Marco Tosato, agronomo e paesaggista veneto, è stato uno dei primi a raggiungere alcune abitazioni isolate. “Gli abitanti di questa valle hanno una forza e un orgoglio incredibili”.
Adaptation, ecco come il Veneto si adatta ai cambiamenti climatici
Recupero delle dune, protezione della laguna, ripristino delle aree boschive spazzate da Vaia. La sfida all’adattamento raccontata con un webdoc.
- Il webdoc Adaptation è un progetto giornalistico internazionale nato per documentare la convivenza tra l’uomo, la tecnologia e la natura nell’era dei cambiamenti climatici.
- Il capitolo dedicato al Veneto racconta quali strategie, progetti e investimenti vengono messi in campo dalle comunità locali per prevenire i rischi legati agli eventi meteo estremi e indagare gli scenari attesi nel prossimo futuro.
- Sono decine di storie e progetti di ricerca per adattarsi al nuovo clima.
In un’estate che probabilmente farà registrare nuovi record per quanto riguarda ondate di calore e scarsità di precipitazioni, c’è chi ha raccolto le numerosissime testimonianze di come il Veneto sta lavorando sull’adattamento ai cambiamenti climatici. Un lavoro che racconta lo sforzo corale di università, aziende, comunità locali che stanno collaborando da tempo per ridurre gli impatti di un clima che è già cambiato e che sta mettendo a rischio la produzione agricola, gli habitat costieri e lagunari, nonché le aree prealpine e alpine della regione. Adaptation, così il nome del webdoc presentato a giugno di quest’anno, racconta proprio questo, ovvero lo sforzo della regione per adattare sé stessa al mutato scenario climatico e ridurre i danni a persone, cose, ecosistemi.
“Questo è il capitolo più corposo di tutti quelli realizzati finora. Un lavoro importante sia in fase di studio, che di realizzazione che ha raccolto 23 storie, andando ad intercettare temi che toccano i vari ecosistemi della regione”, spiega Marco Merola, giornalista e ideatore del progetto. “Il Veneto si è dimostrata una regione laboratorio, dato che al suo interno ha rappresentati tutti i vari ambienti”.
Il Veneto alla prese coi cambiamenti climatici
I dati raccolti dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpav) dalle 110 stazioni regionali, mostrano che dal 1993 al 2020 esiste un trend di aumento delle temperature medie pari a +0.55 °C per ogni decennio (si raggiungono gli + 0.6 °C se si considerano le sole aree pianeggianti, cioè le quote inferiori ai 50 m s.l.m.). Ma l’effetto della “tropicalizzazione” che sta colpendo l’intero paese, ha fatto registrare nella regione un aumento delle piogge torrenziali del 15 per cento nel periodo 1993-2020, soprattutto nella fascia prealpina. Ma se da un lato si registra un incremento degli eventi meteorici estremi, dall’altro la sofferenza della risorsa idrica è ormai evidente in tutta la regione. Le risorgive del vicentino, preziose per l’approvvigionamento idrico che assicurano alla città di Padova, registrano abbassamenti della falda (anche se la rete idrica è stata concepita dal gestore in maniera da essere resiliente e autoregolarsi).
La situazione è particolarmente critica, dove in maggio si è registrato un calo del 46 per cento nelle precipitazioni rispetto alla media del periodo 1994-2021. A preoccupare però è anche la risalita del cuneo salino, ovvero la risalita di acqua di mare nel fiume a oltre 10 km dalla costa adriatica, che a lungo andare può intaccare le falde di acqua dolce. Particolarmente preoccupata è l’Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue ) che spiega come la situazione corrente ha già costretto a sospendere l’irrigazione in alcune zone di Porto Tolle ed Ariano, nel polesine rodigino, dove sono state attivate pompe mobili d’emergenza per garantire la sopravvivenza delle colture.
