In Siria le conseguenze del terremoto sono aggravate dalla scarsa risposta umanitaria e la crisi già in corso. Il racconto di Racha Nasreddine, ActionAid.
Dieci giorni dopo il terremoto che ha sconvolto il sudest della Turchia e il nord della Siria, finalmente il regime di Damasco ha annunciato l’apertura di due valichi di frontiera tra i due paesi, che agevoleranno il passaggio degli aiuti alle vittime siriane.
“Un passo fondamentale”, come ha spiegato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, perché finora l’unico valico attivo era quello Bab el-Hawa, divenuto ben presto collo di bottiglia di aiuti e soccorritori che, bloccati dai soldati turchi, non riuscivano neanche a raggiungere le aree controllate dai ribelli della Siria nordoccidentale, in cui vivono quasi 5 milioni di persone.
Un passo che però rischia di essere tardivo, vista la situazione provocata dal terremoto, dalla mancanza di soccorsi adeguati e da una situazione complicata caratterizzata da dodici anni di guerra civile e dalla vera e propria persecuzione subita dalla minoranza curda che abita le zone colpite. Dai nuovi valichi di Bab-Al-Salam e Al-Raee, ha detto Guterres, arriveranno più velocemente “cibo, salute, nutrizione, protezione, riparo, forniture invernali e altre forniture salvavita a tutti i milioni di persone colpite”.
La testimonianza di Racha Nasreddine di ActionAid
Era anche questo l’auspicio della ong ActionAid, che dal primo giorno del terremoto è stata tra le poche organizzazioni non governative a poter lavorare nei territori siriani attraverso l’associazione partner locale, Violet, e a lanciare l’allarme sulla drammaticità della situazione che ha investito soprattutto la Siria e sulle lacune dei soccorsi.
Ad oggi, infatti, sono circa 41mila le persone rimaste uccise e quasi centomila i feriti, ma se il bilancio numerico è molto più pesante nella parte turca (35 mila le vittime ufficiali secondo Ankara, 6mila quelle contate da Onu e Siria), per i soccorsi e le prospettive di ricostruzione è il lato siriano a preoccupare di più, come racconta Racha Nasreddine, direttrice di ActionAid per la regione araba.
A una settimana dal sisma, come procede la gestione dell’emergenza per la popolazione siriana?
La situazione è particolarmente devastante, perché colpisce i rifugiati siriani che sono già fuggiti dalle loro case a causa del conflitto e si sono stabiliti in Turchia, così come gli sfollati all’interno della Siria. Molte di queste persone sono state sfollate più volte e ora questo terremoto ha distrutto ancora una volta le loro vite e i loro mezzi di sussistenza.
A questo si aggiunge il clima particolarmente rigido di questo periodo, con nottate fino a 20 gradi sotto lo zero.
Ci sono forti tempeste che colpiscono la regione, stanno rendendo i soccorsi ancora più impegnativi. Le persone colpite si sono ritrovate da un momento all’altro in condizioni estreme, senza un posto dove andare. Molti rimangono in strada durante la notte. Siamo preoccupati perché anche nei prossimi mesi ci sarà una grave mancanza di riparo. Le persone passeranno il resto dell’inverno esposte, senza un riparo, forniture mediche, acqua e cibo o qualsiasi forma di privacy. Dovranno affrontare le conseguenze della perdita della casa, dei beni, dei mezzi di sussistenza, dei familiari e degli amici. Ci vorrà molto tempo per riprendersi, ma in questo momento non possiamo ancora iniziare a parlare di una ripresa fino a quando non conosceremo l’intera portata di questa tragedia.
Il sistema ospedaliero ce la fa a sopportare l’ondata di feriti?
Gli ospedali e le strutture mediche siriane erano in difficoltà e incapaci di soddisfare la domanda già prima del terremoto, dopo oltre un decennio di conflitto. Ora, diversi centri medici nella regione nordoccidentale controllata dall’opposizione, e anche nelle aree controllate dal governo, sono stati gravemente danneggiati dai terremoti, e quelli ancora in funzione sono sopraffatti da decine di migliaia di sopravvissuti che necessitano di cure mediche urgenti: c’è un’enorme pressione sul personale medico, che è oberato di lavoro. Ambulanze, medicinali e materiali medici scarseggiano nei pronto soccorsi e nei centri sanitari, quando ci sarebbe uno disperato bisogno per consentire alle cliniche sanitarie mobili di curare e trasportare i feriti. Inoltre, sono necessari più camion e furgoni per trasferire le persone colpite in luoghi sicuri. Senza contare il carburante con i suoi costi.
