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Il primo bilancio di sostenibilità di Alce Nero
Il documento descrive gli impatti economici, sociali ed ambientali del gruppo Alce Nero, ma anche le peculiarità del modello imprenditoriale.
Negli ultimi due anni, Alce Nero, azienda attiva dal 1978 e oggi leader nel settore dell’agricoltura biologica, ha registrato numeri da record con una crescita di fatturato del 14 per cento nel 2020 rispetto all’anno precedente e un fatturato totale nel 2021 di 76 milioni di euro. Con oltre 4 milioni di famiglie acquirenti, nell’ultimo anno Alce Nero è stata anche il primo brand in Italia per notorietà, vendendo più di 16mila tonnellate di prodotti e offrendo 334 referenze, tutte biologiche, in 53 Paesi.
Una crescita positiva avvenuta in un momento di crisi senza precedenti che ha stimolato l’azienda a riflettere su quale possa essere il proprio contributo al percorso di sviluppo sostenibile che oggi il mondo è chiamato necessariamente ad affrontare. Da queste riflessioni, dalla necessità di fare il punto e di mettere nero su bianco il proprio impegno e le sfide per il futuro, nasce il primo bilancio di sostenibilità che Alce Nero ha presentato nell’ambito della sesta edizione di Resilienze festival, a Bologna.
Cos’è la sostenibilità per Alce Nero
Il biologico è sostenibile? Questa è la domanda da cui si è partiti per presentare il primo bilancio di sostenibilità di Alce Nero durante l’evento moderato da Tommaso Perrone, giornalista e direttore di LifeGate, che ha coinvolto nel dibattito Arturo Santini, presidente di Alce Nero, Erika Marrone, direttrice qualità, ricerca & sviluppo e filiere agroalimentari, l’amministratore delegato Massimo Monti e Giovanni Dinelli, professore ordinario del dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università degli Studi di Bologna. All’evento alle Serre dei Giardini Margherita di Bologna hanno partecipato anche alcuni dei partner di valore dell’azienda come Legambiente, Slow Food, Fondazione Golinelli, Fairtrade, Fondazione Veronesi e Sant’Orsola di Bologna e Antoniano di Bologna.
Ma prima di rispondere alla domanda che ha anche dato il titolo all’evento, è necessario definire che cosa significa sostenibile per un’azienda che, come sottolineato da Arturo Santini in apertura, è nata già biologica nel 1978, quindi abbondantemente prima rispetto alle normative ufficiali che regolamentavano nel dettaglio questo tipo di agricoltura, introdotte alla fine degli anni Ottanta.
Secondo il presidente di Alce Nero, i segreti del successo sono stati sicuramente quelli di avere instaurato, sin dagli inizi, un rapporto molto stretto con gli agricoltori e di aver posto grande attenzione al concetto di vocazionalità agricola del territorio: oltre a coltivare la terra in un modo che la rispettasse, Alce Nero ha sempre coltivato relazioni con le persone e con il territorio.
Sono i tre pilastri della sostenibilità sulla quale l’azienda poggia e che sono approfonditi nel dettaglio in questo primo bilancio di sostenibilità: ambientale, sociale ed economica. Tasselli strettamente collegati l’uno con l’altro, il cui equilibrio è necessario per sostenere il processo di produzione di un’azienda virtuosa.
I concetti di multifiliera, decommodizzazione e giusto valore
Il rispetto della terra e delle materie, il non abbandono delle terre marginali, i valori della “civiltà contadina”, il coinvolgimento delle persone, l’attenzione alla salute e il contrasto all’utilizzo della chimica sono aspetti a cui Alce Nero ha sempre posto grande importanza. Questa vocazione alla sostenibilità in tutti i suoi aspetti si è concretizzata nell’impegno alla responsabilità dell’intera filiera nei confronti dell’ambiente e di coloro che scelgono i prodotti biologici del marchio.
Si va oltre il concetto di filiera, quindi, e si introduce quello di multifiliera vista come un ecosistema fatto di persone e di relazioni, unico per dimensione e varietà di prodotto, costituito da agricoltori e trasformatori biologici che sono allo stesso tempo proprietari e produttori del marchio.
Lavoriamo da tanti anni per portare sulle tavole un cibo buonissimo, che nutre in modo corretto, fatto con materie prime eccellenti e coltivate senza veleni, nel rispetto dei territori e dei nostri agricoltori. Il nostro posizionamento è premium perché tutto quello che facciamo deve essere rispettoso e sostenibile. È così da quando esistiamo e non abbiamo intenzione di mollare.
