Il progetto LIFE New4Cartridges, coordinato da Eco Store, si concentra sul mercato delle cartucce d’inchiostro per dare vita a un approccio sostenibile.
Plastica seconda vita, un’opportunità per l’ambiente e per l’economia
Ecodesign e ricerca trasformano un problema in risorsa. Intervista ad Alessandro Trentini di Idea Plast, azienda leader nel settore plastica seconda vita.
Alessandro Trentini ha fondato Idea Plast alla fine degli anni ’80. Un’azienda nata come studio tecnico di supporto alle imprese dell’hinterland milanese nello stampaggio di materie plastiche e nella realizzazione di stampi, che nel tempo si è trasformata in una delle realtà italiane leader nel settore plastica seconda vita. Siamo circondati da oggetti realizzati con questo materiale, rimarca l’intervistato, e un uso consapevole della plastica è più che mai necessario. Ecco perché, anche attraverso un centro interno di ricerca e sviluppo, l’azienda si concentra su nuove soluzioni in grado di preservare l’ambiente e di ridurre il consumo di risorse, mettendo il proprio know-how a disposizione di imprese ed enti pubblici.
Idea Plast nasce nel 1988 ed è oggi fra le realtà leader nel settore plastica seconda vita. Come si è evoluto negli anni il lavoro dell’azienda?
Siamo nati nel 1988 come studio di ingegneria per la progettazione di manufatti plastici per conto di diverse aziende. I primi anni sono stati fondamentali perché ci hanno consentito di conoscere a fondo le proprietà delle materie plastiche. E, in fondo, abbiamo coltivato sin da subito il seme della sostenibilità: facevamo ecodesign quando questo termine ancora non era di uso comune. Poi, nel tempo, abbiamo proseguito lungo questo percorso che ormai si sviluppa in ambiti diversi: dal settore dell’arredo urbano a quello delle aree giochi per bambini, fino ai dispenser per prodotti sfusi che consentono di ridurre il packaging e lo spreco alimentare. Inoltre da alcuni anni abbiamo fatto uno step successivo, mettendo a disposizione dei nostri clienti un vero e proprio centro di ricerca e sviluppo.
La transizione ecologica passa necessariamente attraverso l’applicazione di soluzioni innovative: come opera il vostro centro di ricerca e sviluppo in un’ottica di continua innovazione?
Alla base del nostro lavoro c’è la filosofia green delle quattro “r”: riduzione, recupero, riciclo e riutilizzo. Noi ne abbiamo aggiunta una quinta, che è appunto la ricerca, sulla quale investiamo circa il 15 per cento del nostro fatturato. Si tratta di un aspetto fondamentale per cercare nuovi sbocchi di mercato per la plastica seconda vita, ed è stato ancora più importante aver messo questo centro a disposizione delle realtà con le quali ci interfacciamo quotidianamente.
Realtà che ormai sono decisamente variegate.
Lavoriamo con aziende che non sanno dove collocare i propri scarti di produzione, con la grande distribuzione per delle cassette smart e con imprese calzaturiere, dai cui scarti abbiamo creato una suola che aiuta gli allevatori a curare la zoppia bovina. In collaborazione con il consorzio Ecopneus che si occupa degli pneumatici usati, abbiamo inoltre dato vita al progetto Tyreplast, che sfrutta le caratteristiche del polverino di gomma per rendere alcune tipologie di materie plastiche più performanti nell’assorbire le vibrazioni e il rumore.
Quanto è importante concepire un prodotto in chiave green sin dalla sua nascita?
Noi siamo prima di tutto progettisti e realizzatori di attrezzature. Laddove a guidare il percorso è l’ecodesign, frutto di una progettazione consapevole e mirata al fine vita del prodotto, ogni problema legato alla gestione della plastica viene risolto alla radice. Ciò avviene, ad esempio, nel caso delle cassette che produciamo per conto della grande distribuzione: seguiamo tutta la filiera circolare, occupandoci della produzione di cassette nuove a monte e del loro riciclo a valle.
Negli ultimi anni il tema dell’inquinamento legato alla plastica è diventato centrale nel dibattito politico. Ma a suo avviso il concetto di plastic free non è attinente con la realtà: ci spiega meglio?
Abbiamo aperto gli occhi in ritardo su questo tema, perché per tanti anni l’uso massivo della plastica è andato di pari passo con la civiltà dell’usa e getta. Ora abbiamo capito che le isole di plastica nell’oceano non sono un’invenzione, ma una drammatica realtà. Il concetto di plastic free è però impraticabile: basta guardarsi intorno per capire che è impossibile rinunciare alla gran parte degli oggetti che ci circondano, che sono fatti appunto di plastica; nel pieno dell’emergenza legata alla pandemia, per esempio, la plastica è stata in qualche modo rivalutata perché sono emerse le sue molteplici applicazioni in ambito sanitario. Serve un utilizzo consapevole di questo materiale che, tengo a precisarlo anche se dovrebbe essere scontato, non nasce nei boschi o nei mari, ma ci finisce perché qualcuno l’ha smaltito in maniera scorretta.
E qui gioca un ruolo centrale l’educazione.
Esattamente. Bisogna lavorare a un sistema culturale che formi le persone partendo dai più giovani, come facciamo noi organizzando incontri all’interno della nostra azienda. E al contempo è necessario un maggiore supporto da parte del decisore politico, attraverso misure che premino chi utilizza prodotti in plastica seconda vita. Da questo punto di vista in Italia ci siamo mossi tardi, anche se ultimamente sono arrivati dei primi segnali positivi sotto forma di incentivi e di crediti d’imposta.
Alessandro Trentini, nei giorni scorsi siete stati presenti al Fuori Salone con il claim “Lo scarto che fa la differenza”. Che tipo di messaggio avete voluto veicolare?
Abbiamo incontrato moltissime persone registrando un grande interesse su queste tematiche. Il nostro messaggio è che va promosso un utilizzo della plastica consapevole: se non possiamo stravolgere il mondo che ci circonda, di certo possiamo utilizzare questo materiale in maniera intelligente. Con la valorizzazione degli scarti, oltretutto, si creano imprese e posti di lavoro a vantaggio dell’economia. La Germania ha intrapreso questa strada da tempo e finalmente anche l’Italia sta iniziando ad allinearsi: non tanto, sia chiaro, sul tema della raccolta differenziata, quanto su cosa fare con questo rifiuto una volta che viene recuperato. Nel prossimo futuro, oltretutto, il riciclo chimico e quello molecolare si affiancheranno sempre di più al tradizionale riciclo meccanico. Di conseguenza, aumenterà in maniera esponenziale la possibilità di creare nuove linee di prodotti che derivano dalla trasformazione di un rifiuto.
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