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L’acqua ci guarirà
Le nuove ricerche del Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier mostrano come l’acqua, nel prossimo futuro, potrebbe cambiare la vita di milioni di persone.
“Messages from water”, messaggi dall’acqua. È l’acqua
infatti la protagonista del 25mo Congresso di Medicina Biologica
tenutosi a Milano, in memoria del Professore Giuliano Preparata e
del suo contributo alla biologia e alla comprensione del ruolo di
quest’ultima nella materia vivente.
Partendo dalle intuizioni di Preparata, il premio Nobel per la
Medicina Luc Montagnier, insieme a fisici e ricercatori italiani,
ha dimostrato il ruolo che l’acqua biologica presente nei sistemi
viventi ha nel diffondere e conservare informazioni di rilevanza
organica, quale memoria di passate patologie.
“L’acqua dei sistemi viventi ha una complessità molto
elevata, che vibra in armonia e ha la capacità di
autorganizzarsi all’interno del corpo – spiega Alberto Tedeschi,
ricercatore del White HB – è il concetto di coerenza
dell’acqua, espresso appunto per la prima volta proprio dal Prof.
Preparata”.
Grazie ai recenti studi del Premio Nobel Montagnier, si è
evidenziato come le nanostrutture intorno al DNA di alcuni batteri
patogeni possiedano la memoria del vissuto della persona. E questo
è visto come un vero e proprio segnale. Per la prima volta,
in pratica, si vede in maniera chiara che l’acqua ha una memoria
della persona. Sarà così possibile fare una
diagnostica nuova, basata sui segnali emmessi, per conoscere se
c’è ancora o meno la memoria di un certo vissuto
biologico.
Questo nuovo approccio consentirebbe di intervenire in modo nuovo
sul trattamento e sulla cura di malattie croniche, studiando nuovi
farmaci, farmaci intelligenti: “Potranno essere utilizzati farmaci
di acqua ‘informata’, gestiti in maniera intelligente”, spiega
Tedeschi.
“È come se il corpo fosse una città perfetta che
abbia bisogno di regolare il bullone di un armadio: in futuro il
farmaco potrebbe essere paragonato ad un tecnico che sappia
esattamente dove andare ad operare, a differenza della farmacologia
classica che oggi, purtroppo, può essere paragonata
più ad una banda di teppisti che fanno sparire sì il
problema, ma spesso causa anche grossi effetti collaterali”.
L’acqua comune potrebbe così venire trasformata per
dialogare direttamente con il corpo. Un campo di ricerca
sicuramente innovativo. Non più il concetto del “tanto
più, tanto meglio”, ovvero un alta dose di principio attivo
uguale ad alta efficacia, ma quello della “low-dose-medicine”:
l’acqua che subisce un’informazione indotta dall’esterno e diventa
il veicolo verso gli organi del corpo, garantendo un’elevata
efficacia senza il rischio di effetti collaterali spesso
pericolosi.
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