La crisi climatica colpisce le località sciistiche di media quota che da anni vedono chiudere i propri impianti sciistici. Come accade ai Piani d’Erna.
Anche l’ultimo traliccio degli impianti sciistici di risalita dei Piani d’Erna, in provincia di Lecco è stato rimosso e metà giugno. Su quelle piste hanno imparato a sciare centinaia di lecchesi, brianzoli e lombardi. Un paio di generazioni almeno. Chignolo, Roccia, Teggia, Bocca 2 sono i nomi degli skilift che hanno permesso tante discese tra gli anni Settanta e Novanta nella località sciistica, a due passi dalla città di Lecco e all’ombra della celebre cima manzoniana del Resegone. Quello che sta accadendo ai 1.375 metri di Erna è un destino comune a tutto l’arco alpino lombardo e italiano, costellato ormai di carcasse di funivie e impianti di risalita abbandonati. Scheletri arrugginiti, tralicci che sono come la testimonianza di una guerra persa dall’uomo per inseguire un sogno impossibile: sciare a mille metri di quota al tempo dei cambiamenti climatici.
Dismissione degli impianti sciistici e “rinaturalizzazione”
“Lo skilift Bocca 2 dei Piani d’Erna è entrato in funzione per l’ultima volta nel 2005 e fa parte dei tanti impianti tra i 1.200 e i 1.800 metri che sono da anni dismessi a causa dell’innalzamento della quota neve”, spiega Alberto Pirovano, presidente del Club alpino Italiano (Cai) di Lecco. La Lombardia guida la lista italiana dei comprensori abbandonati in montagna ma gli impianti hanno un destino comune su tutto l’arco alpino: essere testimoni di un’epoca climatica che già non esiste più.
🌡️In Europe, last month was the warmest January in our record, at 3.1°C warmer than the 1981-2010 average 🌡️Temperatures were even higher in some areas, up to 6°C above average
In Italia, illustra uno studio del centro di ricerca Eurac di Bolzano, con un aumento di 4 gradi centigradi delle temperature globali, su 87 stazioni da sci sulle Alpi ne resterebbero operative solo 21, mentre con un aumento di 2 gradi se ne salverebbero 59. Se invece si riuscisse a contenere l’aumento delle temperature entro gli 1,5 gradi, si salverebbero quasi 70 stazioni di sport invernali (ma comunque tutte sopra i 1500 metri). Cosa fare ora di tali comprensori? “Con la rimozione dei vecchi impianti sciistici dismessi da anni per via della crisi climatica, prendere forma un decisivo intervento di “rinaturalizzazione” dei Piani d’Erna”, spiega Alessio Dossi, assessore all’ambiente del comune di Lecco. E così sta accendendo per molti ex impianti di media quota che provano a ripensare la loro vita senza neve e senza gli sport invernali.
La causa degli impianti sciistici chiusi: 2°C in più
L’impianto sciistico dei Piani d’Erna è uno dei tanti presenti tra i 1.200 e i 1.800 metri che hanno risentito dei cambiamenti climatici, aggiunge Dossi. Un mutamento che si percepisce “anche con l’aumento del dissesto idrogeologico causato dalla variazione dei cicli del lago e dalle montagne senza più ghiaccio per via degli inverni caldi”, sottolinea il presidente del Cai di Lecco.
Dagli anni Ottante, in Italia si registrano infatti inverni sempre più caldi, come conferamto da un rapporto dell’Ecmwf (Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine). Questo accade perché in quota l’effetto serra è due volte più forte che a valle. Così, nell’ultimo secolo le temperature sulle Alpi si sono alzate di due gradi, con il risultato che la stagione sciistica si è ridotta di 38 giorni in appena cinquant’anni. Secondo l’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe di Davos, di questo passo, entro la fine del secolo rischia di non esserci proprio più neve al di sotto dei 1.200 metri di quota, e di essercene ben poca anche sotto i 1.800 metri.
🔴🌡️ Past winter (12/2019 to 02/2020) was the warmest on record in #Europe, almost 1.4 °C warmer than 2015/2016.
February 2020 was the second hottest on record globally, cooler by only 0.1 °C compared to 2016, as reported by our #ClimateChange Service.
Le stazioni sciistiche di media quota sono dunque sempre più costrette a fare i conti con il clima. E non solo perché quest’anno l’inverno è sostanzialmente mancato. Sulle Alpi la stagione degli sport invernali 2019-2020 si è salvata solo grazie alle inusuali nevicate abbondanti e precoci di novembre e all’ausilio della neve artificiale.
Già nel 2007, l’Ocse spiegava che “le Alpi sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici e sono critiche dal punto di vista economico ed ecologico”. Secondo l’Eurac, inoltre, le aree con innevamento al suolo potrebbero diminuire dal 62 all’84 per cento portando a chiusura sempre più impianti di risalita e strutture ricettive per la sola stagione invernale.
Quale il futuro delle quote medie? Adattare, mitigare e ripensare
Si rischia dunque un “accanimento terapeutico” a base di neve artificiale. Ma quest’ultima, afferma uno studio del Wwf, riduce la permeabilità del suolo, lo mantiene più a lungo congelato e ostacola l’assorbimento delle acque piovane a fine stagione.
Ancora più impattanti risultano altri metodi, come il trasporto di neve con camion dal fondovalle in quota, quando le inversioni termiche mantengono la neve più a valle che sulle vette, o perfino con degli elicotteri (come già accaduto in alcune località della Francia). “Di fronte a questi scenari si discute di riconversione del settore, di diversificazione dell’offerta turistica, di attività alternative allo sci”, indica Pirovano. Ma non esiste adattamento alla nuova situazione ambientale senza interventi di mitigazione sul clima ma anche sul territorio. Dunque l’imperativo, per salvare non solo il turismo ma soprattutto la bellezza e l’accessibilità della montagna d’inverno, è attuare drastiche riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra.
Le rimozioni degli impianti in disuso per ripristinare il paesaggio
Lo smantellamento degli impianti da sci, così, non è solo la fine di una pagina di storia sportiva in quota, ma un primo passo verso una nuova vita. Come per i Piani d’Erna a Lecco. Un paesaggio più bello senza gli scheletri dei vecchi skilift. “Era doveroso intervenire per una rimozione che consenta di ripristinare il paesaggio perché i Piani d’Erna possano crescere come meta turistica e attrazione naturalistica”, sottolinea l’assessore all’ambiente del comune di Lecco.
Ora si volta pagina. Occorrono nuove progettualità in ottica di un turismo diverso e sostenibile. Secondo Pirovano, “bisogna ripensare la vocazione di queste aree: non solo turismo mordi e fuggi, ma anche luoghi per campi di formazione dedicati ai giovani per imparare come andare in montagna”. Per avvicinare la montagna a tutti, il Cai sta portando avanti un percorso di digitalizzazione dei sentieri. Che dovranno essere resi accessibili in modo sostenibile. Per questo “fino al 27 settembre 2020, tutte le domeniche e i giorni festivi, sarà possibile raggiungere gratuitamente, con un bus navetta in punto di attacco dei sentieri che conducono ai Piani d’Erna”, conclude Dossi. Perché la crisi climatica impone una rivoluzione, ma rappresenta anche un’opportunità.
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