La raccolta differenzata tocca quota 66,6 per cento a livello nazionali, con disparità territoriali ancora forti ma in diminuzione. Aumenta l’export.
Abusivismo e sismicità, in Italia 550mila edifici vulnerabili
Secondo il rapporto di Casa Italia intervenire sull’edilizia costerebbe almeno 40 miliardi: dopo Ischia il governo inizia a pensare a un piano di abbattimenti.
Su tutto il territorio italiano ci sono almeno 550mila edifici vulnerabili, costruiti abusivamente o comunque in spregio delle normative antisismiche, sparsi nei 648 comuni d’Italia in cui il rischio di terremoti è costantemente alto. Solamente per intervenire sull’edilizia, cioè per mettere a norma questi edifici, servirebbe un investimento di 36,8 miliardi di euro, con un effetto complessivo sull’economia valutabile in circa 129 miliardi. Sono questi i numeri, altissimi, pubblicati da Casa Italia, la struttura creata dal governo dopo i terremoti che nel giro di un anno hanno colpito a più riprese il Centro Italia: lo sforzo economico che andrebbe messo sul campo è importante, ma in particolare dopo il recente terremoto di Ischia che ha provocato crolli nonostante una intensità non superiore ai 4 gradi di magnitudo, il governo ha promesso di intervenire al più presto con un piano di abbattimenti di edifici abusivi.
Cosa dice il rapporto
Secondo il rapporto di Casa Italia, intervenire sulla sicurezza non significa solo ridurre i danni di eventi futuri, ma ha anche implicazioni positive sulla competitività e sulla stessa qualità della vita nel nostro Paese:
“dal punto di vista ambientale intervenendo sulla qualità del patrimonio edilizio, spesso datato, è possibile migliorare, contemporaneamente, la sicurezza complessiva dei sistemi urbani e le prestazioni energetiche dei singoli manufatti, riducendo le emissioni inquinanti connesse al riscaldamento e al raffrescamento
dal punto di vista culturale, poiché fenomeni sismici, franosi e alluvionali non distruggono solo persone e cose, ma anche parti di un patrimonio culturale unico al Mondo e non rigenerabile
dal punto di vista economico si pensi, in positivo, all’effetto moltiplicatore che può essere generato su un settore strutturalmente in crisi come quello dell’edilizia da un vasto piano di interventi sul settore abitativo”.
Queste considerazioni sono largamente condivise non solo tra tecnici, ma anche nel dibattito politico sui media. Ma allora, si chiede Casa Italia nel rapporto, cosa manca per avviare davvero un’azione decisa di promozione della sicurezza? La risposta più diffusa fa riferimento alla mancanza delle risorse finanziarie necessarie, anche se l’ultima legge di Stabilità ha dato un forte segnale di impegno del Governo con il “bonus sismico” che se applicato ai soli edifici dei 648 comuni più pericolosi comporterebbe un onere per lo Stato di quasi 25 miliardi di euro. La disponibilità di risorse finanziarie è tuttavia una condizione necessaria, ma non sufficiente. Occorre infatti “assicurare che gli investimenti siano efficaci (in grado cioè di migliorare realmente la sicurezza del Paese) ed efficienti (evitino cioè di sprecare le risorse utilizzate)”.
Un piano di abbattimenti
Altri 5,2 miliardi sono stati investiti per la prevenzione del rischio sismico, 2 dei quali proprio per finanziare il progetto Casa Italia. Mentre in tema di abusi edilizi, il governo dopo lo shock di Ischia non può rimanere fermo: dal presidente dell’autorità anti-corruzione Raffaele Cantone al ministro della Giustizia Andrea Orlando, tutti si dicono d’accordo sul fatto che serva un piano nazionale di abbattimenti: “Bisogna rompere il fronte tra abusi totali, abusi parziali, piccole realizzazioni e veri e propri ecomostri, un fronte al quale i Comuni e le Regioni raramente riescono a sottrarsi” – ha detto Orlando – e serve una legge che dica: trasformiamo l’esistente, adeguandolo dal punto di vista sismico, termico, idrogeologico e paesaggistico e non costruiamo nuove case dove non è necessario sprecando ulteriori parti del territorio”. Legge che, in teoria, sarebbe già pronta: un disegno di legge che punta alla riduzione progressiva del consumo del suolo, fino allo stop definitivo a nuove edificazioni nel 2050, è già stata approvata ormai più di un anno fa dalla Camera, ma da allora al Senato non se ne è più parlato.
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