La Terra si appresta a superare un altro “limite fisico” ai quali non ci dovremmo neppure avvicinare, per preservare la salute del Pianeta. L’acidificazione degli oceani è destinata a raggiungere infatti un livello insostenibile, secondo quanto indicato da un nuovo rapporto del Potsdam Institute for climate impact research (Pik), secondo il quale, stanti i dati attuali, il superamento “è ormai probabilmente inevitabile”.
— Potsdam Institute for Climate Impact Research PIK (@PIK_Climate) September 24, 2024
Soltanto due “limiti planetari” ancora non sono stati superati
Il concetto di “limite planetario” è stato definito per la prima volta da un gruppo di ricercatori internazionali in un paper pubblicato nel 2009. Si tratta di soglie, calcolate su scala globale, che l’umanità non dovrebbe superare se si vuole preservare il “buon funzionamento” della Terra, il suo equilibrio ambientale, climatico e di conseguenza sociale. In altre parole, si tratta di ciò che dovremmo tutelare per garantire la possibilità di continuare a godere di condizioni favorevoli alla vita umana, preservando gli ecosistemi e, con essi, la stabilità del Pianeta.
I limiti individuati quindici anni fa sono nove. Di questi, già sette sono stati superati ampiamente: cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, modifiche ai cicli dell’azoto e del fosforo. E ancora deforestazione e aumento dell’inquinamento chimico. A cui nel 2022 si è aggiunto il ciclo dell’acqua dolce.
“Anche abbattendo le emissioni, il superamento è sostanzialmente inevitabile”
Ben presto sarà dunque la volta dell’acidificazione degli oceani: a qual punto gli unici due limiti non ancora superati saranno quelli relativi alla distruzione dello strato di ozono nell’atmosfera e alla concentrazione di aerosol (polveri sottili) dannosi per la salute umana nell’aria che respiriamo (quest’ultimo presenta però dei dati che si avvicinano alle soglie). Gli oceani svolgono infatti una funzione cruciale per la limitazione del riscaldamento globale, proprio poiché assorbono buona parte del biossido di carbonio generato dalle attività umane (a cominciare dalla combustione di carbone, petrolio e gas). Esattamente come nel caso degli alberi, dunque, mitigano gli impatti delle attività antropiche.
The Planetary Health Check shows Earth’s systems are at risk, with 6 of 9 Boundaries breached and the imminent breach of a 7th. "Stewardship of the planet is necessary in all sectors of society", Johan Rockström at the launch of the PHC #ClimateWeekNYChttps://t.co/s0x46ncFcxpic.twitter.com/0ZX3ujQ2w6
“Anche se abbattessimo rapidamente le emissioni di CO2 – ha spiegato Boris Sakschewski, uno degli autori del rapporto – un determinato livello di acidificazione è sostanzialmente inevitabile, tenuto conto del biossido di carbonio già disperso nell’atmosfera e dei tempi di risposta dei sistemi oceanici”.
A rischio la catena alimentare degli oceani
Un assorbimento eccessivo di CO2, inoltre, non è privo di conseguenze: l’acqua degli oceani, continuando ad immagazzinare CO2, registra una modificazione del proprio pH (indice, appunto, dell’acidità), il che nuoce agli equilibri degli ecosistemi, e rappresenta una minaccia per coralli, plancton, crostacei e molluschi. Un problema che, con un ovvio effetto domino, potrebbe provocare ripercussioni sull’intera catena alimentare marina.
Tutto, infatti, è collegato. La Terra, d’altra parte, è evidentemente un sistema unico. Per questo, sottolinea il rapporto, più alto è il numero di limiti che vengono superati, “più cresce il rischio di nuocere in modo permanente alle funzioni terrestri che sostengono la vita”. E, proprio in virtù dell’interconnessione tra le varie soglie, “lavorare su una implica lavorare anche su tutte le altre”. Serve dunque un approccio olistico e non settoriale: un modello di sviluppo che faccia della sostenibilità il denominatore comune di ogni scelta, di ogni attività e di ogni business.
Il livello di inquinamento supera di 60 volte il limite fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il governo ha chiuse le scuole e ha invitato gli anziani a stare a casa.
L’albero potrebbe avere fino a mille anni, ma è stato scoperto solo dal 2009, dopo la segnalazione di una band della zona, che ora gli dedicherà un brano.