Solo dopo cinque giorni gli Stati Uniti hanno sospeso parzialmente le sanzioni alla Siria per consentire l’accesso degli aiuti, che finora sono arrivati a singhiozzo. È possibile organizzare dei corridoi che in qualche modo bypassino il regime di Assad?
Quando si è verificato il terremoto, il nostro partner in Siria, Violet, si è attivato immediatamente nel nordovest della Siria per fornire supporto alle comunità colpite. Ma chiediamo ai governi di Siria e Turchia di garantire che qualsiasi restrizione agli aiuti venga revocata in modo che gli sforzi di soccorso non siano ostacolati e le persone colpite dal terremoto possano essere sostenute in il miglior modo possibile. Sappiamo che l’accesso logistico alla Siria è difficile a causa del conflitto. Il confine di Bab Al-Hawa è aperto e le merci vengono trasferite attraverso di esso, tuttavia una delle strade che vi conducono è bloccata, quindi il movimento è lento. Bab Al-Hawa, al confine tra Turchia e Siria, è stato l’unico valico di frontiera rimasto autorizzato dal Consiglio di sicurezza (fino alla apertura degli altri due valichi, avvenuta solamente ieri, ndr) per la consegna di aiuti delle Nazioni Unite al nord-ovest della Siria.
Donne, ragazze, ma anche i giovani e le comunità emarginate sono spesso colpite durante le emergenze umanitarie.
In genere, più donne che uomini muoiono a causa di disastri a rapida insorgenza come tsunami e terremoti. La povertà e l’incapacità di soddisfare i bisogni di base sono state identificate come le principali cause dell’aumento dei suicidi tra i giovani nel nord-ovest della Siria, e l’attuale crisi aggraverà la sfida già esistente.
In una recente dichiarazione di ActionAid avete sottolineato come le donne in particolare possano soffrire le conseguenze più pesanti. Perché?
Durante conflitti, disastri naturali e altre emergenze le donne e le ragazze sono spesso le prime a reagire, svolgendo un ruolo fondamentale per la sopravvivenza delle famiglie e delle comunità. Ma sono anche a rischio di sfruttamento sessuale, alla violenza e agli abusi: il sovraffollamento dei rifugi situati in spazi aperti rende le donne e le ragazze vulnerabili alla violenza sessuale. È quello che è accaduto per esempio dopo il terremoto del Nepal nel 2015. Ma più in generale la violenza contro le donne e le ragazze aumenta durante tutte le emergenze, specialmente durante i conflitti. E poi ci sono le donne incinte, o quelle che allattano: anche loro hanno tutte bisogno di sostegno e dispositivi medici specifici.
Come sta lavorando ActionAid sul campo in questi giorni di grande caos?
In Siria, ActionAid sta ora rispondendo attraverso l’organizzazione partner Violet. La priorità è fornire sostegno di emergenza sotto forma di riparo, vestiti caldi, coperte e cibo a tutti coloro che hanno perso la casa e sono per strada. Ci occupiamo anche di fornire servizi mobili di supporto psicosociale per bambini e madri, e stiamo sostenendo gli sforzi di ricerca e soccorso noleggiando attrezzature per rimuovere le macerie. Ma ci appelliamo alla comunità internazionale.
Che cosa chiedete alla comunità internazionale?
Di garantire che la risposta umanitaria al terremoto sia adeguatamente finanziata, compresa la cura dei sopravvissuti alla violenza di genere, e di sostenere l’accesso sicuro e senza ostacoli delle organizzazioni umanitarie alle comunità più colpite. Ospedali e strutture mediche sono state distrutte da questo terremoto e abbiamo bisogno di sostegno per garantire che durante questa crisi vengano salvate vite umane. Noi siamo pronti ad aiutare i nostri partner locali nell’immediata risposta umanitaria alla crisi, continueremo a sostenere queste comunità mentre iniziano la lunga strada verso la ripresa.
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