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Pasta, cosa c’è da sapere
È l’emblema della gastronomia italiana nel mondo e uno dei simboli della dieta mediterranea. Ma sappiamo come scegliere una buona pasta e cosa cercare in etichetta?
Ziti, tagliolini, fusilli, spaghetti, cavatelli, orecchiette, penne, conchiglie, linguine, maccheroni… I formati di pasta sono tantissimi, impossibile elencarli tutti. Fra tutte le tipologie di pasta (fresca, all’uovo, ripiena, secca), quella secca riguarda l’80 per cento dei consumi in Italia. I suoi ingredienti sono semplici: semola di grano duro e acqua. Per questo motivo è essenziale che siano entrambi genuini e di primissima qualità, lavorati al meglio per conservarne il valore.
1 Solo di grano duro
In Italia, una legge impone ai pastai di utilizzare solo semola di grano duro, il che rende la pasta secca italiana unica al mondo. Solo i prodotti destinati all’estero possono contenere grano tenero. Cosa ha spinto i legislatori italiani a preferire il grano duro per la produzione della pasta secca? In primo luogo la sua capacità di trattenere l’amido e garantire una cottura perfetta. Ma il grano duro contiene anche più proteine, glutine e più carotenoidi antiossidanti rispetto al grano tenero, e la pasta di grano duro presenta un indice glicemico inferiore, soprattutto nel caso dell’integrale.
2 Pasta trafilata al bronzo o al teflon
Le trafile, esternamente, sono tutte di bronzo. È all’interno che cambiano: possono avere un inserto in teflon o nuovamente in bronzo. Il teflon consente di velocizzare i tempi di produzione ed eliminare eventuali difetti della pasta dovuti alla scarsa qualità del grano utilizzato. Il teflon rende la pasta più liscia e più gialla, colore che viene accentuato anche dall’essiccazione ad alte temperature. La trafila in bronzo, più complessa da gestire, rallenta i tempi di produzione e viene utilizzata quando si vuole ottenere una pasta dall’aspetto artigianale, molto chiara e rugosa, ruvida, particolarmente adatta a trattenere i sughi e i condimenti. Viene abbinata all’essiccazione lenta, la migliore.
3 Integrale e biologica, ancora meglio
Se la pasta utilizzata è di tipo integrale fornirà carboidrati complessi che entrano in circolo lentamente e avrà un effetto depurativo per l’organismo: tutto merito delle fibre, che rallentano l’assorbimento degli zuccheri e mantengono la glicemia stabile, regolarizzano la funzionalità dell’intestino ed evitano che le sostanze nocive ristagnino al suo interno. Poiché sulla parte esterna del chicco di grano si concentrano i residui delle sostanze chimiche di sintesi utilizzate nei campi agricoli, è importante scegliere una pasta integrale preparata con farina da agricoltura biologica o biodinamica, pratiche agricole in cui l’utilizzo di queste sostanze è vietato.
4 Al dente è più digeribile
Gli esperti ne sono sicuri: la pasta va scolata al punto giusto e mangiata al dente, ovvero quando è tenera all’esterno ma è ancora leggermente dura all’interno. Questo tipo di cottura, oltre a valorizzare il gusto della pasta, ne assicura la digeribilità. Più lungo sarà infatti il lavoro degli enzimi salivari e più lenta l’assimilazione dei carboidrati, minore sarà il rischio di incorrere in innalzamenti repentini della glicemia.
5 Il grano antico Senatore Cappelli
Si tratta di una varietà di grano duro che prende il nome da quello del senatore Raffaele Cappelli, promotore, nei primi del ‘900, della riforma agraria che portò alla distinzione tra grani duri e teneri. Viene considerato il grano progenitore di molte altre varietà tuttora utilizzate ed è particolarmente ricco di proteine e di qualità organolettiche. Il grano Senatore Cappelli ha un profumo intenso e un sapore deciso, si presenta maestoso nei campi. Le sue spighe possono raggiungere il metro e ottanta di altezza ed è questo il motivo che l’ha reso meno pratico da coltivare, più cedevole al vento e alle piogge. Ama crescere nei climi secchi ed è considerato il grano duro italiano per eccellenza.
6 Saragolla, il kamut® di casa nostra
Proprio come il kamut® (triticum turgidum turanicum), la saragolla (triticum turgidum durum) è una delle varietà del khorasan (triticum turgidum ssp. turanicum), grano duro che fu introdotto in Italia nel 400 d.C., del quale conserva le caratteristiche nutrizionali ed organolettiche. La saragolla ha un maggior contenuto di proteine e sali minerali rispetto ad altri tipi di frumento, è fonte di selenio e di betacarotene, e la pasta che si produce con questo cereale si distingue per il bel colore giallo, l’ottima tenuta in cottura e il sapore speziato. La coltivazione della saragolla è andata perdendosi nel tempo a causa dell’arrivo di grani duri più produttivi, ma sopravvive ancora in alcune zone dell’Abruzzo, del Sannio e della Basilicata, grazie all’opera di contadini e di piccoli pastifici che la lavorano. E’ una pianta rustica e resistente all’attacco dei parassiti, perciò particolarmente adatta alla coltivazione biologica.
7 Come si riconosce una buona pasta
Partiamo dall’etichetta e cerchiamo le diciture macinata a pietra, trafilatura a bronzo, a essiccazione lenta: con la molitura a pietra la frantumazione del chicco è minore e viene preservata l’attività enzimatica del grano; con la trafilatura a bronzo si ottiene la una pasta più ruvida, che trattiene meglio il condimento. L’essiccazione, altro passaggio delicato nella produzione della pasta, deve essere fatta a bassa temperatura, fino a un massimo di 60° (anticamente si faceva col sole) e molto lentamente. L’alta temperatura distrugge la vita della pasta, è come se la sterilizzasse. All’assaggio, la pasta deve avere un buon gusto e deve profumare. Gli aromi sono vietati nella sua produzione, pertanto se queste due caratteristiche ci sono, significa che sono il frutto della qualità del grano utilizzato e possono fare la differenza.
Una buona pasta deve tenere la cottura, se non lo fa significa che potrebbe essere stata prodotta con grano di bassa qualità. La presenza di molti puntini bianchi o neri indica cattivo essiccamento o la presenza di farina di grano tenero, ma anche possibili impurezze, come frammenti di vegetali o insetti.
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