Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
Al Gore torna a parlare di cambiamenti climatici. Il suo messaggio è pieno di speranza
Chi ha amato Una scomoda verità, il documentario sui cambiamenti climatici di Davis Guggenheim premiato agli Oscar del 2007, non può che accogliere con un sospiro di sollievo la nuova “interpretazione” (la quarta) in un Ted talk di Al Gore, già vicepresidente degli Stati Uniti d’America con Bill Clinton e premio Nobel per la Pace.
Chi ha amato Una scomoda verità, il documentario sui cambiamenti climatici di Davis Guggenheim premiato agli Oscar del 2007, non può che accogliere con un sospiro di sollievo la nuova “interpretazione” (la quarta) in un Ted talk di Al Gore, già vicepresidente degli Stati Uniti d’America con Bill Clinton e premio Nobel per la Pace. Registrato a Vancouver, Canada, a febbraio, Gore cerca di puntare tutto sull’ottimismo, smettendo i panni dell’uomo chiamato a lanciare allarmi “prima che sia troppo tardi” e vestendo quelli di grande statista che, dopo la conferenza sul clima di Parigi, fa il bilancio di tutto ciò che di buono è stato fatto. Al Gore è come se avesse capito, da grande leader qual è, che fosse giunto il momento di stimolare l’opinione pubblica, di dar loro una spinta a continuare nel percorso intrapreso verso uno sviluppo pienamente sostenibile, lontano dai gas serra.
3 domande sul futuro del clima
Al Gore pone tre domande sul riscaldamento globale e sul nostro futuro. La prima: dobbiamo cambiare? Ogni giorno emettiamo in atmosfera tanta energia sotto forma di CO2 quanto quella che produrrebbe l’esplosione di 400mila bombe atomiche come quella esplosa a Hiroshima, in Giappone, nel corso della Seconda guerra mondiale. Questa energia porta a un aumento di tutti i fenomeni meteorologici che si verificano sulla Terra, dagli uragani alle alluvioni. Non è un caso nemmeno che tutta questa energia abbia portato a far sì che 14 degli ultimi anni più caldi della storia siano successivi al 2001. E l’anno più caldo dell’umanità è stato quello che si è appena concluso, il 2015.
La seconda domanda è: possiamo cambiare? La risposta è sì, anzi stiamo già cambiando. Il che porta automaticamente alla terza riflessione: Quando cambieremo il corso della storia? A questa domanda, Al Gore risponde mettendoci tutta la sua passione, quella di un uomo che ha dedicato gli ultimi vent’anni della sua vita a questa battaglia, gli stessi che sono serviti a Leonardo DiCaprio per vincere l’Oscar e lanciare un messaggio sui cambiamenti climatici che è già entrato nella storia.
Wallace Stevens, uno dei più grandi poeti degli Stati Uniti del secolo scorso, ha scritto un passaggio che porto sempre con me: “Dopo l’ultimo no verrà un sì, e da quel sì dipende il futuro del mondo”. Quando coloro che volevano abolire la schiavitù hanno dato il via al loro movimento, si sono scontrati con un no dopo l’altro. Poi è arrivato un sì. Anche il voto alle donne e il movimento per i diritti delle donne hanno ricevuto un’infinità di no, fino a che non c’è stato un sì. E ancora, il movimento per i diritti civili, quello contro l’apartheid e il più recente movimento per i diritti lgbt qui negli Stati Uniti. Dopo l’ultimo no, c’è sempre stato un sì.
Quando una grande sfida morale ci mette davanti alla scelta tra cosa è giusto e cosa è sbagliato, il risultato è già scritto. Abbiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno. A coloro che dubitano ancora della nostra volontà di agire, io rispondo che questa volontà è di per sé una risorsa rinnovabile.
(Al Gore, The case for optimism on climate change, Ted talk)
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