“Oggi più che mai bisogna superare l’apparente dicotomia che c’è tra l’obiettivo di redditività delle imprese e la necessità di preservare la salute (…), siamo in presenza di una salute collettiva, di un organismo superiore in cui il benessere dell’uomo, delle piante e degli animali sono profondamente interconnesse. Questa è la dimensione ambientale di Alce Nero”, ha spiegato Erika Marrone, “Poi c’è la dimensione sociale, quella del territorio e quella delle persone e per noi il concetto di multifiliera è fare sintesi tra diversità a volte anche molto profonde, non solo pedoclimatiche e territoriali, ma anche culturali”.
Accanto al concetto di multifiliera, troviamo anche quello di decommodizzazione: i prodotti Alce Nero non sono commodity – semplici beni indifferenziati – ma espressioni dei territori in cui si opera. In un mercato sempre più affollato, destinato a sfamare un numero sempre più alto di persone ed esposto a fluttuazioni speculative dei prezzi, nella sua catena produttiva, Alce Nero ridà il giusto valore alla materia prima, al cibo e ai produttori.
Come sottolineato da Massimo Monti, amministratore delegato, per Alce Nero essere biologici e sostenibili non è solo una vocazione, ma è anche una necessità: l’azienda è nata come biologica inserendosi in un contesto di mercato in cui l’agricoltore non era considerato in modo adeguato, anche da un punto di vista economico: “Il posizionamento di Alce Nero è stato definito proprio dalla necessità di creare valore economico e quindi dare valore ai soci, agli stakeholder. Negli ultimi anni, da parte del consumatore è molto cresciuto il desiderio di ricreare un rapporto più intimo con il cibo, capire chi lo ha fatto, conoscere le caratteristiche dei prodotti e dei territori dove questi sono stati fatti. Il nostro lavoro è stato ed è quello di intercettare questo bisogno e quella parte del mercato che sicuramente è ancora troppo piccola, ma esiste e sta crescendo esponenzialmente”.
Sostenibilità e innovazione
Tornando alla domanda iniziale: “Il biologico è sostenibile?”, la risposta non può prescindere dal considerare il momento storico attuale. Per Erika Marrone, in momenti di crisi e di cambiamenti sociali ed economici come quelli attuali, la paura del futuro si può superare attraverso il raggiungimento di un obiettivo di “equilibrio dinamico e durevole” che anche un’azienda deve prefissarsi – dinamico, per adattarsi ai continui mutamenti del contesto esterno; durevole, perché in grado di sopravvivere nel tempo. È proprio questo concetto di durabilità, di visione a lungo termine a rendere il biologico il migliore approccio alla sostenibilità in ambito agroalimentare.
Spesso si pensa che l’agricoltura biologica sia un ritorno al passato, ma non c’è niente di più sbagliato. L’agricoltura biologica è un’agricoltura tecnologica, c’è bisogno di conoscenze e di sperimentazione: è un guardare al futuro.
Per Dinelli, bisognerebbe iniziare a considerare l’agricoltura biologica non come un ritorno al passato, ma come una pratica estremamente innovativa che guarda al futuro: “I pesticidi hanno devastato il territorio. La chimica ci ha illuso che non avessimo più bisogno della biodiversità. L’agricoltura, invece, deve ritornare alle norme agroecologiche che si attuavano prima dell’avvento dei prodotti chimici di sintesi, deve riportate nei campi la biodiversità strutturale (con siepi e alberature nei campi) e programmata (vocazionalità, rotazioni di colture ecc.). Questo lo si può fare con l’introduzione di incentivi per la riconversione e soprattutto con l’aiuto della tecnologia che oggi ci permette di risolvere problemi correlati alla fertilizzazione, agli antiparassitari e infestanti. Così l’agricoltura biologica potrà sfamare l’intero Pianeta”.
L’innovazione è, quindi, necessaria per affrontare le sfide globali per il futuro e per rispondere alle necessità di sostenibilità ambientale, economica e sociale a lungo termine della società.
Le prospettive per il futuro
La sfida che Alce Nero si pone per il futuro è quella di coinvolgere sempre di più i propri produttori nel disegno condiviso di una visione agroindustriale italiana davvero trasformativa, sia per i produttori che per i fruitori: “La prospettiva per il futuro è quella di fare sempre meglio nei confronti degli agricoltori, meglio nei nostri stabilimenti, continuando a impegnarci ad abbattere sempre di più i consumi e le emissioni di anidride carbonica, e meglio nei nostri prodotti”, afferma il presidente, Arturo Santini.
Nelle prime pagine del bilancio di sostenibilità si legge che una delle parole chiave che contraddistingue la storia di Alce Nero è cambiamento: un percorso in divenire verso un’agricoltura pulita e rispettosa della Terra e delle persone. Ecco allora che, per un’azienda come Alce Nero, continuare a crescere non vuol dire solo fatturare di più, ma anche perseguire il proprio iniziale obiettivo di cambiamento, generando impatti positivi attraverso l’agricoltura biologica, prodotti equilibrati dal punto di vista nutrizionale e la diffusione di una reale cultura sul cibo.
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