Pena di morte, l’Alabama vuole reintrodurre le camere a gas

Dopo tre esecuzioni fallite, l’Alabama propone di sostituire le iniezioni letali con maschere a gas. La pena di morte rischia di diventare più crudele.

  • Le ultime tre esecuzioni a morte condotte in Alabama hanno attirato diverse critiche da parte dei detenuti.
  • Le iniezioni letali non sempre funzionano perché sempre più spesso gli esecutori non trovano la vena del condannato a morte.
  • L’Alabama ha proposto di aggirare il problema introducendo maschere a gas attraverso le quali sostituire l’ossigeno con l’azoto.

Nel 2023, la pena di morte diventerà un argomento di cui discutere negli Stati Uniti. Nell’anno appena concluso, lo stato dell’Alabama ha tentato di eseguire 4 condanne a morte ma solo 2 di queste hanno raggiunto il loro obiettivo mortale: due detenuti si sono “salvati”, infatti, a causa di – è proprio il caso di dirlo – esecuzioni eseguite male.

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Una camera a gas per la pena di morte a San Quentin, California © California Department of Corrections and Rehabilitation via Getty Images

La pena di morte con le iniezioni letali non funziona più

Il caso scatenante è rappresentato dall’esecuzione di Joe Nathan James, giustiziato il 28 luglio al termine di una procedura durata più di tre ore, in cui gli operatori hanno inferto al detenuto numerosi tagli al braccio prima di riuscire a trovare la vena e iniettare i farmaci per l’iniezione letale. La morte di James ha spinto i detenuti dell’Alabama rinchiusi nel braccio della morte a presentare ricorsi per bloccare le esecuzioni, sostenendo l’esistenza del rischio di una morte crudele e quindi illegale.

La morte atroce a cui è stato sottoposto James poteva ripetersi con Kenneth Eugene Smith e Alan Eugene Miller: invece le loro esecuzioni sono state interrotte per via delle stesse difficoltà nell’inserimento degli aghi (ciò succede spesso con detenuti affetti da obesità). Ma l’Alabama, invece di mettere in discussione la pena di morte, ha proposto di risolvere il problema reintroducendo le camere a gas.

A raccontare le macabre intenzioni dello stato americano è stata la giornalista Elizabeth Bruenig, il cui lavoro per The Atlantic è stato tradotto in Italia dal giornalista Alessio Marchionna. In realtà, non si tratterebbe di vere e proprie camere a gas come quelle usate fino a qualche decennio fa, quando piccole celle venivano riempite di sostanze che distruggevano gli organi dei detenuti.

La proposta odierna presa in esame dallo stato americano conservatore è quella di sostituire l’ossigeno con l’azoto, causando la morte per ipossia, condizione di carenza dell’ossigeno a livello dei tessuti dell’organismo. Ma, come spiega Bruenig, la procedura non è mai stata applicata e quindi presenta una serie di incognite circa la reazione dei condannati a morte.

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Una manifestazione contro la pena di morte a Washington © Chip Somodevilla/Getty Images

La storia delle condanne a gas negli Stati Uniti

La pena di morte attraverso il gas fu introdotta negli Stati Uniti nel 1921, quando fu considerata un’innovazione in grado di sostituire metodi più antichi e brutali, quali l’impiccagione e la sedia elettrica. Il gas “prometteva” una morte indolore e meno cruenta ma appena tre anni dopo la sua introduzione si capì che il gas riservava una morte atroce ai prigionieri: un esempio celebre, raccontato dalla giornalista, è quello di Gee Jon, la cui condanna fu eseguita l’8 febbraio 1924.

In quell’occasione, i funzionari della prigione del Nevada dove Jon era incarcerato, chiusero il condannato in una casa di pietra riconvertita per le esecuzioni. Lo spazio fu poi inondato di acido cianidrico, un gas usato per sterminare gli insetti. Jon morì dopo alcune ore tra grandi sofferenze ma nulla fermò l’utilizzo delle camere a gas, nemmeno il fatto che fossero associate alla Germania nazista. L’ultimo a essere ucciso in questo modo fu Walter LaGrand, un detenuto dell’Arizona, nel 1999: impiegò 18 minuti per morire.

I venditori di azoto non vogliono essere coinvolti

L’Alabama ha già in serbo un piano per rispondere alle critiche: non si tratta di stanze chiuse e riempite di gas ma di maschere sigillate per indurre l’ipossia in un detenuto immobilizzato. “L’azoto è economico e facilmente reperibile”, spiega la giornalista, “ma è anche estremamente pericoloso. Impiegato in un carcere, potrebbe rappresentare un rischio per il personale in caso di perdite. Nel 2022 una fuga di azoto liquido in un impianto di pollame della Georgia ha provocato sei morti e undici ricoveri”.

Di recente, un portavoce di Airgas, distributore nazionale di gas industriale che in passato ha fatto affari con l’amministrazione penitenziaria dell’Alabama, ha raccontato alla giornalista che “al di là del dibattito filosofico e intellettuale sulla pena di morte, la fornitura di azoto per le esecuzioni non è coerente con i nostri valori aziendali”. Pertanto, “Airgas non fornirà all’Alabama azoto o altri gas inerti per indurre l’ipossia ai fini dell’esecuzione umana”. A quanto pare, pochi venditori vogliono essere coinvolti direttamente nel ritorno dell’America alla camera a gas.

L’Alabama avrà bisogno di un protocollo per eseguire la prima condanna a morte per ipossia da azoto e fino a questo autunno i funzionari statali non ne avevano uno. “Ci vorrebbe una certa audacia per essere il primo stato a testare un mezzo di esecuzione sconosciuto, dopo tre esecuzioni consecutive fallite”, conclude Bruenig. La quale aggiunge che però non bisogna sottovalutare l’audacia degli amministratori di quello stato quando si tratta di mettere a morte delle persone.

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