Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
Il meglio dalla mostra del momento. I progetti più intriganti di 999 domande
Un cantiere aperto di proposte, una mostra collettiva in continua evoluzione realizzata con cinquanta soggetti curatoriali, aziende, creativi, community, scuole: questa è 999. Una collezione di domande sull’abitare contemporaneo. Una mostra nata per porre a tutti domande, che non offre soluzioni preconfezionate, ma un panorama ampio e fluido dei progetti che ruotano intorno alla complessità del
Un cantiere aperto di proposte, una mostra collettiva in continua evoluzione realizzata con cinquanta soggetti curatoriali, aziende, creativi, community, scuole: questa è 999. Una collezione di domande sull’abitare contemporaneo. Una mostra nata per porre a tutti domande, che non offre soluzioni preconfezionate, ma un panorama ampio e fluido dei progetti che ruotano intorno alla complessità del vivere nelle città e nelle case del nostro tempo, in cui il futuro è già qui. Fino al 2 aprile, alla Triennale di Milano.
Queste sono alcune delle domande più in armonia con i valori LifeGate, a cui corrisponde un progetto interessante. Ma l’invito è quello di andare a scoprire, tra le 999 domande, quelle più stimolanti per ciascuno.
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Ospitiamo la natura?
È la domanda all’origine del progetto Strunà (Struttura/Natura) di Saperlab, Abc, Politecnico di Milano. L’idea è quella di realizzare dei moduli componibili che possano diventare un giardino domestico accogliendo lo spontaneo desiderio di natura e coniugandolo con una struttura che si conforma allo spazio. L’installazione mostra le possibilità contemporanee delle tecniche di progettazione computazionale, abbinate a sistemi di manifattura avanzata.
Nella casa i lari tolgono alla morte l’ultima parola?
Il progetto si intitola I lari. Gli spiriti protettori della casa, di Tam Tam – Alessandro Guerriero e Antonio Zuiani + C-zone. Scrivono gli autori: “Al liquido flusso del tempo delle nostre città e della vita nelle nostre case, in una frenetica mescolanza che dà vita a un cambiamento interminabile, a uno scambio ossessivo tra centro e periferie, a una rincorsa che non conosce più centri gravitazionali si contrappongono flebili e puntiformi presenze estetiche, che offrono appigli vitali: oggetti capaci di allargare il respiro, dopo attimi di trattenuta meraviglia; nuovi oggetti che fanno ricordare spazi più ampi”. Sono i lari della casa, oggetti simbolici e protettivi. I primi sono stati progettati da noti architetti: Andrea Branzi, Alessandro Mendini, Daniela Puppa, Franco Raggi, Lapo Binazzi , Trix e Robert Haussmann e Michele De Lucchi, a cui si aggiungeranno altri, che troveranno nello spazio della mostra materiali e strumenti per continuare il progetto, facendo disegni, piccole sculture in creta, in gesso o con la plastilina e tanto altro il venerdì, sabato e domenica. Il diario è documentato su Facebook e in timelapse.
Non siamo mai soli a casa nostra, vero?
E se le persone non fossero gli unici abitanti per cui viene progettata una casa? E se tante entità invisibili popolassero le nostre abitazioni accompagnandoci nella vita di tutti i giorni? Il progetto House of the invisibles di All(Zone) Bangkok ruota intorno a queste domande, al tema simbolico degli abitanti invisibili di una casa, una credenza popolare che è sempre stata una delle preoccupazione principali nel sud-est asiatico, quando si decide di costruire una casa. Qualunque luogo dove scegliamo di abitare, questo sarà già popolato da molte entità viventi e non-viventi ancora prima del nostro arrivo. Per accettare la loro presenza invisibile e iniziare una convivenza pacifica dobbiamo, dunque, costruire una casa anche per loro. E così hanno progettato per la mostra alcune casette/altarini per gli spiriti che popolano le nostre case.
Come, e cosa abitiamo?
Secondo Davide Pizzigoni, autore di 70 performance + 1, abitiamo gli spazi residuali, i luoghi che nessuno vede. Abitiamo nei passaggi dove gli altri transitano, in un luogo che si trasforma. Abitiamo le vite degli altri, la natura, l’ombra. Il complesso progetto indaga il tema dell’abitare nelle sue diverse forme, rappresentazioni, declinazioni attraverso ben 70 performance, ogni giorno una diversa per 11 settimane: una serie di movimenti del corpo e del pensiero, un ciclo di esperienze dedicate all’esplorazione del concetto di spazio secondo i termini di vuoto e pieno, concavo e connesso, forme geometriche e astratte. Le performance sono prodotte dalla Scuola superiore d’arte applicata del Castello Sforzesco in collaborazione con la Civica scuola di cinema Luchino Visconti e la Civica scuola di teatro Paolo Grassi.
