Questi paesi lavoreranno insieme alla redazione di un trattato giuridicamente vincolante che affronti l’intero ciclo di vita della plastica, dalla produzione basata sull’estrazione di combustibili fossili al consumo, fino allo smaltimento – “fasi che hanno un impatto negativo sulle dimensioni ambientali, sociali ed economiche dello sviluppo sostenibile”, come si legge nelle prime righe della risoluzione approvata dall’Assemblea.
Il documento finale vedrà la luce nel 2024, dopo due anni di negoziati che serviranno anche a quantificare i fondi necessari per attuare le soluzioni proposte – con particolare attenzione agli stati meno avvantaggiati. Nel frattempo, comunque, le nazioni coinvolte dovranno già cominciare a fronteggiare il problema con azioni concrete, fra cui la progettazione sostenibile di prodotti e materiali che possano essere riutilizzati, rifabbricati o riciclati e quindi mantenuti nell’economia il più a lungo possibile.
Dopo l’Accordo di Parigi sul clima del 2015, finalmente il mondo collaborerà in maniera simile anche per salvare il Pianeta dalla plastica, la cui produzione, secondo l’Ocse, è più che raddoppiata dal 2000 al 2019. L’80 per cento del materiale gettato finisce nell’ambiente o in discarica, dove continua a rilasciare metano, gas serra più potente dell’anidride carbonica.
Nello specifico, circa 11 milioni di tonnellate di rifiuti plastici finiscono ogni anno nei bacini idrici e l’Onu prevede che il volume triplicherà entro il 2040. La plastica non solo intasa gli oceani, ma si scompone in minuscole particelle, dette microplastiche, che si sono insinuate nella catena alimentare.
La cooperazione internazionale
La risoluzione si basa su tre proposte, presentate rispettivamente da Perù e Ruanda (quella che ha ricevuto il sostegno maggiore), India e Giappone. Il voto da parte dell’Assemblea è stato seguito da una standing ovation di circa un minuto: il Wwf ha descritto la decisione come una delle iniziative ambientali più ambiziose al mondo dal 1989, anno in cui entrò in vigore il Protocollo di Montreal per eliminare gradualmente le sostanze dannose per l’ozono.
Nonostante il conflitto in corso, delegati russi e ucraini erano presenti all’incontro in Africa. La cooperazione della Russia, dove la produzione di plastica è aumentata del 64 per cento negli ultimi cinque anni, risulta indispensabile. Insieme a Cina e Indonesia, ugualmente impegnate nella gestione di enormi flussi di rifiuti, è accusata di aver utilizzato sostanze chimiche tossiche per produrre le materie plastiche – stando a un rapporto dell’International pollutants elimination network (Ipen).
A historic day 🙌 175 nations have endorsed a resolution at #UNEA5 to establish a global, legally binding agreement to tackle #plasticpollution by 2024
“Un paese da solo non può far fronte a un problema così grande, a prescindere dalla bontà delle sue politiche”, ha dichiarato il professor Steve Fletcher, consulente del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). Quello della plastica, infatti, è un problema che non ha confini. Assistere alla cooperazione fra paesi molto diversi fra loro è un segnale confortante in un momento così tragico per l’Europa e per il resto del mondo. E ci ricorda che, anziché distruggere la Terra e i suoi abitanti, dovremmo pensare a come salvarli. Dovremmo lottare insieme contro l’unico nemico esistente: la crisi climatica e ambientale.
Il catrame proveniente dalle fuoriuscite di petrolio in mare finisce per attaccarsi alle microplastiche, formando agglomerati potenzialmente dannosi per l’ecosistema.
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Grazie alla legge Salvamare, i pescatori potranno portare a terra i rifiuti pescati accidentalmente. Un decreto atteso che, però, impone delle riflessioni.
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Al mare ne trovava talmente tanta da decidere di farne un museo, degli orrori. L’idea di una guida naturalistica. Lo scopo? Riflettere sulle nostre colpe.