La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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I 300 elefanti trovati morti in Botswana tra maggio e giugno di quest’anno potrebbero essere deceduti dopo aver ingerito una tossina prodotta dalle alghe presenti nelle pozze d’acqua.
Il governo del Botswana ha annunciato che la causa della morte di più di 300 elefanti all’interno del Paese potrebbe essere riconducibile ad una tossina prodotta da alcuni cianobatteri trovati nelle acque dove i pachidermi erano soliti abbeverarsi. Ma le ipotesi sono tante e le risposte sembrano essere sempre meno.
Tra maggio e giugno di quest’anno, più di 300 elefanti erano stati trovati morti vicino al delta del fiume Okavango in Botswana – paese che conta il maggior numero di pachidermi del mondo –, in quello che è stato definito un “fallimento totale della loro salvaguardia”. Il 70 per cento degli animali era stato trovato senza vita vicino a pozze d’acqua.
Durante il mese di luglio, quindi due mesi dopo il primo caso, gli ufficiali governativi avevano aperto un’inchiesta per stabilire le cause del decesso ed evitare che altri elefanti incorressero nella stessa triste sorte. Diverse associazioni si erano dette preoccupate da questo ritardo sottolineando che avrebbe potuto compromettere l’esito delle indagini.
Lunedì 21 settembre, Mmadi Reuben, ufficiale veterinario del Dipartimento della fauna selvatica e dei parchi nazionali del Botswana, ha affermato che la morte degli elefanti è riconducibile ad alcuni cianobatteri, una famiglia di batteri che effettua la fotosintesi clorofilliana, prodotti dalle alghe presenti nell’acqua da cui i pachidermi hanno bevuto. Il governo si è impegnato a monitorare altre pozze per assicurarsi che la stessa strage non si ripeta anche in futuro.
Tuttavia, il dottor Niall McCann, direttore della conservazione per l’ong National park rescue, ha sottolineato che “anche se i cianobatteri sono stati trovati nell’acqua, questo non prova che gli elefanti siano morti per quel motivo. Senza i dovuti campioni prelevati dai corpi degli animali, tutte le ipotesi sono solo questo: ipotesi”.
Lo stesso Reuben ha infatti ammesso che sono ancora molte le domande senza risposta: perché sono morti solo elefanti (e un cavallo) dato che anche altri animali frequentano quelle zone? Perché i decessi si sono concentrati solo in una determinata area?
La fioritura di alghe tossiche in tutto il mondo è aggravata ogni giorno dalla crisi climatica che sta aumentando sia l’intensità che la portata di questi fenomeni, rendendo situazioni come questa sempre più probabili e letali. Non lontano dal luogo della strage del Botswana infatti, al confine con lo Zimbabwe, sono state ritrovate più di 20 carcasse di elefanti morti per cause che si sospetta possano essere legate a un’infezione batterica. Gli scienziati stanno effettuando i dovuti test per capire se i casi siano in qualche modo connessi.
Nel 2018 sono stati più di 300 gli incidenti legati all’invasione di alghe in tutto il mondo e nel 2019 hanno superato quota 270. La comparsa di alghe nocive – definita hab, dall’inglese harmful algae bloom – è un fenomeno che può manifestarsi in molti modi: alcune volte si forma una schiuma colorata sulla superficie dell’acqua, che può essere verde, blue, marrone o persino rossa; altre volte però questa patina risulta completamente invisibile. Gli effetti che provocano sono letali per alcune popolazioni animali e nocivi per la salute dell’essere umano.
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