Un’analisi dell’Ingv spiega che l’innalzamento del livello dei mari e la subsidenza sommergeranno buona parte di Venezia entro il 2150.
L’Acqua Granda che ha sommerso Venezia raccontata in un archivio digitale collettivo
Oltre 10mila tra foto, audio e video, per ricordare la marea eccezionale che nel 2019 mise in ginocchio la città. In primavera è attesa la mostra.
Il progetto si chiama Acqua Granda 2019 e ha già raccolto oltre 10mila dati, tra foto, video, audio e chat circolate in rete dalla notte del 12 novembre 2019, quando l’alta marea ha toccato l’altezza record di 187 centimetri. Un archivio digitale collettivo, accessibile a tutti, che intende restituire alla città la memoria di quell’evento straordinario, che oltre ai danni incalcolabili, ha cambiato profondamente il rapporto secolare con il fenomeno dell’acqua alta.
Da quel giorno, per gli abitanti, il suono delle sirene è legato a un senso di angoscia. Il Mose, finalmente, ha iniziato a funzionare anche se con costi altissimi e a singhiozzo, come per il picco inatteso di martedì 8 dicembre che ha inondato di nuovo il centro storico; mentre i cambiamenti climatici rendono sempre più frequenti maree che fino a pochi anni fa erano considerate eccezionali.
Un archivio multimediale partecipato per non dimenticare, ma anche per riflettere
Onde che si infrangono sulle fondamenta, raffiche di vento a oltre 100 chilometri orari, barche che navigano tra le calli, immondizia galleggiante, case, negozi, alberghi, magazzini, tutto finisce sott’acqua. Da un lato i visitatori che si godono la straordinarietà dello spettacolo e dall’altra gli abitanti che cercano disperatamente di salvare il salvabile. Senza dubbio l’archivio digitale Acqua Granda in Venice, voluto dall’ Università Ca’ Foscari e Science Gallery Venice e realizzato con altri partner importanti, racconta questo evento anomalo da diversi punti di vista: la paura, l’impotenza, la polemica, la solidarietà, l’ironia, la rabbia, ma anche gli immancabili selfie e lo show.
“La partecipazione è stata molto buona e sta proseguendo”, commenta Erica Villa, responsabile della programmazione di Science Gallery Venice. “Oltre a video e foto, attraverso un sistema di anonimizzazione, pubblicheremo anche le conversazioni via chat di quei giorni, nel pieno rispetto della privacy. Senza dubbio, possiamo dire che le persone hanno colto l’importanza e soprattutto il senso di questo progetto”.
I dati diventano opere d’arte di una mostra virtuale
Per la primavera prossima è in programma l’apertura di una mostra virtuale diffusa con sette opere di artisti italiani e internazionali situate in vari punti della città; la sfida è la rielaborazione artistica della miriade di dati condivisi in rete sui social network sull’ “acqua granda”.
“L’inaugurazione è fissata per il 21 aprile“, aggiunge Villa. “Sarà una mostra fruibile tramite il cellulare o il pc, sia sul luogo, che in qualsiasi altra parte del mondo tramite una web app collegata ad una mappa. Resterà aperta almeno per un anno, ma speriamo di tenerla viva anche più a lungo”.
Il livello dell’acqua visibile con la realtà aumentata
Parallelamente alla mostra, l’università Ca’ Foscari, con il supporto dell’Istituto di Scienze marine di Venezia e di altri partner scientifici, sta lavorando ad un altro progetto: “In alcuni punti della città sarà possibile vedere con la realtà aumentata la linea del livello dell’acqua raggiunto negli ultimi anni durante l’alta marea”, spiega Villa.
“Per questo è stato fondamentale il contributo del Centro maree del comune di Venezia, che registra ogni cinque minuti sia i dati atmosferici che il livello del mare. Esiste poi una mappa altimetrica molto dettagliata di ogni edificio e attraverso l’incrocio di questi dati è possibile quindi stabilire l’altezza della marea in un determinato punto e in un preciso momento”.
Raccontare l’Acqua Granda e le fragilità di Venezia
Dopo la prima notte da incubo, molti giornalisti, fotografi e registi si sono mossi per documentare gli avvenimenti. “Per la prima volta anch’io ho paura dell’acqua”. Si apre così il documentario La città delle sirene del regista veneziano Giovanni Pellegrini prodotto dalla Ginko Film. È il racconto articolato di quei giorni di angoscia, dei danni dei cambiamenti climatici e del rapporto tra i cittadini e la marea, soprattutto nelle zone meno turistiche e più esposte al fenomeno, come l’isola di Pellestrina, una lingua di terra che divide Venezia dal mare, dove ci sono state anche due vittime.
Restituire Venezia ai veneziani
“Quella sera il mio primo pensiero era di salvare l’attrezzatura. Sono riuscito ad arrivare in studio e mi sono trovato in piedi sullo sgabello senza sapere dove andare o cosa fare”. Ha commentato il regista Pellegrini durante la presentazione live del Progetto Acqua Granda 2019.
