Se dovesse arrivare l’ok del Senato in Francia passerà un disegno di legge che prevede una tassa per i produttori di abbigliamento fast fashion.
Moda, 9 domande e risposte sugli acquisti responsabili
Ecco cosa ci chiedete ogni mese in fatto di acquisti moda responsabili: abbiamo provato a dare qualche risposta in merito a questioni hot, come il prezzo
- Acquisti moda responsabili: da più di un anno ogni mese vi proponiamo una selezione di alcuni brand moda rispettosi dell’ambiente e dei lavoratori
- Questo mese abbiamo voluto rispondere ad alcune delle domande più frequenti che ci vengono poste dalla nostra community
- Tra gli argomenti più hot il prezzo, la scelta dei materiali e l’appartenenza o meno alla categoria lusso
Da qualche tempo pubblichiamo una rubrica in cui vi consigliamo alcuni brand di moda sostenibile per fare degli acquisti responsabili da un punto di vista ambientale e riceviamo spesso domande o commenti su alcune questioni cruciali. Abbiamo condensato le più frequenti e provato a dare delle risposte, spiegando le nostre scelte editoriali e provando a fornire alcune spiegazioni in merito a questioni hot come la fascia di prezzo, la scelta dei materiali o il fatto di includere o meno brand del lusso.
Gli acquisti responsabili sono spesso proibitivi
È importante capire quale sia l’origine del prezzo che troviamo scritto sul cartellino e, per arrivare a stabilire se la cifra che leggiamo abbia senso o meno, dobbiamo tenere conto di molti fattori. Per prima cosa il costo della materia prima, a cui poi va aggiunto quello del processo produttivo, una paga equa della manodopera in tutte le fasi, i costi fissi di gestione, come un negozio ad esempio, e infine va calcolato un margine di profitto per il brand produttore. Quando un prezzo è molto basso, chiaramente è attrattivo, ma bisogna sempre porsi la domanda: in quale fase del processo si è risparmiato per far pagare il capo così poco? Quale che sia la risposta implica un danno nei confronti di qualcuno, l’ambiente o le persone che vi hanno lavorato: i materiali più a buon mercato sono anche quelli più inquinanti, come le fibre sintetiche derivanti dal petrolio, i processi produttivi meno costosi sono anche quelli più invasivi e il costo della manodopera difficilmente può essere abbattuto senza che qualcuno versi in condizioni di sfruttamento.
Anche le fibre riciclate hanno processi impattanti
È assolutamente così: per questo è sempre importante informarsi sul processo, ma soprattutto sulla composizione. Il nylon, essendo un derivato del petrolio, ha costi ambientali altissimi: il fatto che oggi siamo in grado di ricavare del nylon da altro nylon già presente sotto forma di scarto è una buonissima cosa, ovviamente, ma occorre fare chiarezza sia sul processo. Non tutto il nylon presente nel mondo sotto forma di scarto ha la possibilità di essere riciclato con un processo che non sia troppo energivoro: una delle fonti di nylon post consumo, ad esempio, è costituita dalle reti da pesca, se queste vengono trattate con un antialga a base di rame possono entrare nel processo di riciclo, altrimenti no. È importantissimo poi guardare alla composizione del capo realizzato con fibre riciclate per fare acquisti responsabili: se è fatto esclusivamente da nylon e nylon riciclato ad esempi allora è, a sua volta, di nuovo facilmente riciclabile. In caso contrario no: vanno quindi evitati i prodotti in cui il nylon riciclato è accoppiato a moltissimi altri materiali o a fibre tessili di altra origine, come fibre naturali o lurex.
È una scelta legata alla sostenibilità quella di produrre per seni piccoli?
Sostenibilità significa anche abbracciare tutti i tipi di corpi. Nella nostra selezione di acquisti responsabili diamo spazio anche a quei brand che, fatto salvo l’aspetto ambientale, si impegnano ad essere inclusivi da un punto di vista dell’identità di genere, ma anche rispetto alle diverse corporature o alle tante sfumature della pelle umana. Non è semplice, per chi non ha una corporatura standard, trovare delle alternative piacevoli esteticamente e magari anche rispettose dell’ambiente, è importante quindi raccontare la pluralità di corpi e di esigenze in fatto di abbigliamento che attraversa la società odierna, dalla richiesta di taglie “plus size” al rispetto dell’identità di genere anche attraverso le collezioni.
Perché date visibilità ai brand di lusso?
Perché crediamo sia importante dare visibilità a tutte le realtà che si impegnano a cambiare le cose sul fronte dell’impatto ambientale. Comprare o meno un brand del lusso è una libera scelta e, spesso, brand di questo settore che fanno parte di holding o grandi gruppi, hanno a disposizione risorse economiche non indifferenti per portare avanti la ricerca e sviluppo, ad esempio su nuovi materiali, o investendo sull’efficientamento dei processi produttivi. Materiali premium e lavorazioni particolari, magari realizzate a mano, collocano alcuni marchi in una fascia di prezzo che non è certo democratica, ma è giustificata dalle materie prime o dai processi produttivi. Inoltre c’è da considerare un fatto: i marchi high end spesso hanno più disponibilità economica e possono destinare più fondi alla ricerca e sviluppo. Non solo: sono quei player di settore a cui tutti guardano, che dettano le tendenze, nel bene e nel male.
