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Dall’amaranto ai fagioli dall’occhio fino al Kernza, lo studio sulle piante resistenti al riscaldamento globale conduce alla riscoperta di cereali e legumi antichi.
Il caldo e la siccità sempre più diffusi e crescenti hanno reso vulnerabili molte coltivazioni in tutto il Pianeta e appare sempre più evidente come, per contrastare i cambiamenti climatici, l’agricoltura debba puntare sulla biodiversità, in particolare su quella delle piante resistenti e nutrienti.
Si stima che nel corso della storia gli esseri umani abbiano coltivato più di 6mila specie vegetali per prediligere poi quelle con le rese maggiori: oggi riso, grano e mais forniscono circa la metà delle calorie mondiali, ma questa dipendenza da un piccolo numero di specie, spesso coltivate in monocolture, ha diminuito la resilienza del sistema agricolo ai parassiti, alle malattie, all’erosione del suolo, alla mancanza di acqua.
Per questo, con l’aggravarsi della crisi climatica si stanno riscoprendo colture antiche e specie in grado di adattarsi ai nuovi scenari climatici e, al contempo, di fornire importanti nutrienti, come le cinque piante illustrate in un approfondimento del Guardian. Ecco quali sono.
L’amaranto è una pianta interamente commestibile. Le foglie, una volta cotte, si possono mangiare come verdure come da tradizione in Africa e Asia, mentre il seme tostato della pianta si può consumare come un pseudo cereale come il grano saraceno o la quinoa. Nelle Americhe, i colonizzatori spagnoli vietarono agli Aztechi e ai Maya di coltivare l’amaranto, ma oggi si collabora con gli agricoltori indigeni in Guatemala, Messico e Stati Uniti per riportare alla luce questa coltura resistente alla siccità, priva di glutine e fonte di amminoacidi essenziali, vitamine e antiossidanti.
Una delle coltivazioni più antiche dell’Africa, il fonio è un cereale della stessa famiglia del miglio. Anticamente era considerato il cibo dei re, mentre in alcuni paesi africani la sua preparazione era riservata ai giorni di festa e ai matrimoni. Il fonio è in grado di crescere nei terreni poveri di acqua, in tempi rapidi, autoproducendo antiparassitari e dunque senza bisogno di sostanze chimiche. Questo cereale è naturalmente senza glutine, è ricco di proteine, fibre e sali minerali e si caratterizza per un basso indice glicemico e alta digeribilità. Si trova in commercio anche in Italia.
È la Nigeria il maggior produttore di fagioli dall’occhio, una pianta commestibile interamente, dai semi ai baccelli alle foglie. Ottima fonte di proteine, è resistente alla siccità. Negli anni ’40 negli Stati Uniti i fagioli dall’occhio venivano ampiamente coltivati e destinati soprattutto al bestiame, ma ora si sta studiando la loro introduzione in America Latina come sostituti del fagiolo pinto e del fagiolo nero che il clima sta mettendo a rischio. In Europa e in Italia, nei secoli passati, i fagioli dall’occhio erano molti diffusi, ma sono stati soppiantati col tempo dai fagioli provenienti dall’America. Restano tipici di piatti tradizionali di alcune regioni come il risotto con i fagioli del pavese, le zuppe toscane e l’abbinamento con i cipollotti nel Salento.
Il taro della Polinesia (Colocasia esculenta) è una pianta diffuso nel sud-est asiatico con tuberi simili alla patata. Gli scienziati stanno cercando di trasformare questa specie perenne tropicale, minacciata nel suo habitat naturale, in una coltivazione annuale per climi temperati. Nella Carolina del Nord, l’Utopian Seed Project coltiva otto varietà di taro, provenienti da Corea, Filippine, Hawaii, Cina e Porto Rico, insegnando anche alle persone come cucinarlo.
Il Kernza è un’erba di grano intermedia: il suo vantaggio è quello di essere un grano perenne che viene piantato una volta sola con risparmio di acqua, fertilizzanti, energia. Con le sue radici profonde la pianta contrasta l’erosione del suolo e contribuisce alla lotta climatica per la sua capacità di assorbire il carbonio. Kernza è un marchio registrato dal Land Institute, con sede in Kansas, un’organizzazione di ricerca senza scopo di lucro focalizzata sull’agricoltura sostenibile che da anni è impegnata nello sviluppo e nel miglioramento della resilienza di questa pianta, dalla resa alla resistenza alle malattie fino alla dimensione del seme.
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