Agrivoltaico ai nastri di partenza, arrivano i primi impianti

L’agrivoltaico permette la coesistenza di agricoltura ed energia solare. Un segmento che potrebbe rappresentare la frontiera della produzione energetica, come dimostra l’esempio di Caviro.

Integrare due settori fondamentali per l’economia italiana come agricoltura ed energia solare. È questa la grande scommessa dell’agrivoltaico, un segmento in evoluzione che potrebbe rappresentare una nuova frontiera della produzione energetica. Dopo la pubblicazione del DM Agrivoltaico a maggio, che ha messo a disposizione 1,1 miliardi di euro del Pnrr per la costruzione di nuovi impianti, si attende entro fine anno la pubblicazione della graduatoria di chi ha partecipato al bando e riceverà i finanziamenti, in parte a fondo perduto (in misura massima del 40 per cento). Siamo quindi alla vigilia di un momento cruciale per lo sviluppo di questo settore, in grado di combinare produzione agricola ed energetica grazie alla realizzazione di pannelli sopraelevati, che non impediscono quindi le colture.

“Si tratta di strutture e tecnologie più costose rispetto al fotovoltaico tradizionale, specialmente se ci si deve attenere alle altezze minime prescritte dal bando Pnrr – spiega Rolando Roberto, vicepresidente di Italia Solare e co-coordinatore del gruppo di lavoro AgriFV e fotovoltaico nel territorio – per le quali è richiesto un investimento importante e che quindi difficilmente potrebbe decollare senza quest’intervento pubblico importante. Da questo primo round ci attendiamo un’accelerata delle sperimentazioni, con esperienze di cui beneficerà poi tutto il settore”.

Al momento, si ipotizza che il mercato si dividerà tra due filoni di sviluppo.

 

L’agrivoltaico consente di coniugare agricoltura e produzione energetica © iStock

“Prevediamo diversi impianti di taglia media, tra 1 e 5 MW – spiega Andrea Cristini, presidente di Anie Rinnovabili – realizzati da medie aziende agricole che vogliono diversificare le proprie fonti di reddito rivendendo l’energia prodotta alla rete. Questo tipo di strutture sono quelle a cui si rivolge principalmente il bando. Ci sono poi impianti di grande taglia, che vedono spesso come capofila grandi aziende alimentari o agricole sostenute da investitori. Questi soggetti generalmente cercano di utilizzare la produzione elettrica anche per alimentare tecnologie di agricoltura di precisione, come i sensori per la telemetria e la termografia, sfruttando la disponibilità di elettricità e della rete”.
Molti operatori stanno inoltre iniziando a ipotizzare accordi di filiera per una produzione semi-industriale, così da sfruttare al meglio le superfici disponibili.

Al momento, le colture più adatte all’agrivoltaico sono quelle che beneficiano dell’ombreggiatura o che non si sviluppano molto in altezza, come ortaggi, cerealicole e legumi, ma alcune prime esperienze riguardano vigneti, oliveti e mandorleti. Il riscaldamento globale, infatti, ha reso necessario proteggere le piante dall’eccessiva esposizione solare, ampliando le tipologie di piante che possono beneficiare dell’ombreggiatura dei pannelli.

Caviro apre la strada, con l’impianto avanzato più grande d’Italia

Un recente esempio in quest’ambito è quello di Caviro, cooperativa agricola di 28 soci che formano la più grande cantina d’Italia, che ha appena inaugurato, il 17 ottobre a Forlì, il più grande impianto agrivoltaico avanzato in Italia. L’impianto ha richiesto un investimento complessivo di 1,5 milioni di euro, è stato completato in un anno e copre una superficie di 1,5 ettari. Grazie a una produzione annua di 1.300.000 kWh di energia elettrica, Caviro si renderà completamente autosufficiente per i consumi energetici della sede dedicata al vino.

Caviro ha inaugurato a Forlì il più grande impianto agrivoltaico avanzato d'Italia © Caviro
Caviro ha inaugurato a Forlì il più grande impianto agrivoltaico avanzato d’Italia © Caviro

Il nuovo impianto agrivoltaico di Caviro si definisce di tipo “avanzato” perché stato progettato per la migliore inclinazione possibile dei pannelli fotovoltaici. Calibrazioni ad hoc proteggono le viti dai danni di grandine e vento e dalle gelate primaverili, senza compromettere l’irraggiamento necessario per la fotosintesi, grazie a un software che raccoglie e analizza i dati e permette ai pannelli di orientarsi per ottimizzare l’assorbimento di energia solare e garantire il giusto bilanciamento tra ombra e luce.
La riduzione dell’esposizione diretta dei filari alla luce solare consentirà inoltre di risparmiare sul fabbisogno di acqua delle piante.

“Questo progetto pilota permetterò di capire se i vantaggi energetici si abbinano a un vigneto complessivamente più sostenibile – spiega Giampaolo Bassetti, direttore generale di Caviro – dove quantità e qualità non vengano modificate, e la copertura fotovoltaica riesca a mitigare i danni dei sempre più frequenti eventi climatici estremi”.

La crescita delle viti in impianto sarà messa a confronto con quella delle piante in campo aperto, consentendo così ai ricercatori di verificarne la produttività. L’obiettivo è acquisire dati e conoscenze che potranno contribuire a migliorare la qualità, proteggere il raccolto e produrre energia pulita.

“Siamo felici di dare il via a una sperimentazione innovativa, che può essere un modello replicabile per le cantine della nostra filiera – commenta Bassetti – . L’impianto ci permetterà di identificare le varietà di viti più adatte a questo tipo di situazione, migliorando la qualità e la resa delle produzioni, oltre a incrementare l’efficienza energetica complessiva”.

Il conflitto tra agricoltura ed energia non si limita all’uso del suolo

Un approccio condiviso da Italia Solare, che ritiene che il modello agrivoltaico raggiungerà il suo sviluppo ottimale solo quando si equilibreranno l’efficienza della produzione elettrica e di quella agricola. “Non vogliamo che l’agricoltura – spiega Rolando – abbia un rapporto di sussistenza nei confronti della produzione energetica. In questo momento, i costi degli impianti agrivoltaici sperimentali sono molto alti e per sostenerli servono finanziamenti pubblici e un soggetto aggregatore, per realizzare strutture grandi. Anche per questo, è importante valutare bene i terreni e le coltivazioni più adatte, che devono avere una buona resa economica”.

“La transizione energetica – fa presente Cristini di Anie – richiede che il fotovoltaico ricopra una quota rilevante, del 30-40 per cento per 200 Giga di rinnovabili. Non possiamo pensare di non passare anche da questo segmento”.

Il fotovoltaico tradizionale, insomma, sembra ancora la strada più immediata.

 

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