Abitiamo gli abiti?
È la domanda che si pone Denise Bonapace con il progetto Wearable homes – cioè “case da indossare” – che mette in scena case mobili indossabili, simboliche e pratiche, che ci vestono accompagnando ognuno di noi nel proprio personale cammino. Con la figlia Vita ha realizzato anche “Abitario”, un’installazione collettiva mutante, che si svilupperà attraverso un workshop: realizzata con il contributo di abiti dismessi e relative storie di un particolare momento in cui lo si indossava, prevede la creazione di un tappeto 3D come “spazio comune mutevole”, contenitore di memoria e scambio. Con straordinaria intuizione e capacità di sintesi, con l’opera della designer e stilista Denise Bonapace l’abito del singolo trasforma la sua funzione d’uso individuale e diventa superficie abitata comune e condivisa.
Senza casa, senza cosa?
È la domanda di Homeless di Maurizio Cilli/Base. Partendo dal racconto di chi all’improvviso non ha più una casa fa riflettere sulla pochissima distanza che separa l’essere normale, l’abitare in una casa, e ritrovarsi a essere homeless, senza casa: “L’ing. S. è appoggiato con il gomito sinistro al bancone del bar Basile, tra le mani ha City, il foglio gratuito che gli piace per il suo odore di acetato di etilene e alkyl ketene. Legge l’Almanacco, nel riquadro nella penultima pagina in alto a destra, sopra le previsioni del tempo e i sudoku: 16 aprile, San Benedetto Labre, 106º giorno del calendario gregoriano. Mancano 259 giorni alla fine dell’anno. Attende senza chiedere, è bastato un battito di ciglia e un lieve movimento della testa: di lì a poco F. gli servirà il suo latte macchiato bollente. Dopo il primo sorso, sente improvvisa una vampata di calore: la primavera è in anticipo e lui ha un cappotto troppo pesante. Si incammina verso il fiume, attraversa il parco. Da settimane sfugge i suoi pensieri. La sua mente e le sue mani ripetono all’infinito la sola cosa che gli riesce di fare, l’inventario delle cose che ha in tasca: un accendino nero, un fazzoletto rosso, alcuni cicles sparsi alla cannella, un quarzo rosa e una busta gialla. Nella busta due fogli che ha letto centinaia di volte, sono una lettera della Elettrochimica D. e una notifica. E’ stanco, suda, raggiunge una panchina di fianco a una fontana. Chiude gli occhi e un pensiero prende forma: è il primo giorno della sua vita che non ha in tasca le chiavi di una casa”.
Una casa è un aggregatore di comunità?
Nasce da questa domanda il progetto Wonder Grottole di Andrea Paoletti, Casa Netural. Il design diventa strumento per pensare, per inventare nuovi modi per rigenerare e abitare il vecchio centro storico di Grottole in Basilicata, accanto a Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. L’intento del progetto è quello di aggregare community diverse – ad esempio artigiani locali con creativi che vengono da lontano e mettono a disposizione il loro tempo- attorno al tema del design immateriale e l’abitare contemporaneo. Nello spazio della mostra, un ufficio temporaneo, con modellini e disegni tecnici, è deputato alla raccolta di idee per abitare il borgo e definire un calendario per partecipare, a partire attivamente dalla primavera 2018, alla rigenerazione del centro storico di Grottole.
Quanti materiali che buttiamo via rientrano nelle nostre case sotto nuove forme?
Neomateriali nell’economia circolare è il progetto proposto da Material ConneXion Italia. L’economia circolare propone il superamento dello schema lineare produco-consumo-dismetto attraverso un modello che punta a reimmettere nel ciclo produttivo la massima quantità possibile di risorse. É un modello che è già entrato nella nostra domesticità attraverso pratiche che modificano le abitudini e la percezione che abbiamo della materia ‘usata’, non più rifiuto bensì risorsa preziosa. Tre materiali dell’abitare contemporaneo raccontano altrettante macro-categorie di neo-materiali nell’economia circolare, ovvero i bio-based –materiali di base biologica- i neo-classici e gli ex-novo: tre storie interessanti in tre ambienti e in tre piccoli momenti quotidiani.
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