Un potente terremoto ha colpito nella notte tra martedì 21 e mercoledì 22 giugno le province di Paktika e Khost, nella porzione sud-orientale dell’Afghanistan, nei pressi della frontiera con il Pakistan. Il sisma – di magnitudo 5,9 sulla scala Richter, a una profondità di 10 chilometri – si è rivelato devastante ed è stato avvertito anche nella capitale Kabul, situata a circa 200 chilometri dall’epicentro.
An overnight earthquake in Afghanistan killed at least 1,000 people, say officials.
The 6.1 quake wounded 1,500 others and destroyed hundreds of homes. Officials say the death toll will likely rise and many victims are in eastern remote areas where homes are often poorly built. pic.twitter.com/4NWTCseSHA
Il bilancio del terremoto in Afghanistan rischia di aggravarsi
Sono almeno mille i morti accertati e più di 1.500 i feriti, secondo quanto riportato dalla stampa internazionale. Si tratta del terremoto più grave, in termini di vittime, degli ultimi due decenni. Per ritrovare un episodio altrettanto tragico, in Afghanistan, occorre tornare al 1998, quando nelle province di Takhar e di Badakhshan morirono circa cinquemila abitanti. “Le persone non fanno altro che scavare tombe”, ha dichiarato Mohammad Amin Huzaifa, dirigente della provincia di Pakrika. Secondo il governo afgano è probabile che il bilancio si aggravi ulteriormente nei prossimi giorni.
La conta delle vittime è infatti complessa, esattamente come i soccorsi: la regione colpita è in gran parte montuosa e non è semplice raggiungere tutte le località colpite, come confermato dal ministro delle Catastrofi naturali Mohammad Abbas Akhund. Mancano inoltre mezzi per spostare le macerie.
Le piogge torrenziali rendono difficili i soccorsi
Le autorità afgane hanno fatto inoltre sapere che circa duemila abitazioni sarebbero distrutte. Le persone colpite non hanno a disposizione tende né cibo e sulla zona si sono abbattute piogge torrenziali, con la temperatura scesa a livelli nettamente più bassi rispetto alla media stagionale e vaste zone che risultano allagate. Per questo l’Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari delle Nazioni Unite ha lanciato un appello affinché siano inviati aiuti nella zona, cominciando proprio dai ripari.
Huzaifa ha confermato la necessità di “un sostegno immediato”. Il primo paese a rispondere è stato il Pakistan, che ha inviato cibo, coperte e tende. Occorrono però anche servizi igienici di base e medicinali. La Mezzaluna rossa invierà nella regione mezzi e materiali e anche l’inviato speciale dell’Unione europea in Afghanistan, Tomas Niklasson, ha spiegato che Bruxelles “monitora la situazione ed è pronta a coordinare e fornire aiuti d’emergenza”.
Mancano acqua, cibo, tende e servizi igienici
Inoltre, una decina di medici specialisti volontari ha raggiunto l’ospedale del distretto di Urgon. Numerosi feriti sono stati trasportati in elicottero verso altri centri. Chi è rimasto sul posto, invece, deve fronteggiare anche la coda dello sciame sismico: si tratta di scosse leggere rispetto a quella devastante di mercoledì notte, ma che contribuiscono a spaventare ulteriormente la popolazione.
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