Lana ricavata dagli alpaca vi sembra sostenibile?
La lana, in quanto fibra naturale, ha un impatto ambientale minore rispetto alle alternative sintetiche e, dove siano presenti le opportune certificazioni, siamo sicuri che gli animali non vengano maltrattati. Inoltre questa fibra, che è naturale al 110 per cento, richiede molta meno energia rispetto alle fibre sintetiche per essere prodotta, è più facilmente riciclabile, non produce microplastiche, ed è 100 per cento biodegradabile e durevole nel tempo. La lana ha inoltre una sacco di proprietà che la rendono un materiale ottimo sotto molti punti di vista: è traspirante, ma è anche termoregolatrice, questo significa che mantiene costante la temperatura corporea e quindi può essere indossata, a seconda del peso chiaramente, sia d’estate che d’inverno. Non solo: la lana è anche responsabile della sopravvivenza di molte comunità vulnerabili che in varie parti del mondo si sostentano grazie all’allevamento di pecore o capre per la sua produzione.
La coltivazione del cotone è responsabile della desertificazione di intere aree nel mondo
Verissimo: il lago Aral in Uzbekistan ad esempio oggi ha perso il 75 per cento del suo volume e la desertificazione del bacino è dovuta principalmente alla coltivazione intensiva del cotone, voluta dal regime sovietico a partire dalla Guerra fredda. Il cotone è una risorsa, è una fibra versatile e durevole, il problema però sta nel tipo di coltivazione. Ciò che ha portato alla desertificazione del lago Aral è stata la modalità aggressiva e intensiva. Per questo è importante prediligere per lo più cotone biologico organico certificato. Stando ai dati diffusi da Textile exchange, la coltivazione tradizionale richiede molta più acqua: il cotone organico fa risparmiare 1.930 litri per ogni tonnellata. Ma anche l’utilizzo di agenti chimici inquinanti è un disclaimer fondamentale: nella coltivazione del cotone tradizionale è massiccia e comporta un progressivo indebolimento del terreno che, per via dell’effetto della monocultura e delle sostanze inquinanti assorbite, diventa sempre meno fertile richiedendo così l’impiego di più acqua per l’irrigazione. Nella coltivazione del cotone organico biologico, vengono eliminate le sostanze chimiche tossiche e il controllo dei parassiti viene affidato alle pratiche colturali biologiche e agli insetti benefici: questo fa sì che la fertilità del territorio rimanga alta.
Quindi ogni mese dobbiamo comprare capi di abbigliamento e inquinare ancora di più?
Ovviamente no. Il nostro mantra infatti è: comprare meno, comprare meglio, magari investendo in capi di migliore qualità e poi impegnandosi nella loro cura per far sì che durino il più a lungo possibile. Uno dei nostri mantra è la regola dei #100wears: ovvero la domanda fondamentale da porsi prima di comprare qualcosa è, lo indosserò almeno 100 volte? Fare questo conto è utile sia a mettere in prospettiva il costo di un abito o un accessorio: magari lo paghiamo molto è vero, ma se lo indossiamo per molto tempo il suo costo viene mitigato. Cosa dire invece di un pezzo a buon mercato che indosseremo una volta soltanto perché di scarsa qualità o perché legato a un trend passeggero? Il suo cost per wear sarà decisamente alto. Nell’ottica di avere un guardaroba funzionale il nostro suggerimento è quello di fare acquisti mirati, nell’ottica di costruire un capsule wardrobe: con questo termine, di origine anglosassone, si identifica il fatto di avere pochi pezzi, ma di alta qualità, abbinabili tra loro in modo da creare look sempre diversi.
Considerate anche la spedizione nella scelta?
La spedizione è un tema importante, per questo cerchiamo di dare spazio e visibilità a chi impiega corrieri certificati e mantiene una filiera di produzione corta. Il trasporto è un fattore che incide moltissimo, soprattutto nel settore degli acquisti online, o in quello degli abiti a noleggio. Molti dei brand selezionati hanno una filiera produttiva cortissima, nel raggio di chilometri, o producono, e di conseguenza spediscono, solo in base a quanto viene effettivamente comprato. Brand basati in altre parti del mondo trovano la loro ratio nel sostenere comunità locali o nel generare un ecosistema lavorativo virtuoso nel posto in cui sorgono.
I brand sostenibili spesso non sono soddisfacenti dal punto di vista del design
La ricerca e sviluppo dal punto di vista dei nuovi materiali oggi ha reso più semplice rispetto al passato coniugare sforzo creativo e sostenibilità ambientale e sociale, per questo ospitiamo spesso in questa rubrica giovani designer e brand che includono nei propri modelli materiali di nuova generazione, magari bio-based, in grado di imitare le qualità dei materiali originali, come ad esempio la pelle. I materiali bio-based oggi sono moltissimi e validi dal punto di vista della performance: questo garantisce ai designer una libertà espressiva molto più ampia rispetto al passato.
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