osservatorio dei giornalisti uccisi dell’Unesco, in nove casi su dieci gli assassini restano impuniti, ovvero nell’87 per cento dei casi.
Molti di questi giornalisti sono stati uccisi in luoghi di guerra ma l’Unesco mette in evidenza un dato interessante, cioè che solo il 6 per cento dei 400 circa giornalisti uccisi tra il 2016 e il 2020 sono stranieri: la maggior parte, insomma, muore in patria.
Le uccisioni sono la forma più estrema di censura dei media ma non è l’unica forma con la quale si impedisce la libera circolazione di informazioni: i giornalisti, infatti, sono anche soggetti a innumerevoli minacce che vanno dal rapimento alla tortura fino alle molestie, in particolare nella sfera digitale.
E naturalmente gli attacchi online contribuiscono a creare un clima di paura per i professionisti dei media. Come si può leggere nel documento The chilling: global trends in online violence against women journalists redatto dall’Unesco, il 73 per cento delle giornaliste intervistate ha dichiarato di essere stata minacciata, intimidita o insultata attraverso internet in relazione al proprio lavoro.
L’impunità incoraggia gli assassini
L’impunità incoraggia gli autori dei crimini a perseverare perché i sistemi giudiziari, invece di inviare un messaggio di intolleranza verso questi comportamenti, appaiono troppo deboli. Il tentativo della Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti, istituita nel 2013 in memoria dell’omicidio di due giornalisti francesi uccisi in Mali nello stesso anno (e sulle cui cause si sta ancora indagando), sta proprio nel sensibilizzare la popolazione su questo delicato tema e per commemorare tutte quelle persone che sono morte per aver fatto informazione nei luoghi più difficili della terra.
Inoltre, con la risoluzione A/Res/68/163, l’assemblea generale delle Nazioni Unite esorta gli stati membri a fare tutto il possibile per prevenire tali violenze, invitandoli a “promuovere un ambiente sicuro che favorisca l’esercizio della professione di giornalista in modo indipendente e senza interferenze inappropriate”.
La cifra definitiva de defunciones registradas en México por #homicidio en 2020 quedó en 36,773 muertes, ligeramente superior a los 36,579 de la preliminar (29 de julio); de esta forma, los homicidios en 2020 serían un poco más numerosos que en 2018 (36,685) y 2019 (36,661). pic.twitter.com/rhkKVrc2cM
Ma nonostante tutti questi sforzi, i giornalisti continuano a morire. Uno dei paesi al mondo con il numero più alto di giornalisti uccisi ogni anno è il Messico: nel ranking del 2019 era il secondo paese al mondo, dopo la Siria. Proprio qui, a pochi giorni di distanza dal 2 novembre, sono stati uccisi due giornalisti: il primo è Fredy López Arévalo, un veterano dell’informazione in Chiapas da dove il giornalista raccontava delle vessazioni subìte dalle comunitàzapatiste e al quale hanno sparato in testa nella sua casa di San Cristóbal de las Casas.
Lo stesso giorno, il giornalista di Acapulco Alfredo Cardoso è stato rapito nella sua casa da uomini armati mascherati che hanno minacciato anche la sua famiglia. È stato ritrovato il giorno successivo dopo essere stato colpito da cinque colpi di arma da fuoco. Cardoso era un fotogiornalista e dirigeva il sito Revista Dos Costas, su cui spesso pubblicava notizie relative al cartello della droga nello stato di Guerrero.
Nessun sospetto è stato arrestato per nessuno dei due crimini. I due attacchi hanno rafforzato la reputazione del Messico come uno dei paesi con il più alto indice di impunità al mondo quando parliamo di omicidio di giornalisti, secondo i dati raccolti dal Committee to protect journalists (Cpj).
Il 29 ottobre 2018, le raffiche di vento della tempesta Vaia hanno raso al suolo 40 milioni di alberi in Triveneto. Una distruzione a cui si sono aggiunti gli effetti del bostrico, che però hanno trovato una comunità resiliente.
Continua ad aumentare il numero di sfollati nel mondo: 120 milioni, di cui un terzo sono rifugiati. Siria, Venezuela, Gaza, Myanmar le crisi più gravi.