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66thand2nd, diventare inquilini di una casa editrice
Ci hanno subito incuriositi per la loro grafica accattivante. Libri belli, non solo fuori, ma anche dentro. Sono quelli della casa editrice 66thand2nd. Che nome bizzarro!
Da dove deriva il nome della casa
editrice?
Il nome 66thand2nd è l’incrocio tra la 66esima strada e
la Second Avenue a New York, l’indirizzo dove Isabella Ferretti ed
io abbiamo vissuto per più di quattro anni all’inizio degli
anni 2000 ed è il luogo dove è maturato in noi il
sogno di aprire una casa editrice e di pubblicare in Italia i libri
che ci emozionavano di più. Abbiamo scelto di chiamarla con
il nome di questo indirizzo perché per altro ricorda anche
il concetto di “casa” editrice: noi vogliamo che sia la casa per
tutti coloro che condividono, leggendo i nostri libri, il nostro
progetto editoriale. 66thand2nd è nata come costituzione nel
2008 e siamo in libreria con il primo libro da fine ottobre
2009.
Ci racconti qualcosa del vostro progetto
editoriale?
Ci sono due collane, entrambe di narrativa perché la
nostra è una casa editrice di narrativa. La prima si chiama
“Attese” e raccoglie romanzi che hanno come scintilla della storia
lo sport. Non sono libri per tifosi o per tecnici sportivi, ma per
amanti della letteratura: lo sport in questi romanzi è il
pretesto per parlare di altro perché noi pensiamo che oggi
sia un acceleratore universale di emozioni. La seconda collana si
chiama invece “Bazar” e raccoglie romanzi e storie di
identità ed integrazione culturale, scritti da autori e
autrici di origine asiatica o africana che si sono trasferiti nel
mondo occidentale o i cui genitori si sono trasferiti nel mondo
occidentale. Scrivono nella loro nuova lingua e descrivono in forma
di narrativa, di fiction i disagi e gli agi delle due
identità culturali e dell’integrazione tra queste culture e
identità diverse.
Gli autori sono tutti stranieri?
Fino ad adesso sì, però non vediamo l’ora di
pubblicare anche inediti italiani. Abbiamo lanciato un concorso
letterario che si intitola
“In attesa dell’Unità di Italia”. La
nostra collana sportiva si chiama “Attese”, l’anno prossimo
sarà il 150′ anniversario dell’Unità d’Italia e
allora abbiamo lanciato questo concorso per scrittori esordienti e
italiani e i due riferimenti sono lo sport e l’Unità
dì’Italia. Ci auguriamo che da questo concorso emerga anche
il primo scrittore italiano e che ne seguano altri.
Qual è il filo conduttore di questo
progetto?
Il filo conduttore nasce proprio da New York, da 66th and the
2nd. A me piace fare questo esempio: a New York, se prendi la
metropolitana, noterai che con facilità nella carrozza in
cui sei ci sono persone di moltissime etnie diverse. A New York ci
sono cittadini e residenti nati in circa 130 paesi diversi e che
hanno prodotto dei newyorkesi. Vivendo a New York mi sono
innamorato degli sport americani, in particolare mi sono innamorato
del baseball, che è uno sport che dà moltissimo alla
letteratura. Quando prendevo la metro per andare a vedere le
partite vedevo che insieme a me c’erano rappresentanti di 130 etnie
diverse. Perciò il filo conduttore è questo: persone
che vengono da mondi diversi, che si sono trovate però nello
stesso mondo e che vanno a divertirsi e ad emozionarsi davanti allo
stesso sport, davanti allo stesso gioco. Queste due collane
apparentemente così diverse secondo noi hanno un filo
conduttore. Un nostro punto di forza è il fatto che le
nostre collane sono molto ben definite e molto ben identificate,
dal punto di vista dei contenuti, della scelta degli autori e dei
testi delle scelte grafiche.
Questi libri sono molto belli anche
graficamente…
Il merito è di Isabella Ferretti che ha scelto un’art
director bravissima che si chiama Silvana Amato che insieme alla
sua collaboratrice Marta Biddau cura la veste grafica delle due
collane. Per ciascuna delle due collane abbiamo scelto due
illustratori diversi: per la collana “Attese” Alexis Rom e Claude
Marzotto, il primo spagnolo, la seconda italiana, che hanno uno
studio grafico a Barcellona; per la collana “Baazar” una grafica
inglese che vive a Milano che si chiama Julia Binfield. Entrambi
questi grafici non erano specializzati sui libri e grazie a noi lo
stanno diventando.
Quali sono le difficoltà di un editore
indipendente nel mercato editoriale?
La difficoltà è quella di riuscire a fare tutte
le cose che uno dovrebbe e vorrebbe fare e quando si è
piccoli trovare il tempo le energie e i danari per farlo non
è sempre semplice. Non è stato semplice convincere un
distributore nazionale come Messaggerie a prenderci e siamo molto
contenti e molto orgogliosi di esserci riusciti. E’ chiaro che
combattere contro colossi dell’editoria è difficile,
però è molto maggiore la gioia e l’entusiasmo di
farcela.
Chi è il vostro pubblico di
riferimento?
Tutti quei lettori che amano la narrativa di qualità,
che non hanno paura a confrontarsi con proposte che magari
inizialmente possono presentare perplessità: sport di
riferimento poco noti in Italia, storie di integrazione culturali
trattate con la magia della fiction, quindi non in termini di
saggistica. Vorremmo dei lettori che diventino inquilini della
nostra casa editrice, che sposino i nostri ideali editoriali. Con
un po’di presunzione a me piacerebbe tra qualche anno sapere che ci
sono diversi lettori nel nostro paese che nelle loro librerie
collezionano i nostri libri.
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