2050: Cronache Marine, il docufilm che mostra come potrebbe essere il futuro dei mari

Un viaggio nel tempo, in cui la plastica ha cambiato per sempre il nostro rapporto col mare. È lo spunto del docufilm 2050: Cronache Marine.

Nuotare tra i sacchetti di plastica, collezionare rifiuti marini per farne opere d’arte, andare a cena in un ristorante dove le microplastiche sono diventate il segreto di specialità gourmet, pescare bottigliette e flaconi anziché pesci. È dipinto così il futuro che ci attende nel docufilm 2050: Cronache Marine, realizzato a supporto della campagna di sensibilizzazione promossa da Istituto Oikos nell’ambito del progetto Life Beyond Plastic.

Un’opera provocatoria (già visibile online), che tratteggia i confini di un futuro distopico, in cui l’umanità non è riuscita a risolvere in tempo il grande problema dell’inquinamento da plastica e ne paga le conseguenze.

La situazione ormai è nota a tutti (o quasi) e ci pone di fronte a un’urgenza non più rimandabile. Le acque del Pianeta contengono più di cinquemila miliardi di detriti di plastica e ogni anno una media di 8 milioni di tonnellate di plastica finisce nei mari di tutto il mondo, provocando danni inestimabili agli animali e agli ecosistemi. Da qui prende spunto il docufilm, proiettandoci in un futuro che ci auguriamo di non vedere mai e che siamo ancora in tempo a cambiare.

2050: Cronache Marine, i protagonisti del film

Il registro scelto per il film è quello di un finto documentario, dalle atmosfere rarefatte e quasi sognanti. Un realismo straniante, raccontato attraverso storie al limite, ma talmente verosimili da riuscire a suscitare un’attenta riflessione. Le storie dei protagonisti, tutti immaginari, proiettano nel 2050 le problematiche attuali.

C’è la giovane cacciatrice di sacchetti che trascorre il tempo libero a nuotare in un mare infestato da buste colorate. Il suo hobby è raccoglierle, ricostruire la loro storia e immaginare un passato in cui al loro posto esistevano animali con lunghi tentacoli, chiamati polpi. Una specie ormai scomparsa, come molte altre.

Un’altra donna, la collezionista di packaging, sublima l’identità di questi oggetti abbandonati facendone opere d’arte, in grado di raccontare i paradossi della società e di portare a galla gli errori commessi dagli uomini.

Testimone diretto delle conseguenze dell’invasione silenziosa in atto nei mari è il pescatore costretto a riconvertire la sua attività, perché i pesci scarseggiano e raccogliere reti colme di bottiglie ormai è più remunerativo.

Ma la storia più impressionante è quella dello chef di microplastiche, che, per far fronte alla mancanza di pesce e a una catena alimentare ormai irrimediabilmente compromessa, ha messo a punto un menu a base di specie contaminate. Dai delfini farciti col polietilene agli squali biomagnificati.

Tutte ipotesi inquietanti e abbastanza convincenti da far rabbrividire e mettere in allerta le coscienze.

Storie fittizie, dati reali

Se i protagonisti sono frutto dell’immaginazione, le informazioni disseminate nel docufilm sono tristemente reali. A partire dalla data scelta: quel 2050 indicato dalla scienza come il momento in cui la quantità di plastica nei mari supererà quella dei pesci. Una profezia che solo l’azione immediata e concreta dell’umanità intera potrà scongiurare.

E il tentativo della campagna promossa da Oikos, anche attraverso questo docufilm, è proprio quello di pungolare le coscienze. La #missione2050 sprona soprattutto i giovani a ridurre l’impiego di prodotti in plastica monouso, facendo leva sulle suggestioni offerte dal film ma anche sui dati concreti. Uno in particolare: noi italiani siamo tra i maggiori consumatori al mondo di acqua in bottiglia.

Lo squalo biomagnificato
Uno dei piatti più inquietanti dello chef di microplastiche: lo squalo biomagnificato © Istituto Oikos

E proprio le bottiglie di plastica sono tra i dieci prodotti che da soli rappresentano il 43 per cento di tutti i rifiuti marini. Un dato significativo, come quello che parla delle 70-130mila tonnellate di microplastiche che ogni anno finiscono nel mar Mediterraneo e nei mari d’Europa, entrando nella catena alimentare (con i loro contaminanti altamente tossici) e finendo dritte sulle nostre tavole.

Numeri impressionanti, ma anche facili da dimenticare. A differenza delle suggestioni lasciate dal film, che difficilmente lasceranno indifferenti.

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