Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
Alessandro Mendini, ricordo di un grande maestro del design e dell’architettura
Considerato l’ultimo maestro di una generazione insuperata della produzione creativa italiana, Alessandro Mendini, nato nel 1931, ha esercitato un’enorme influenza sulle tendenze estetiche del design anche a livello internazionale con le sue opere che spaziano dall’architettura al disegno industriale, dai pezzi unici all’arte, dalle performance agli scritti teorici. Ha diretto le riviste Modo, Casabella, Domus e Ollo, e creato gruppi
Considerato l’ultimo maestro di una generazione insuperata della produzione creativa italiana, Alessandro Mendini, nato nel 1931, ha esercitato un’enorme influenza sulle tendenze estetiche del design anche a livello internazionale con le sue opere che spaziano dall’architettura al disegno industriale, dai pezzi unici all’arte, dalle performance agli scritti teorici. Ha diretto le riviste Modo, Casabella, Domus e Ollo, e creato gruppi di design d’avanguardia, dai Radical negli anni Settanta ad Alchimia negli anni Ottanta, lavorato per i marchi più celebri del design, esprimendo il suo pensiero sul ruolo sociale e politico dei progettisti nel suo campo. Il suo lascito intellettuale è enorme: negli architetti e designer della mia generazione ma anche in quelle successive lascia un grande vuoto.
Il Groninger Museum, in Olanda, progettato venticinque anni fa da Alessandro Mendini, dal 12 ottobre 2019 al 5 maggio 2020 lo celebra con la grande mostra ‘Mondo Mendini-The world of Alessandro Mendini’.
Anni Ottanta, Domus al centro della ricerca sul design
La rivista Domus durante gli anni della direzione di Mendini è stata di fatto un punto di riferimento e un catalizzatore delle energie che animavano i protagonisti del design e dell’architettura insieme a quelle delle aziende italiane più evolute, il tutto per dar luogo a idee e progetti innovativi. In primis di Ettore Sottsass, fondatore del movimento Memphis, Alessandro Guerriero di Studio Alchimia e Andrea Branzi, primo direttore della nascente scuola di design Domus academy, intorno ai quali si concentravano decine di giovani architetti e designer appena usciti dalle università con un’entusiasmo esagerato e un desiderio di nuovo senza pari. In questo clima effervescente, dal 1979 al 1986 ho lavorato con Alessandro Mendini nella redazione di Domus, collaborando con lui a diversi progetti, dalle installazioni insieme allo Studio Alchimia come Robot sentimentale per l’azienda Mim, alla mostra Arte, moda, design al Museo di Prato. Sono stati anni di esperienze professionali intense e con un alto grado di sperimentazione. Personalmente, considero Mendini un mentore e maestro dalle grandi qualità umane, oltre che professionali.
Dalla mia prima collaborazione al suo libro Paesaggio casalingo che traccia la storia dell’azienda Alessi, alla mostra conseguente che fu realizzata alla Triennale di Milano che illustrava la storia emblematica degli oggetti casalinghi in metallo, il lavoro con lui su questo tema si è sviluppato negli anni Ottanta con una serie di progetti. Tra questi, Tea&coffee piazza che ha coinvolto noti architetti internazionali come Paolo Portoghesi, Arata Isozaki, Michael Graves, Charles Jencks, Aldo Rossi e Richard Meier sul redesign di un servizio da tè e caffè, simbolo della ritualità borghese, da interpretare in chiave contemporanea, ma anche studi e ricerche come la Ricerca sul decoro, una prima mappatura della decorazione degli ambienti quotidiani e dei materiali artificiali promossa dall’Editoriale Domus e dalle aziende Abet Laminati, Fiat, Zanotta e Alessi.
Etica e responsabilità alla base del lavoro del designer
Per Mendini erano chiare le implicazioni etiche e sociali della professione di architetto e designer. “Si dovrebbe cercare di fare nella maniera più esatta e più profonda possibile la scelta del proprio modo di operare secondo le proprie specifiche capacità – afferma nell’intervista che ho realizzato per la rivista Collectible Dry (volume 2 del 2016) –. E l’etica dovrebbe essere alla base della nostra professione. Io direi a giovani o vecchi, a chiunque, oggi di non fare gli arrivisti, ma cercare di fare nella maniera più esatta e più profonda possibile questa scelta”.
La professione del designer si basa su un impegno etico e un approccio olistico. A questo proposito, in una video intervista realizzata in occasione della mostra The Italian way of seating (il modo italiano di sedersi) a Sydney, in Australia, da me curata insieme a Maria Clelia Mazzanti nel 2009, Mendini dice: “Zygmunt Bauman ci parla oggi di ‘società liquida’, di una società dove le professioni si mescolano fra di loro, si intrecciano, perdono la loro identità storica diventando ‘infra-professioni’ prive di identità visibile; un fatto sicuramente enfatizzato dal nostro continuo riferirci al mondo virtuale. Questo fatto può essere da alcuni considerato positivo, da altri negativo. Dal mio punto di vista la perdita di solidità concettuale delle professioni è un fatto negativo. Viene infatti meno il senso della responsabilità: quando tutto fluisce e nulla si ferma, la responsabilità decade. Forse un possibile spazio per un momento di nuovo impegno lo si trova allora in un approccio olistico al progetto e alla sfera della propria socialità. Nel senso che, in un mondo di guerra, di violenza e di generale cattiveria, le professioni devono ritrovare il bisogno di essere morali. E questo sia sotto il profilo dei contenuti che del modo con il quale svolgere la propria professione”.
