L’ultima testimonianza pubblica di Liliana Segre nella Cittadella della pace di Rondine per inaugurazione de L’Arena di Janine, dedicata all’amica uccisa ad Auschwitz.
Canzoni sulla Shoah: ricordare il Giorno della memoria attraverso la musica
Il Giorno della memoria ricorre il 27 gennaio: ecco una lista di 10 canzoni per ricordare l’orrore della Shoah, dell’Olocausto attraverso la musica.
Non c’è rabbia qui, non c’è rassegnazione, non c’è desiderio di vendetta. C’è solo il dovere di ritrovare e raccontare, ancora e ancora, storie che, se andassero perse, sarebbe una tragedia. LifeGate può farlo attraverso la musica e proponendo alcuni brani sulla Shoah.
Musica per il Giorno della memoria: i brani per non dimenticare
Jozef Kropinski, Rezygnacja
Musicista polacco, Jozef Kropinski nasce nel 1913 a Berlino ma ritorna in Polonia dove completa la sua educazione artistica. Il 7 maggio 1940 viene arrestato dalla Gestapo per aver pubblicato giornali illegali e mandato ad Auschwitz. Durante oltre quattro anni di prigionia in vari campi di concentramento compone centinaia di poemi e canzoni sull’olocausto. A Buchenwald stringe amicizia con lo scrittore Kazimierz Wojtowicz e insieme a lui completa questo poderoso quaderno musicale di Auschwitz e Buchenwald, oltre 100 pezzi musicali tra canzoni sulla Shoah, tango per quartetto d’archi, pezzi per pianoforte; un autentico patrimonio dell’umanità. Dopo la guerra si trasferisca a Breslau ma la sua opera, tranne un revival del 1962 quando vengono pubblicate le sue opere dall’Accademia di Berlino, viene via via dimenticata.
Leone Sinigaglia, Due danze piemontesi (1903)
Di famiglia benestante, la storia di questo compositore italiano è impreziosita dalla sua passione per i canti popolari: intorno al 1902 comincia a raccogliere sistematicamente i canti della collina di Cavoretto, utilizzandone alcuni, per la prima volta, nelle Danze piemontesi op. 31, eseguite nel 1903, sotto la direzione di Toscanini, al Teatro Vittorio Emanuele. Il musicista torinese ha raccolto, nel corso di lunghi anni di ricerche non sempre facili, un gran numero di canzoni pressoché scomparse (oltre 500 tra melodie e varianti), di cui solo qualche “vecchia donna” conservava la memoria. L’origine ebraica lo rende oggetto delle persecuzioni fasciste. Il 16 maggio 1944, mentre la polizia fascista lo sta per arrestare all’Ospedale Mauriziano di Torino dove s’era rifugiato con la sorella per sfuggire alle leggi razziali, muore per una sincope.
Gideon Klein, Partita für Streicher (1944)
A proposito delle persecuzioni naziste subite dai musicisti è esemplare, tra tutte, la parabola del compositore Gideon Klein, morto 25enne nel lager dopo un’esistenza trascorsa negli ultimi quattro anni tra i campi di Terezin e Auschwitz. La passione per la musica ha consentito a questo pianista e compositore cecoslovacco, anche durante la prigionia, di suonare e comporre in condizioni disumane. Organizzatore della vita culturale nel campo di concentramento di Theresienstadt, la sua morte è avvenuta in circostanze poco chiare proprio durante la liquidazione del campo Fürstengrube nel gennaio 1945. Non è l’unico musicista di fama, all’epoca, internato. Con lui, tra i molti, Erwin Schulhoff, compositore e pianista cecoslovacco morto nel lager di Weißenburg nell’agosto 1942, Pavel Haas, Hermann Leopoldi, Hans Krasa, morto ad Auschwitz all’età di 45 anni, la cantante italiana Frida Misul, l’austriaco Viktor Ullman che compose venti opere nei campi di concentramento prima di finire nelle camere a gas di Auschwitz.
Hanns Eisler, Deutsche Sinfonie, Op. 50 (1935-1947)
Pochi sanno che già nella primavera del 1933, con Hitler appena insediato al potere, ci sono in piena attività in Germania almeno tre campi, chiamati di prigionia o di lavoro, di transito, di raggruppamento, a Breitenau, Dachau e Oranienburg. Vi finiscono innanzitutto dirigenti e militanti comunisti e dell’opposizione rastrellati dalle SA dopo il rogo del Reichstag. Eisler compone i primi movimenti della Deutsche Sinfonie, Op. 50 nell’immediatezza di quegli eventi. Premiato alla XV edizione del Festival della Società internazionale per la musica contemporanea, gli promettono che i suoi componimenti saranno eseguiti all’Esposizione mondiale di Parigi del 1937. Invece no. Il regime nazista, premendo sul governo francese, fa cancellare la performance. La “Deutsche Sinfonie, Op. 50” viene eseguita per la prima volta in studio nella sua interezza solo nel 1995 ad opera della Leipzig Gewandhaus Orchestra diretta da Lothar Zagrosek.
