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Affido familiare: cos’è e come funziona
A differenza dell’adozione, il cosiddetto affido familiare è una misura a carattere temporaneo. Anche coppie non sposate e single possono diventare affidatari
Il cosiddetto affido familiare è un istituto che permette a una famiglia, a una coppia o a un singolo di accogliere, per un periodo di tempo limitato, un minore italiano o straniero la cui famiglia stia attraversando un periodo di difficoltà o di crisi, tale da impedire l’accudimento del bambino o del ragazzo stesso.
Chi può diventare affidatario e come fare
A differenza di quello che accade per l’adozione nazionale e internazionale, possono fare domanda di affido temporaneo non solo le coppie sposate, ma anche conviventi (con o senza figli) e i single. La legge, inoltre, non prevede vincoli di età degli affidatari rispetto al minore: da questo punto di vista, l’unico requisito da rispettare per richiedere l’affido è la maggiore età. Gli aspiranti affidatari devono però avere a disposizione uno spazio fisico nella propria casa per accogliere un’altra persona e dimostrare adeguate capacità educative per seguire opportunamente il minore. È fondamentale, inoltre, la consapevolezza dell’importanza della famiglia di origine nella vita del bambino e la disponibilità a mantenere i rapporti al meglio, nell’ottica di reinserire l’affidato non appena possibile. Chi desidera offrire la propria disponibilità ad accogliere un bambino attraverso il cosiddetto affido familiare deve rivolgersi ai servizi sociali del proprio territorio, che, attraverso una serie di incontri e colloqui, valutano l’idoneità dei richiedenti. Se tutto va bene, gli aspiranti affidatari vengono inseriti all’interno di un apposito elenco ufficiale, in attesa dell’affidamento di un bambino.
Affido familiare: come funziona
Di solito sono i Servizi sociali che stabiliscono la necessità di affidare temporaneamente un minore a una famiglia diversa da quella di origine. In alternativa, può essere il Tribunale per i minorenni a disporre per decreto l’allontanamento del bambino dai suoi genitori o tutori. La legge prevede che si cerchi un affidatario prima tra i familiari del minore, e solo in mancanza di una soluzione praticabile si può procedere con l’affidamento a degli estranei. Se neanche questa opzione si rivela praticabile, il bambino viene affidato a una comunità di assistenza. Durante il periodo di affido familiare, il bambino rimane di norma in contatto con i suoi genitori o con la famiglia di origine. La famiglia affidataria, intanto, deve assicurare al minore il mantenimento materiale, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive, rispondendo dunque a tutte le sue esigenze materiali e psicologiche in attesa che la famiglia originaria torni ad essere in grado di assolvere ai propri compiti di accudimento e cura. Nel momento in cui il bambino torna presso i suoi genitori, gli affidatari hanno diritto a mantenere i rapporti con lui.
Affido familiare, quanto dura
Pur essendo un provvedimento temporaneo, l’affidamento familiare può avere caratteristiche diverse a seconda delle circostanze. In caso di problematiche familiari molto gravi, l’affido è a lungo termine e dura fino a due anni, ma può essere prorogato dal Tribunale per i minorenni se si ritiene che la sospensione dell’affidamento possa recare un danno al minore. In caso di difficoltà meno importanti, l’affido familiare può essere a medio termine (non oltre i 18 mesi) o a breve termine (6-8 mesi). Una forma particolare di affido familiare, attuata soprattutto a carattere preventivo, è l’affidamento a tempo parziale, che prevede che il bambino trascorra con i genitori affidatari solo alcune ore del giorno, i fine settimana, o eventualmente brevi vacanze. In questo caso, dunque, il minore non viene allontanato dalla propria casa, e l’affidatario svolge una funzione di sostegno alla famiglia di origine in difficoltà. Può succedere, quando al termine del periodo di affidamento manchino ancora le condizioni per cui il minore possa rientrare nella famiglia di origine, che un provvedimento di affido venga reiterato, diventando una situazione non più temporanea. Si parla in questo caso di affido sine die, che termina comunque al raggiungimento della maggiore età, quando il ragazzo acquisisce la facoltà giuridica di poter decidere della sua vita.
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