I progetti di adattamento del Veneto, dalla laguna alle dune
In una situazione che può essere definita di “emergenza”, in tutta la regione si registrano però decine e decine di esempi di buone pratiche. “Abbiamo voluto dare voce alle diverse anime, passando dai ricercatori dell’università di Padova e Ca’ Foscari, fino ai produttori di vongole e ostriche dell’area del delta del Po”, spiega Merola. “È stato illuminante e fondamentale parlare con loro perché sono le sentinelle del posto. Le comunità locali sono in grande movimento, ma anche città come Venezia che ha già pronto il suo piano di adattamento, nonostante sarà presentato solo a fine anno. Questo ci dice che i tempi della politica sono drammaticamente indietro”.
Ecco allora che i ricercatori stanno tentando di salvare la laguna dalla progressiva salinizzazione tagliando l’argine del fiume Sile per far confluire acqua dolce e riequilibrare l’ecosistema. Inoltre, grazie al progetto Life Lagoon Refresh, hanno trapiantato delle fanerogame, piante acquatiche ormai scomparse dalla laguna, e realizzato dei canneti che hanno prodotto anche il ritorno di specie di uccelli migratori che scomparse da anni. Per contrastare invece l’erosione costiera, nel tratto di litorale che va da Bibione a Caorle, l’università Ca’ Foscari di Venezia ha realizzato un piccolo ma importante miracolo: ha ripristinato le dune scomparse a causa dell’incontrollato flusso di turisti. Le dune, delicata e preziosa macchina naturale che regola tutta la vita del litorale, sono state ripristinate recintando le aree critiche a aspettato che la natura facesse il suo corso. Grazie all’azione del vento, che porta la sabbia necessaria al consolidamento, il litorale si sta rinforzando e il mare arretrando di fronte alla barriera naturale così ricostituita. Un perfetto esempio di nature-based solution, descritto anche nell’ultimo rapporto dell’Ipcc sull’adattamento ai cambiamenti climatici.
Di estremo interesse anche il progetto che sta interessando l’area del Cansiglio, uno dei luoghi più affascinanti della regione per le particolari condizioni climatiche ed ecologiche. In questo caso è la prima area verde italiana a fare da test per la certificazione del forest bathing, pratica ormai molto in voga tra coloro che sentono il bisogno di immergersi nella natura per riceverne in cambio gli innegabili benefici psico-fisici. Questa foresta si sviluppa su un altopiano in cui sono presenti anche delle meravigliose torbiere e dove è noto il fenomeno della cosiddetta inversione termica, ovvero si registrano temperature più fredde a basse quote e più calde a quote più elevate.
Per questa ragione, una volta che si è abbattuta sulla foresta la tempesta Vaia e tantissimi alberi sono caduti, gli esperti hanno deciso di provare a cambiare qualcosa. Invece di ripiantare la stessa varietà di faggio spazzata via dal disastroso evento naturale si è pensato di piantare una diversa varietà, endemica della Basilicata e che si trova a suo agio in presenza di temperature più alte. I semi di questa pianta sono stati recuperati dall’album delle piante gestito dal Carabinieri forestali di Verona e poi sotterrati in un vivaio. Qui le piantine non hanno tardato a venir fuori e tra la primavera e l’estate 2022 saranno portate nel bosco dove troveranno la collocazione finale.
Raccontare progetti e storie così incisive e supportate dal mondo accademico è fondamentale secondo l’ideatore. “Vogliamo che il pubblico si accenda, ed è per questa ragione che abbiamo scelto di raccontare l’avventura dell’adattamento. Dando voce ai protagonisti, non solo scienziati o i tecnici, ma comunità locali che si confrontano con la situazione già critica e trova soluzioni”. Soluzioni che possano essere prese come fonte di ispirazione e replicabili non solo nel territorio nazionale. Il messaggio è lo stesso che è arrivato anche dalle migliaia di scienziati che hanno contribuito a redarre l’ultimo rapporto dell’Ipcc, dedicato all’adattamento: le soluzioni ci sono, sono disponibili, economicamente convenienti se messe in atto per ridurre il rischio. Ora è tempo di adattarsi.
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