Erich Itor Kahn, Ciaccona dei tempi di guerra (1943)
All’avvento del nazismo Erich Itor Kahn, grande pianista, viene sollevato da ogni incarico e costretto a fuggire a Parigi con sua moglie, Frida Rabinowitch. Nel 1939, all’inizio del conflitto mondiale, viene internato come “straniero nemico”. L’occupazione tedesca lo vede addirittura già prigioniero. Nei campi di Blois e di Milles compone la musica per soprano e pianoforte del Salmo XIII, il salmo di David, che nell’incipit recita “Fino a quando su di me trionferà il nemico?”. Un’altra composizione di Kahn nella prigionia francese è l’inno “Nenia judaeis qui hac aetate perierunt” per pianoforte e violoncello, un lamento funebre assolutamente profetico , considerato che viene scritto tra il 1940 ed il 1941 quando l’Olocausto non era ancora stato attuato, ma evidentemente ne erano già chiari – a chi voleva vedere – tutti i funesti segni premonitori. Scappato negli Stati Uniti, compone nel 1943 la sua celebre “Ciaccona dei tempi di guerra” per pianoforte.
Arnold Schoenberg, Un sopravvissuto di Varsavia (1947)
L’avvento del nazismo segna un periodo di crisi anche per Arnold Schoenberg, fondatore della scuola di Vienna e grande innovatore; Hitler, amante della musica wagneriana, lo osteggia al punto da indurlo a abbandonare la Germania, prima in Francia e in seguito a Boston, negli Stati Uniti. Tra i suoi capolavori c’è l’opera di musica sull’olocausto intitolata Un sopravvissuto di Varsavia, scritta nel 1947 proprio con l’intento di rievocare la persecuzione contro gli Ebrei. Una drammatica composizione per voce recitante, coro e orchestra. Si dice nell’atto 5: “Fu allora che udii il sergente che gridava: ‘Contateli!’. Cominciarono lentamente e in modo irregolare. Uno, due, tre, quattro – ‘Attenzione!’ il sergente urlò di nuovo, ‘Più svelti! Cominciate di nuovo da capo! Fra un minuto voglio sapere quanti devo mandare alla camera a gas!’”.
Luigi Dallapiccola, Il Prigioniero (1944-1948)
Luigi Dallapiccola compone la partitura del Prigioniero tra il gennaio 1944 e il maggio 1948. In realtà i primi progetti per un lavoro ambientato nel mondo delle prigioni discendono dall’impressione suscitata in lui dalla lettura, nel 1939, del racconto La torture par l’esperance di Villiers de l’Isle-Adam, che però si trasfigura in forza dagli eventi politici europei di quegli anni e, in particolare, dalla proclamazione delle leggi razziali. A esse il musicista oppone innanzitutto il ciclo di composizioni dei Canti di prigionia, tre preghiere di altrettanti reclusi illustri di canzoni ebraiche sulla shoah, a cui abbina l’opera Il prigioniero per tentare di suscitare interrogativi (più che mai attuali, allora come oggi) sul valore della libertà dell’uomo. Prima rappresentazione a Firenze, Teatro Comunale, il 20 maggio 1950.
Aleksander Tytus Kulisiewicz, Songs from the Depths of Hell (1979)
La voce di Aleksander Kulisiewicz, un sopravvissuto di Sachsenhausen, trasmette ancora speranza, nonostante l’orrore di cui è stato testimone. Cantante amatoriale all’epoca del suo imprigionamento, Kulisiewicz ha composto 54 canzoni in circa sei anni nel campo di concentramento. Dopo la liberazione ha ricordato e trascritto sia quelle canzoni che quelle imparate dagli altri prigionieri, dettando centinaia di pagine di musica e parole all’infermiera che l’assisteva in un ospedale polacco. L’agonia che trasudano le sue canzoni è evidente, ma la bellezza dell’espressione musicale aiuta a contrastare le sofferenze raccontate qui, e vissute come lui da milioni di persone. L’album, pubblicato nel 1979, è cantato in tedesco, polacco, ucraino e yiddish.
