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Agata e la tempesta
Divertente, romantico e vagamente surreale, parliamo del nuovo film di Silvio Soldini.
Agata finisce a Cicognara, un piccolo paese padano sprofondato
nella nebbia d’inverno e nell’afa d’estate. Qui vive Romeo (il vero
fratello di Gustavo), rappresentante d’abbigliamento, che scorrazza
su e giù per la pianura a bordo della sua familiare
arancione, ama profondamente sua moglie ma non perde occasione di
tradirla. Ha un sogno: mollare tutto… Per Agata, Gustavo e Romeo,
e per i singolari personaggi che intorno a loro si raccolgono,
s’aprono le porte di una stramba famiglia tutta da scoprire e di
una vita tutta da inventare.
Silvio Soldini, note di regia: Chi è Agata. “Dopo gli
ultimi due film basati su una struttura narrativa classica, che
segue il protagonista e le sue avventure, sentivo l’esigenza di
lavorare su una storia più corale, in chiave leggera e
ironica. Infatti ‘Agata e la tempesta’ è una commedia. Come
toni e atmosfere è sicuramente imparentata con ‘Pane e
tulipani’, ma la sua coralità porta a raccontare le “cose
della vita” in termini forse più complessi e contraddittori.
E Agata, a differenza di Rosalba, non è un personaggio
ingenuo e semplice, ma una donna di una certa cultura, con un
passato emotivamente turbolento e segnato da scelte, rotture,
continui inizi; una donna, insomma, che ha superato i 40 anni, che
ha in mano la propria vita – un lavoro che le piace, una figlia
ventenne che si sta ormai allontanando da lei – colta in un momento
che diventa particolarmente tempestoso. Oltre a questo Agata porta
nel film un elemento ai limiti del surreale – le lampadine che
fulmina a causa delle proprie emozioni – che non capisce, che la
spaventa, che non riesce a padroneggiare se non alla fine, due anni
dopo, quando la sua vita sembra finalmente più serena e lei
ha imparato qualcosa”.
I personaggi.
“Senza cadere nel favolistico, rimanendo ben ancorati alla
realtà che conosciamo, l’idea del film è quella di
raccontare un universo di personaggi pieni di debolezze,
contraddizioni, dolcezze, imperfezioni, zone d’ombra, che siano
buffi e profondi allo stesso tempo, nella loro carica di
umanità. Romeo, il rappresentante di abiti che insegue il
suo strambo sogno di aprire un vivaio di trote, sogno che a poco a
poco si allarga e assume diverse sfumature; un uomo sui 35 anni
pieno d’amore per la moglie ma che regolarmente ha rapporti
sessuali con altre, è più forte di lui, non ne
può fare a meno, sa di essere fatto così e sembra
riuscire a viverlo senza colpe; un personaggio che nella sua
umanità, in modo spontaneo, riesce a coinvolgere attorno al
suo sogno due persone apparentemente molto lontane da sé e
che ‘diventano’ i suoi due fratelli: Agata, la libraia e Gustavo,
l’architetto”.
Dove è ambientata la storia.
“Genova è una città di mare arrampicata su una costa
scoscesa, piena di scorci e aperture da cui lo sguardo può
uscire verso l’azzurro – come quello di Agata. Dall’altro lato, a
costituire quasi un altro mondo, c’è la pianura dove vive
Romeo, la Pianura Padana, dove lo sguardo può spaziare per
360 gradi senza ostacoli, con le sue strade dritte, gli argini del
fiume Po, la sua atmosfera appartata e in fondo un po’ senza tempo,
dove la cultura tradizionale riesce ancora a resistere e a
coesistere con quella di importazione. Se Genova è un po’ la
realtà cittadina che tutti noi conosciamo (anche se non
rappresentata in chiave realistica), la Pianura è il luogo
sospeso dove possono avvenire altre cose, dove entrare in un’altra
dimensione – come fa Gustavo – dove dimenticare il resto del mondo
e ritrovare un senso”.
A proposito di “realismo”… Con Agata e la tempesta vorrei
continuare la mia ricerca nel territorio dell’antinaturalismo,
iniziata con ‘Pane e tulipani’ e proseguita, in chiave del tutto
diversa, con ‘Brucio nel vento’. Il lavoro sui colori, gli
ambienti, i costumi e la fotografia, va nella direzione di uno
sfasamento rispetto alla realtà. L’idea è di creare
un mondo imparentato con quello che viviamo ma al tempo stesso
più sollevato, sorretto in un certo senso dalle stesse leggi
ma più generoso, più eccessivo, più leggero
anche se, a volte, non meno doloroso. Un mondo dentro il quale
specchiarsi e dentro il quale, in fondo, aver voglia di
traslocare.
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