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Quattro donne e un uomo tengono in vita l’anima progressista degli Stati Uniti, nell’anno dell’elezione di Donald Trump a presidente. Chi sono e perché vanno tenuti in considerazione per il 2020.
C’è chi già la vede come la sfidante perfetta nel 2020 contro Donald Trump. Donna, liberal, accorata e di grande caratura morale. Elizabeth Warren è senatrice del Massachusetts dal 2013, simbolo dell’America progressista. Grazie alla sua battaglia instancabile per riformare la borsa newyorchese di Wall Street e rafforzare la tutela dei risparmiatori nei confronti di banche e multinazionali. Per molti è la figura in grado di guidare la transizione del Partito democratico per i prossimi quattro anni.
Il direttore della Camera di commercio americana, il conservatore Rob Engstrom, l’ha definita “la più grande minaccia per le imprese corporative”. Le banche tollerano ben poco il suo nome perché vorrebbe ripristinare la legge (Glass-Steagall) per la separazione delle banche di investimento dalle banche tutelate dai fondi pubblici.
Keeping these lobbyists & insiders on your team sends a clear message, @realDonaldTrump: your campaign was a giant con.
— Elizabeth Warren (@SenWarren) 15 novembre 2016
Alle tematiche populiste Warren oppone una visione con una forte vocazione sociale. “Saremo organizzati, useremo i nostri talenti con attenzione e strategia: solo così respingeremo l’ondata Trump. Non lasceremo che trasformi questo paese in quello che ha in mente”, ha dichiarato la Warren al canale televisivo Msnbc. Lei è pronta e c’è da scommettere che la vedremo in prima fila alle primarie democratiche del 2020.
Uno dei primati di tornata è l’elezione della brillante Ilhan Omar, 34 anni, prima donna somalo-americana a essere eletta come rappresentante del Minnesota. Rifugiata, in fuga dalla capitale Mogadiscio, per quattro anni ha vissuto in un campo profughi in Kenya, per arrivare negli Stati Uniti nel 1995, quando aveva appena tredici anni. Dal 20 gennaio, siederà a Capitol Hill in rappresentanza dei cittadini del distretto 60B del Minnesota. “Questo è il mio paese e voglio che rimanga aperto a tutti”, ha dichiarato nel suo discorso di vittoria. C’è da scommettere che sarà una figura rilevante dell’opposizione, che si batterà strenuamente per i diritti dei cittadini e cittadine musulmani e afroamericani. Uno dei capisaldi del suo programma è la riforma del sistema penale e sostegno allo sviluppo delle tecnologie ambientali. Per fermare la sua ascesa è intervenuto lo stesso presidente eletto Donald Trump una settimana prima delle elezioni, durante un suo comizio a Minneapolis. “Avete visto arrivare qui numerosi rifugiati somali, senza il vostro supporto o approvazione. Alcuni di questi si sono uniti allo Stato Islamico e hanno divulgato il loro credo estremista in tutto il paese”, ha dichiarato Trump. Ma il suo intervento apertamente razzista non è servito a non far eleggere Ilhan Omar, avvolta nel suo turbante e nella fede di un’America unita e multiculturale.
Sebbene abbia perso la battaglia impossibile di vincere il diciannovesimo distretto dello stato di New York, da anni una roccaforte repubblicana, la 45enne Zephyr Teachout è emersa come una nuova stella del mondo progressista. Fortemente critica del sistema di lobbying e interessi speciali a Washington, ha fatto dell’anticorruzione il suo credo. “Voglio aprire quelle porte che tengono i cittadini americani fuori dalle stanze del potere. Ho combattuto contro le lobby nell’interesse delle famiglie dei lavoratori tutta la mia vita”, ha dichiarato durante la campagna elettorale.
“We lost this campaign but it’s part of something bigger. It’s part of a revolution on the Hudson” – @ZephyrTeachout https://t.co/qSbgxEiyYo pic.twitter.com/XPWmGf09MP — Jenny Mayer (@JenniferMayer) 10 novembre 2016
Sebbene sia molto difficile ipotizzare che possa già correre per la Casa Bianca nel 2020, in molti hanno visto in lei una grande leader, capace di unire donne e minoranze, ma anche la maggioranza bianca silenziosa dei sobborghi della middle-class. Grazie alla sua figura lontana dagli odiati palazzi del potere e la sua abilità nel saper comunque mettere le istituzioni e la scienza prima di ogni cosa.
Se il presidente eletto ha promesso di “deportare” tre milioni di ispanici illegali, il popolo con radici latine celebra una vittoria inaspettata: l’elezione della prima senatrice di origine ispanica, Catherine Cortez Masto. 52 anni, democratica, Masto ha sconfitto brutalmente il candidato repubblicano Joe Heck, catalizzando i voti della comunità latina del Nevada, attraverso una critica aperta della xenofobia di Trump e un grande sostegno per un rinnovato ruolo del mondo ispanico (sono oggi quasi il 18 per cento della popolazione) nella società e politica americana. Una figura molto apprezzata anche dagli ambientalisti, visto il suo forte supporto alle energie rinnovabili e a investimenti in green jobs.
I’m proud to be Nevada’s 1st female and our nation’s 1st Latina senator. It’s about time our government mirrors the diversity of our nation.
— CatherineCortezMasto (@CatherineForNV) 9 novembre 2016
Keith Ellison, 53 anni, afroamericano del Minnesota, divorziato con quattro figli, ha ottenuto il quinto mandato al Congresso, dove è stato anche il primo deputato di fede islamica. Pupillo di Bernie Sanders e del leader della minoranza al Senato, il potente Chuck Shumer, Ellison ha un’energia positiva travolgente, figlia della sua lunga attività di sostenitore dei diritti civili, in una città complessa e tormentata come Detroit. In molti lo desiderano il vero capo della segreteria del partito Democratico, ruolo per il quale ha già dato la sua disponibilità.
Here’s where I want to take the Democratic Party. pic.twitter.com/HOliZfazqJ
— Rep. Keith Ellison (@keithellison) 15 novembre 2016
Ellison è stato uno dei pochi a non sottovalutare la narrativa di Donald Trump, mettendo in guardia sulle possibilità di vittoria del tycoon, fin dal 2015. Grazie alla sua capacità di brillante oratore e di intercettare gli elettori, secondo molti analisti potrebbe essere, insieme al senatore Cory Booker, un possibile candidato alle primarie presidenziali nel 2020, con il sostegno del padrino Sanders e del mondo liberal. Pronto a fare la voce grossa per evitare di eleggere un candidato troppo colluso con l’establishment. Se gli Stati Uniti non si sono dimostrati pronti a eleggere la prima donna presidente, forse potrebbero esserlo per il primo presidente di fede islamica.
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