Steve Reich, Different Trains (1988)
Steve Reich è nato nel 1936 a New York da padre di fede ebraica. Mentre in Europa divampano guerre ed Olocausto, lui è costretto a frequenti viaggi in treno tra New York e Los Angeles a causa del divorzio dei suoi genitori. Molti anni dopo, acclamato come uno dei padri della musica minimale, Reich conduce una riflessione sul fatto che i viaggi in treno della sua infanzia, per quanto da incubo nella sua memoria, erano nulla al confronto delle tratte verso i campi di concentramento e sterminio su cui erano stipati tanti bambini come lui, ebrei d’Europa. Da qui l’album Different Trains, i cui testi sono interviste a persone che vissero gli anni intorno alla guerra. Nel secondo movimento parlano Paul, Rachel e Rachella, tre ebrei sopravvissuti allo Sterminio in Europa, raccontano dell’occupazione nazista, dell’antisemitismo a scuola (i “corvi neri”, ossia gli ebrei) e della deportazione nei campi. Nel terzo, i sopravvissuti rifugiatisi in America, a cui resta il dolore e l’insopprimibile ricordo del male subìto, e di una bambina ebrea che con la sua splendida voce incantava perfino i soldati nazisti.
Goran Bregovic, Train de Vie (1998)
La musica di Goran Bregovic arricchisce questo film del regista romeno Radu Mihaileanu, una tragicommedia di viaggio sotto la triplice insegna dell’umorismo yiddish, di una sana energia narrativa e di un ritmo di trascinante allegria. Nel 1941, per evitare la deportazione, gli abitanti di uno shetl romeno allestiscono un finto convoglio ferroviario su cui alcuni si travestono da soldati tedeschi, nel folle tentativo di raggiungere il confine con l’Urss e di lì proseguire per la Palestina ed Eretz/Israel, la terra promessa. Ci riescono, dopo tragicomiche peripezie tra cui l’incontro con un gruppo di gitani che, a bordo di autocarri, hanno avuto la stessa idea. Dialoghi italiani di Moni Ovadia. Il regista riesce a mettere in scena gli effetti disumanizzanti dell’ideologia e del potere sull’individuo, mostrando come una commedia possa essere più tragica della tragedia stessa. Come egli stesso afferma: “L’umorismo come ebreo, è ciò che mi ha fatto sopravvivere, che ha salvato la nostra vita e la nostra memoria”.
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“Non si può affidare la custodia dei diritti umani solo a chi ne ha vissuto in prima persona le violazioni”. Per la loro memoria lottano i figli di Sesto San Giovanni, da cui furono deportati centinaia di oppositori politici.
La senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz da bambina, riceve 200 messaggi di odio e di minacce al giorno per i suoi racconti sulla Shoah: da oggi, per decisione della prefettura di Milano, andrà in giro con due uomini di scorta.
Ci sono nonne carine e nonne fantastiche. Poi c’è Inge Ginsberg, scrittrice sopravvissuta all’Olocausto ed ex spia che, superati i 90 anni, si è rimessa in gioco come cantante di una band death metal per urlare contro le ingiustizie sociali e i soprusi ambientali. Il documentario Death Metal Grandma di Leah Galant, presentato lo scorso
Un’importante vicenda dell’Olocausto, sconosciuta per molti, arriva al cinema grazie al docufilm Chi scriverà la nostra storia. In sala dal 27 gennaio, Giornata della memoria.
Al cinema il 13 e 14 marzo il docufilm Hitler contro Picasso e gli altri, che fotografa l’ossessione per l’arte che spinse Hitler a mettere al bando le avanguardie e a impossessarsi della “grande bellezza” dell’Europa.
A Ferrara, in un ex penitenziario, si trova la sede principale del Meis, il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah. Inaugurato con una mostra che ripercorre i primi mille anni dell’insediamento ebraico in Italia.
Anna Frank, di famiglia ebrea tedesca rifugiatasi ad Amsterdam negli anni dell’occupazione nazista, visse nascosta con i suoi in una stanza murata e poi deportata a Bergen-Belsen. Nei due anni di segregazione tenne un diario, straordinaria testimonianza.
Bisogna fare di tutto per non dimenticarsi di ricordare Auschwitz. Sembra un gioco di parole, ma è invece esattamente il senso dell’iniziativa lanciata proprio in occasione del giorno della memoria degli orrori dell’Olocausto dall’associazione Figli della Shoah e dalla Fondazione Cdec (Centro di documentazione ebraica contemporanea): mantenere viva l’esperienza di Nedo Fiano, uno degli ultimi sopravvissuti