Durante la sua carriera politica Yulia Aleshina, oggi Roman, ha difeso i diritti della comunità arcobaleno. Ha lasciato l’incarico quando il movimento lgbtqia+ è stato inserito in Russia nell’elenco delle organizzazioni estremiste.
Yulia Aleshina, 33 anni, la prima politica transgender in Russia, ha fatto marcia indietro. È tornata al sesso assegnatole alla nascita e ha chiesto “scusa al popolo russo”. L’annuncio è arrivato il 15 maggio 2024 attraverso il suo canale Telegram. Al posto della foto di quella donna bionda, con i capelli lunghi, che in molti nella repubblica siberiana dell’Altaj conoscevano, adesso sul suo profilo appare l’immagine di un uomo con la barba.
“Mi sono accorto di essere un maschio durante la Quaresima. Mia madre mi ha detto che sono stato battezzato quando avevo sette mesi. Ho sfogliato i vecchi album dei miei antenati, ho pregato per loro e questo ha contribuito a far maturare l’idea che sono un uomo”, ha scritto, aggiungendo: “Sono un patriota del mio Paese, per questo vivo in Russia. Chiedo scusa a tutto il popolo russo!”.
La transizione e l’impegno in politica
Aleshina aveva ottenuto il nuovo passaporto all’inizio di giugno 2020, dopo un percorso di transizione durato un anno e mezzo. Oggi è tornata a farsi chiamare Roman Aleshin e ha detto che la scelta della de-transizione è arrivata dopo un periodo di “angoscia spirituale” prima della seconda domenica di Pasqua. “Dopo tutto – ha aggiunto – passare da un sesso psicologico all’altro è difficile”.
Nel 2021 Aleshina era a capo della sezione regionale del partito Iniziativa civica (Grazhdanskaja initsijativa) nella repubblica dell’Altaj, diventando a tutti gli effetti la prima donna trans russa attiva in politica. L’anno scorso aveva cercato di candidarsi alla carica di governatore regionale, senza però riuscire a raccogliere il numero di firme necessarie a sostegno della sua candidatura. Sul suo canale Telegram, aveva scritto che molte persone si erano rifiutate di sostenere la sua candidatura per via del disegno di legge sul divieto assoluto di ri-assegnazione del sesso, che è all’esame della Duma di Stato ed è già stato approvato in prima lettura. Quel disegno di legge è stato poi approvato e oggi in Russia è vietata la transizione di genere, così come le modifiche al sesso indicato sui documenti.
Quando Aleshina era a capo della sezione regionale del partito Iniziativa civica, nella sua agenda politica c’era anche la difesa dei diritti lgbtqia+. “La comunità lgbt in Russia è immersa nell’oscurità – aveva dichiarato nel 2021 in un’intervista –. Il governo fa di tutto per nasconderla. Oltre ad altri obiettivi importanti, il mio impegno in politica è finalizzato ad aprire le porte alle persone transgender e agli omosessuali, per fare in modo che questa fetta della società esca dalle tenebre”.
La repressione
Aleshina ha lasciato il suo incarico politico nel 2022, dopo che è stata approvata la legge che vieta la “propaganda lgbt” anche tra gli adulti (in precedenza, in Russia la normativa vietava la cosiddetta “propaganda lgbt” solo in presenza di minori).
Il cammino repressivo intrapreso dalla Russia ha raggiunto il culmine nel 2023, quando il movimento internazionale lgbtq+ è stato dichiarato illegale ed “estremista”. Oggi le persone gay, lesbiche, queer e transgender e tutti coloro che in Russia difendono la parità di diritti per la comunità lgbtq+ rischiano fino a dieci anni di carcere.
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