Cosa prevede l’accordo con l’Egitto stipulato dall’Unione europea

L’Unione europea ha siglato un accordo da 7,4 miliardi con l’Egitto su economia, energia, migranti e sicurezza: ma Al Sisi è un partner affidabile?

  • Nel weekend la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è volata al Cairo per siglare un accordo con l’Egitto: c’erano anche Meloni, Mitsotakis e De Croo.
  • L’Europa verserà all’Egitto 7,4 miliardi per una cooperazione in materia di economia, immigrazione, sicurezza.
  • Le proteste di associazioni e di parte dell’europarlamento per l’accordo: si può davvero parlare di democrazia e diritti umani con Al Sisi?

Dopo la Tunisia, l’Egitto, e sempre con il ruolo di primo piano dell’Italia come ponte tra l’Europa il Nordafrica. L’Unione europea, nel weekend appena passato, ha siglato un accordo con l’Egitto, un partenariato strategico che stabilisce una serie di obiettivi e aree di cooperazione, dalla politica all’economia, passando ovviamente per la questione migratoria e la sicurezza della regione, del Mediterraneo, ma anche del vicino Medio Oriente.

Cosa prevede sulla carta l’accordo con l’Egitto 

In particolare l’accordo con l’Egitto, firmato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in persona, accompagnata al Cairo dalla premier italiana Giorgia Meloni e dai leader di Grecia e Belgio, Kyriakos Mitsotakis e Alexander De Croo, stanzia 7,4 miliardi di euro per sostenere la stabilità economica e lo sviluppo dell’Egitto: stabilità e sviluppo che saranno fondamentali affinché il regime di Al Sisi possa affrontare la molteplici sfide che lo vedono al centro in questa fase storica.

L’Egitto infatti affaccia sul mar Mediterraneo ed è uno dei paesi con i maggiori flussi migratori verso l’Europa (in particolare di minori non accompagnati), è fortemente coinvolto nelle tensioni in Medio Oriente con la fortissima pressione dei palestinesi della Striscia di Gaza stipati al valico di Rafah per via dell’assedio di Israele, e la sua stabilità è fondamentale anche per buona parte dei paesi vicini africani. Sono sei i pilastri fondamentali su cui si basa l’accordo con l’Egitto. Il primo riguarda le relazioni politiche e mira a rafforzare i rapporti tra l’Ue e l’Egitto, basate “sui valori di equità, rispetto reciproco e fiducia”.

Il secondo riguarda appunto la stabilità economica e prevede un piano di aiuti triennale per il Cairo, del valore di 7,4 miliardi di euro per sostenere la stabilità economica e lo sviluppo del paese. L’Europa si impegna a sostenere l’Agenda di sviluppo 2030 dell’Egitto per garantire stabilità e crescita economica sostenibile, offrendo finanziamenti per le riforme e l’attrazione di investimenti privati, e a fornire sostegno per affrontare le pressioni economiche globali e regionali attraverso il dialogo con il Fondo monetario internazionale.

Il terzo pilastro riguarda gli investimenti e il commercio: l’accordo con l’Egitto promuove investimenti sostenibili (fino a 5 miliardi per energia rinnovabile, agricoltura, acqua, sicurezza alimentare, e digitalizzazione) e il commercio tra le due parti. Sulla questiona idrica, le parti collaboreranno per una gestione sostenibile delle risorse idriche, con un focus sul fiume Nilo e il cambiamento climatico.

Taniche di acqua potabile in attesa al valico di Rafah: forse domani l'apertura
Taniche di acqua potabile in attesa al valico di Rafah ©

L’Unione Europea e l’Egitto, e questo è un tema particolarmente caro all’Italia, collaboreranno per gestire i flussi migratori, contrastando quelli irregolari e implementando quelli legali. L’Unione europea assisterà l’Egitto nei programmi legati alla migrazione, compresa la gestione delle frontiere e il reinserimento dei rifugiati, con un approccio basato su partenariato e responsabilità condivisa.

Per quanto riguarda il capitolo sicurezza, l’accordo riconosce il “ruolo geostrategico dell’Egitto come pilastro della sicurezza, della moderazione e della pace nella regione del Mediterraneo, del Vicino Oriente e dell’Africa”, e verranno messi in campo “sforzi congiunti” per contrastare le minacce alla sicurezza, incluso il terrorismo.

L’ultimo punto invece riguarda competenze e capitale umano: in questo senso l’Europa si impegna a sostenere i livelli di istruzione e la formazione tecnica e professionale dei giovani egiziani, e a sviluppare programmi di mobilità del lavoro, programmi per i lavoratori stagionali e il sostegno continuo al reinserimento socioeconomico dei rimpatriati egiziani in Egitto. Inoltre verrà intensificata la la cooperazione in materia di ricerca e innovazione e i progetti come l’Erasmus+ e altre iniziative pensate per lo scambio di esperienze tra università italiane ed egiziane.

Proteggere libertà e diritti umani insieme ad Al Sisi è possibile? 

Tutto questo, naturalmente, sulla carta. Perché se è vero quel che ha detto al Cairo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, e ciè che con l’Egitto “condividiamo interessi strategici nella stabilità e nella prosperità” di tutta la regione, è vero anche che con fatica l’Egitto di Al Sisi può essere considerato un partner “affidabile”, con cui impegnarsi insieme “per promuovere la democrazia, le libertà fondamentali, i diritti umani e l’uguaglianza di genere” come recita in premessa l’accordo con l’Egitto: l’Italia in particolare dovrebbe saperlo bene anche per via della questione di Giulio Regeni, il ricercatore friulano brutalmente ucciso al Cairo nel 2016 e per il quale Al Sisi ha sempre ostacolato la ricerca della verità (al punto che oggi il processo a 4 agenti dei servizi egiziani si svolge in contumacia, essendo gli accusati tenuti nascosti in Egitto).

A sottolineare i dubbi su questo accordo, nelle scorse ore, sono stati molti europarlamentari delle commissioni per i diritti umani, la giustizia e gli affari esteri, già molti critici verso il recente accordo con la Tunisia: “Sembra che stiamo finanziando dittatori in tutta la regione. E non è questa l’Europa che vogliamo vedere. Non è questo il posto che l’Ue dovrebbe occupare nel mondo”, ha affermato ad esempio l’eurodeputato francese Mounir Satouri. Preoccupazioni condivise con molte organizzazioni non governative: Human Rights Watch ha affermato che l’accordo “ricompensa il leader autocratico dell’Egitto”, Al Sisi, che “governa con il pugno di ferro, reprimendo l’opposizione, incarcerando i critici e soffocando i media e la società civile. Ora questa abissale repressione viene ricompensata con un nuovo sostegno da parte dell’Ue”.

Ma anche in Italia qualcosa si muove: mentre la premier Meloni esprime “soddisfazione per il ruolo che l’Italia ha svolto in questo nuovo modello di cooperazione tra l’Europa e la sponda sud del Mediterraneo, che è diventato un modello che abbiamo già avviato con il memorandum d’intesa in Tunisia”, Emergency è tranchant, e parla di copione già visto: “Dietro alle solite parole – lotta ai trafficanti di esseri umani, avvio di percorsi regolari di migrazione – si nasconde, nella pratica, quello che abbiamo già visto con Libia e Tunisia: finanziamenti milionari per esternalizzare il controllo delle frontiere a Paesi non sicuri in cui nemmeno i più basilari diritti possono essere garantiti”. Tutto questo, è la sottolineatura finale, finanziato con soldi pubblici.

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