La poltrona di Proust, un’icona del design
Insieme al cavatappi Anna G prodotto da Alessi, divenuto un oggetto-personaggio della storia del design, la poltrona di Proust – una poltrona classica in stile barocco dipinta come un quadro puntinista – è l’oggetto di Mendini più celebre e celebrato. Ha avuto, al suo apparire, un tale successo mediatico da proiettare Mendini, allora appena nominato direttore di Domus, sulla scena internazionale come artista, architetto e designer.
“Ci incontrammo nel 1978, quando con Alessandro Guerriero di Alchimia, Mendini venne nel mio studio”, Prospero Rasulo, l’artista-designer che la dipinse, racconta la sua genesi. “Facemmo prove di decoro con il mio ‘episcopio’ (un ingranditore particolare che in pochi avevano all’epoca, ndr) proiettando sulla poltrona quadri impressionisti di Signac e Seurat per ottenere uno ‘spiazzamento percettivo’, dal formidabile effetto visivo provocato dal segno puntinista. La dipinsi così e il risultato che ottenemmo era proprio eccezionale”. Questa prima poltrona di Proust fu presentata alla Biennale di Venezia nella mostra Stanza del XX secolo a firma di Mendini con la collaborazione di Rasulo e Pierantonio Volpini. Riprodotta successivamente in numerosi esemplari, circa ottanta dipinti a mano, con la supervisione di Atelier Mendini, fu anche realizzata negli anni successivi in tessuto dall’azienda Cappellini e in plastica da Magis.
La casa, luogo di indagine infinito
Mendini ha scritto, analizzato e progettato intorno al tema della casa durante tutta la sua lunga vita professionale. Un episodio poco conosciuto rivela quanto intima, fragile, delicata, profonda e complessa fosse la sua relazione con la casa, la sua, luogo di memoria di una vita, costituita dalle progressive stratificazioni di oggetti, segni, ricordi, presenze.
A Giacomo Giannini, autore e interprete immaginifico del reale più che fotografo in senso tradizionale del termine, noto per il suo particolare approccio sperimentale ai linguaggi visivi, Mendini chiese di produrre una serie di immagini della casa. Da questo incontro nacque un progetto unico e speciale, frutto di un dialogo privato tra i due: Giannini soggiornò in tempi diversi, da solo o con la famiglia, nella casa di Mendini per viverla nella quotidianità, esplorarla nel profondo e conoscerla in modo intimo in tutti i suoi aspetti più segreti. L’obiettivo era quello di catturare e fissare nelle immagini l’essenza dell’architettura abitata e vissuta, andando oltre alla dimensione del classico reportage fotografico.
Disegni, stilemi e mostri
Mendini amava disegnare senza sosta: sono famose le sue mappe “scritte”, diventate icone e copiate da molti, e i suoi “stilemi“, veri e propri segni ricorrenti diventati identificativi e distintivi del modo di rappresentazione dell’autore. Con lo Studio Alchimia creò un abaco di stilemi decorativi applicato in versioni differenti ai suoi prodotti di design, soggetti dei suoi dipinti, presenti nelle facciate e negli elementi decorativi delle sue architetture.
Nel 2015 fece una collezione di disegni di mostri, 26 in totale. “Ho fatto tanti progetti, di tutti i tipi, grandi, piccoli, industriali, pezzi unici, forme, arte e ogni tanto ho degli incubi su tante cose che ho fatto. Ritengo di aver fatto anche parecchi errori,” così rispose quando gli chiesi, nell’intervista prima citata, se tra i suoi progetti ci fosse qualcosa che non avrebbe voluto fare o che non gli era piaciuto. “Faccio i conti con i miei incubi! E forse per questo mi piace disegnare mostri”.
La mostra ‘Mondo Mendini’ al Groninger Museum
In occasione del suo venticinquesimo anniversario e in onore del suo progettista Alessandro Mendini, il Groninger Museum presenta la mostra ‘Mondo Mendini-The World of Alessandro Mendini’, concepita dallo stesso Mendini a cui il museo aveva dato carta bianca per raccontarsi. Una sorta di testamento intellettuale da cui emerge la grande forza creativa espressa durante tutta la sua storia professionale. In scena non soltanto i suoi lavori, ma anche quelli degli artisti con cui egli sentiva una affinità elettiva, per un totale di oltre 200 oggetti e opere: da Paul Signac a Wassily Kandinsky, da Henri Matisse a Oskar Schlemmer, i progetti architettonici di Theo van Doesburg e Gerrit Rietveld, gli oggetti ideati da designer italiani come Gio Ponti, Michele De Lucchi e Gaetano Pesce, e i recenti dipinti dell’artista americano Peter Halley.
Spettacolare l’allestimento della mostra con opere scultoree di grandi dimensioni nello scenario altrettanto suggestivo del museo, inaugurato nel 1984, un’architettura che Mendini aveva concepito insieme ad altri autori –Michele De Lucchi, Philippe Starck, Coop Himmelblau invitati a contribuire ad alcune parti dell’edificio.
Mostra ‘Mondo Mendini’, Groninger Museum, Groningen, Olanda. Dal 12 ottobre 2019 al 5 maggio 2020. Biglietto 15 €, studenti 10 €
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