Roberta Redaelli, nel suo saggio Italy & Moda, raccoglie le voci del tessile. E invita il consumatore a fare scelte che lo spingano alla sostenibilità.
Afrika Project, il brand che vuole ampliare il significato di lingerie
Al mondo c’è ancora chi pensa che non esista lingerie da uomo. Afrika Project è determinato a fargli cambiare idea con il suo intimo etico e responsabile.
Lingerie è una termine che siamo abituati ad associare all’universo semantico femminile: ecco, l’obiettivo del brand spagnolo Afrika Project è quello di dare un senso nuovo a questa parola, dimostrando come chiunque e qualunque tipo di corpo abbia diritto a sentirsi bene con il proprio intimo, anche se è fatto all’uncinetto e quello che copre è un corpo maschile. Nel caso di Afrika Project la lingerie è infatti realizzata a mano da artigiane: l’altro obiettivo del brand è quello di rivendicare il lavoro delle tessitrici, il lavoro d’amore che fanno le madri e le nonne. “Volevamo reinventare il classico copriletto all’uncinetto che adorna il divano di famiglia e usarlo come lingerie sexy” spiegano i due fondatori, Agoney G. and Steff Adams. “Afrika è la nonna che ha sempre tessuto per amore e che ci ha aiutato a creare i primi pezzi del nostro marchio”.
Afrika Project è quello che mancava al mondo dell’abbigliamento intimo
Il marchio si concentra appunto sulla maglieria e sulla lingerie, cosa unisce questi due segmenti e in quale si identifica maggiormente?
La nostra idea è quella di trasformare un mestiere come la tessitura a mano, facendolo uscire dalla sua ortodossia tradizionale per traghettarlo nel regno del sexy. Noi ci identifichiamo con entrambe le cose, non produciamo solo lingerie all’uncinetto, ma anche maglioni, top e pantaloni. Non escludiamo in futuro anche di fare lingerie con altri tipi di materiali che non siano all’uncinetto: in questo momento siamo in una fase di sperimentazione e di verifica di quello su cui vogliamo concentrarci.
Qual è stato il punto di partenza da cui avete iniziato ad affrontare un discorso etico sulla lingerie? Cosa manca oggi secondo voi a questo specifico segmento?
Fin dall’inizio abbiamo avuto ben chiaro che volevamo un marchio che rappresentasse i nostri valori in fatto di consumo di abbigliamento. Vale a dire l’utilizzo di materiali rispettosi dell’ambiente, ma anche condizioni di lavoro eque per coloro che tessono i capi e la creazione di abiti che durino nel tempo. La lingerie di oggi spesso non è all’altezza di rappresentare o soddisfare un’ampia varietà di gruppi: questo include persone con identità di genere e orientamenti sessuali diversi, oltre a chi cerca una lingerie versatile e rispettosa dell’ambiente. L’industria tende a concentrarsi su un concetto ristretto di bellezza e, spesso, ignora la diversità dei corpi e dei desideri. Questo lascia molti consumatori senza opzioni che riflettano chi sono realmente e cosa cercano dal loro abbigliamento intimo.
La sostenibilità è anche una questione linguistica e d’immagine
Quali sono le difficoltà maggiori che avete incontrato nel proporre la vostra idea di lingerie?
In primo luogo trovare lane ecologiche rispettose degli animali tinte con tinture naturali: non è stato facile come ci aspettavamo. Il mercato dei fornitori di questi materiali è una specie di piccolo tesoro nascosto ma, dato che sempre più marchi stanno diventando sensibili all’ambiente, ci siamo man mano resi conto di quanto questo segmento stia crescendo. È bello far parte del cambiamento di un settore in questa direzione. E poi c’è quella parola: “lingerie”. Le persone spesso associano questa parola alla biancheria intima femminile: alcuni si prendono un la briga di scriverci per dirci che siamo confusi. Ci dicono che non esiste lingerie per i ragazzi: noi ricordiamo loro che la lingua è uno strumento vivo e flessibile e che è in continua evoluzione. La nostra interpretazione di “lingerie” è semplice: si tratta di indumenti sexy per chiunque voglia indossarli, indipendentemente dal genere. Non cerchiamo di imporre etichette, ma di aprire la porta a una moda genderless in un mondo in cui l’espressione individuale è fondamentale. E, perché no, ci piace pensare che stiamo aiutando ad aggiornare il significato di una parola vecchia.
Il genere e la taglia sono temi caldi quando si parla di lingerie. Come pensate di lavorare per rendere questo segmento più inclusivo?
Tutto ciò che produciamo è fatto a mano: anche se nel nostro shop online abbiamo delle taglie standard, chiediamo sempre alle nostre clienti se vogliono darci le loro misure per realizzare un capo più personalizzato: in Afrika Project tessiamo per tutti i tipi di corpi. Per noi il corpo “maschile” è infatti solo un canale di comunicazione e di bellezza per raccontare storie e, siccome è ancora oggetto di tutta una serie di preconcetti che devono essere abbattuti, utilizziamo l’immagine del nostro brand per porre l’accento e creare tensione intorno ai concetti di maschile, femminile e di abbigliamento in generale.
L’impegno politico del brand
Qual è il vostro impegno dal punto di vista della sostenibilità ambientale e sociale?
Naturalmente abbiamo un impegno politico ed etico, e non credo che si possa avviare un progetto di questa natura senza tener conto del contesto sociale in cui ci troviamo. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere quote più alte di uguaglianza e di equità nella distribuzione della ricchezza, senza un sistema di produzione sostenibile non ci può essere uguaglianza. Per questo motivo Afrika Project va oltre la moda, è anche un progetto politico che cerca di generare sia ricchezza che uguaglianza: per il nostro brand e per le persone con cui lavoriamo. Non comprendiamo il mondo della moda per com’è: per noi tutti dal produttore, al lavoratore, fino al consumatore finale devono trarre beneficio dalla filiera. Crediamo che la sfida più grande che la moda si trova ad affrontare oggi sia proprio quella di affrontare un discorso politico che metta al centro l’uguaglianza tra le persone e il rispetto per l’ambiente.
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