La digitalizzazione è il tema del 16 novembre alla Cop29 di Baku. Perché non possiamo farne a meno, anche nelle strategie climatiche.
L’agricoltura verticale come soluzione per avere più cibo e meno emissioni
In futuro sarà necessario aumentare la produzione alimentare diminuendone il costo e l’impatto ambientale. L’agricoltura verticale ha questo obiettivo.
Secondo l’Onu, entro il 2050 il mondo avrà bisogno del 60 per cento di cibo in più per sfamare i suoi abitanti. In qualche modo, l’umanità dovrà trovare un modo di aumentare la produzione alimentare globale, ma anche rendere più efficienti settori come l’allevamento e l’agricoltura. Il tutto, ovviamente, diminuendo – se non azzerando – l’impatto ambientale di queste pratiche.
Cos’è l’agricoltura verticale
Se non vi sembra una missione particolarmente facile, è perché non lo è: serviranno nuove tecnologie e innovazioni per riuscire nell’impresa. Una di queste, secondo molti studiosi, è l’agricoltura verticale, quel tipo di coltivazione indoor con cui si fanno crescere piante e ortaggi in serra, una sopra all’altra, usando delle strutture particolari simili a piloni. A renderla importante per il nostro futuro è la possibilità di consumare meno terreno e usare meno acqua, perché il vertical farming riesce a riutilizzare tutta quella non assorbita dalle piante, in un ciclo continuo. Non sono dettagli da poco: secondo una stima, questo tipo di agricoltura userebbe il 95 per cento di acqua in meno di quella tradizionale, un dato incredibile specie alla luce della siccità che sta colpendo l’Italia e buona parte del mondo. La coltivazione indoor, inoltre, permette di replicare le condizioni ideali per frutta e ortaggi lungo tutto l’anno, aumentandone la produzione, ad esempio con luci artificiali di nuova generazione in grado di diminuire del 40 per cento l’energia consumata.
Bisogna agire a livello urbano
La ricerca in questo campo è appena cominciata: per ora l’obiettivo principale è quello di abbassare i prezzi – e la varietà – dei prodotti coltivati, in modo da renderli competitivi nel mercato. Ma è questione di tempo, perché gli investimenti nel settore stanno aumentando, come dimostra il caso dell’italiana Planet farms, su cui ha recentemente puntato Renzo Rosso. L’obiettivo per il futuro è garantire una fornitura continua di verdura e fibre vegetali per il cibo “plant based”, utilizzando fattorie piccole e verticali. La particolare struttura di queste piantagioni è anche destinata a ridisegnare le mappe dell’agricoltura per come la intendiamo. Come scritto dal Daily beast, “la fattoria del futuro non è un campo in Kansas ma un magazzino con la temperatura controllata a Newark”, una città a pochi chilometri da New York City. Queste realtà si stanno infatti sviluppando a pochi passi dai principali centri urbani del mondo, posizionandosi vicine a mercati enormi e in continua espansione, che possono servire velocemente. Del resto, la maggior parte delle persone vive nelle grandi città, e in futuro questa percentuale non farà che aumentare: è proprio qui che bisogna agire.
L’agricoltura del futuro sarà fatta di una rete di stabilimenti (relativamente) piccoli e al coperto, indistinguibili da un capannone o da una fabbrica, dove le piante saranno coltivate a ciclo continuo e a pochi passi dalle metropoli, il cui approvvigionamento è il punto chiave per riuscire a sfamare un mondo sempre più popolato e complesso.
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