L’ultimo bilancio di sostenibilità di Gruppo CAP, Sorgente di connessioni, ricorda l’importanza di fare rete per rendere concreta la transizione ecologica.
Un terzo dell’umanità non ha accesso all’acqua potabile in casa
Un rapporto curato da Oms e Unicef denuncia: 2,1 miliardi di persone ancora prive di un accesso all’acqua potabile nelle loro abitazioni.
Se dovessimo misurare la capacità che il mondo ha avuto di svilupparsi in modo equo da questo dato, potremmo parlare di un autentico fallimento. Poco meno di un terzo della popolazione mondiale, nel 2017, non ha ancora accesso ad una fonte di acqua potabile all’interno della propria abitazione. Si tratta, per l’esattezza, di 2,1 miliardi di persone: il 30 per cento del totale di chi abita il pianeta.
Acqua potabile più rara nelle zone rurali
A denunciarlo è un rapporto congiunto redatto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’Unicef e pubblicato lo scorso 12 luglio. Si tratta della prima volta che un’analisi viene effettuata a livello globale per comprendere quale sia il tasso di copertura dei servizi di distribuzione di acqua potabile nelle abitazioni, prendendo in considerazione quelli che si possono considerare “gestiti in modo totalmente sicuro”.
Come era facile immaginare, le zone del mondo più in difficoltà nell’approvvigionamento sono quelle rurali. “Poter contare sull’accesso ad una fonte di acqua salubre e a servizi di depurazione non dovrebbe rappresentare un privilegio riservato esclusivamente ai ricchi che vivono in città”, ha commentato il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus.
159 milioni di persone bevono acqua raccolta nei corsi d’acqua
Sui 2,1 miliardi di persone prive di acqua potabile in casa, centinaia di milioni non possono contare su un “servizio di base” di distribuzione di acqua potabile di alcun tipo, anche fuori dalle mura domestiche. Il rapporto sottolinea che, infatti, 263 milioni di persone vivono a più di 30 minuti di distanza da una fonte pulita, mentre 159 milioni sono ancora costretti a bere acqua non trattata, recuperata da corsi d’acqua o da laghi.
Ma non è tutto. L’analisi di Oms e Unicef lancia un allarme anche sulle condizioni sanitarie delle riserve idriche: per ben 4,5 miliardi di persone – ovvero il 60 per cento del totale degli abitanti della Terra – i servizi di depurazione non rispondono a tutti gli standard di sicurezza. In particolare, per 2,3 miliardi di persone mancano ancora delle infrastrutture di base, 600 milioni devono condividere toilette e latrine con altre famiglie e 892 milioni sono costretti a defecare all’aria aperta.
Tutte pratiche che incrementano la possibilità di trasmissione di malattie infettive anche gravi, come il colera, la dissenteria o il tifo. Inoltre, una percentuale ancora inaccettabile di popolazione non può contare su acqua e sapone per lavarsi le mani all’interno della propria casa. Un problema che riguarda ben 90 paesi, nei quali “i progressi procedono ad un ritmo troppo lento”. Di questo passo, conclude il rapporto, non sarà possibile raggiungere una copertura universale della distribuzione di acqua potabile entro il 2030, obiettivo fissato dai Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite.
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