“Nell’emergenza sono riuscito solo a fare qualche ripresa con il cellulare; dal giorno dopo invece mi sono mosso in barca, seguendo un po’ l’istinto e raggiungendo i luoghi a me più cari”, commenta Pellegrini. “Ho sentito il dovere di farlo, sono un documentarista e il risultato è il reportage personale di un veneziano, non tanto per veneziani, ma per chi non sa cosa vuol dire vivere e fronteggiare il fenomeno dell’acqua alta. ‘La città delle sirene’ nasce anche da un altro progetto che sto portando avanti ormai da qualche anno: si chiama ‘Venezia Liquida’ ed è dedicato alle storie degli abitanti che cercano di difendersi quotidianamente dalle minacce del cambiamento climatico e dagli effetti pericolosi del turismo di massa“.
Una situazione completamente fuori controllo
“Nessuno si aspettava quello che è successo. Le previsioni davano 130-140 cm ed ero andato a Milano per delle consegne”, ricorda Francesco Nassivera, antiquario veneziano.
“Le pompe e le paratie e funzionavano regolarmente, intorno alle 21 però ho capito che si stava mettendo male. Ho due negozi, in uno l’acqua non era mai entrata, l’altro l’avevo aperto da poco. Quando sono arrivato in entrambi ormai la situazione era irreparabile: il divano galleggiava e anche la credenza con tutti gli oggetti sopra. La luce era saltata perché l’acqua era arrivata alle prese. Ho capito che ogni sforzo era inutile. La marea è salita e scesa molto rapidamente; ad un certo punto avevo più acqua dentro il negozio che fuori, ma la pressione mi impediva di aprire la paratia per farla uscire. Mi ritengo fortunato perché la notte io sono potuto tornare a casa e dormire all’asciutto, molti invece no.”
I lunghi giorni successivi: tra angoscia, solidarietà e spettacolo
“Per una settimana, non appena sentivamo le sirene uscivamo di casa e con la marea saliva anche il senso di angoscia”, ricorda Sara Zortea, compagna di Nassivera.”I nostri tre figli sono rimasti da soli, mentre noi eravamo completamente impegnati a buttare, pulire, sistemare, per riaprire le attività. Il crollo io l’ho avuto alla fine. Eravamo stremati e sapevamo che molti amici stavano peggio di noi”.
Accanto a chi tentava di risollevarsi con tutta la forza che aveva, c’erano i i turisti che cenavano al ristorante con i piedi nell’acqua o che vagano scalzi per le calli allagate, non sapendo forse che l’acqua che la marea aveva portato a galla veniva anche dalle fognature e la puzza tremenda ne era la prova.
La marea eccezionale ha anche l’effetto di moltiplicare la spettacolarità di Venezia e i giorni successivi c’è chi prenota il giro in gondola e chi deve buttare via tutto quello che aveva in casa, con il terrore che l’acqua ritorni.
Cosa è cambiato dall’Acqua Granda 21019
“È stata un’esperienza che ha messo tutti a dura prova, oltre agli ingenti danni economici, abbiamo vissuto l’impotenza, la rabbia per non aver preteso dalle istituzioni una tutela reale per questa città tanto unica quanto fragile”, prosegue Nassivera. “Si è rotto l’equilibrio del nostro rapporto con il mare, pensavamo di saper gestire la marea, perché ci siamo nati e cresciuti, nonostante l’evidenza degli ultimi anni, in cui livelli prima considerati rari sono diventati assolutamente frequenti. Il Mose funziona e, personalmente, non mi ha stupito; al di là delle vergognose verità ormai assodate dai processi, se metti una tale quantità di soldi su una macchina, ti aspetti almeno che si accenda”.
I costi sono ancora esorbitanti perché ogni volta che il Mose viene messo in funzione le voci di spesa variano dai 150mila ai 300mila euro.
Dopo l’Acqua Granda, il Coronavirus e in Piazza San Marco le serrande si abbassano
Ora invece, è la morsa soffocante della Covid-19 e il blocco del turismo a mettere in ginocchio anche i negozi e i caffè storici. A San Marco, nella piazza più famosa del mondo, il 30 per cento delle attività ha chiuso definitivamente. “Dalla catastrofe del novembre scorso la maggior parte della città si è ripresa in dieci giorni di lavoro ininterrotto e iniezioni di fiducia”, commenta Francesco Nassivera. “Ma è adesso che Venezia fa davvero impressione“.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
L’Unesco sta valutando di inserire Venezia nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo, a causa del turismo di massa e dei cambiamenti climatici.
Nel capoluogo veneto la campagna per far conoscere la rete delle fontane pubbliche della città aiuta abitanti e turisti a rispettare di più l’ambiente.
Nonostante le minacce che incombono sul loro futuro, Venezia e la grande barriera corallina restano patrimoni dell’umanità Unesco. E nella lista compaiono due nuovi siti italiani.
Ora è ufficiale: a Venezia le grandi navi non potranno più transitare da San Marco e nel canale della Giudecca. Attesi ristori per i lavoratori.
Dopo la ripresa della crocieristica, si infiamma il dibattito sulla gestione delle grandi navi all’interno della laguna. Attese altre 60 navi entro fine anno.
Se non si troverà in fretta una soluzione per impedire l’accesso delle grandi navi, l’Unesco classificherà Venezia tra i siti in pericolo.
Il governo ha deciso di dirottare temporaneamente l’attracco delle navi. Al via un concorso di idee per approdi fuori laguna. Zaia: “Decreto del 2012”.
In due anni risparmiate 19 tonnellate di CO2. Il servizio continua post Covid con nuove soluzioni di noleggio e la sanificazione quotidiana delle auto.