La campagna Vote for animals, promossa da Lav e altre organizzazioni, mira a far assumere a candidati e partiti un impegno maggiore sul tema dei diritti animali.
Allevamenti, l’etichetta che inganna i consumatori e tradisce il benessere animale
La nuova proposta per un’etichetta nazionale per il benessere animale è un inganno per i consumatori. La denuncia di 14 organizzazioni.
In un momento così delicato e cruciale per il futuro di tutti, la transizione a modelli sostenibili e più rispettosi del benessere animale potrebbe essere spazzata con un colpo di spugna, o sarebbe meglio dire, con un colpo di etichetta. Giovedì 17, il ministero della Salute e quello delle Politiche agricole, in collaborazione con Accredia, hanno presentato il loro progetto di etichettatura nazionale per il benessere animale, che costituisce un vero e proprio inganno per i cittadini, destinati a venire manipolati da un’etichetta che, beneficiando dei fondi pubblici Pac e Pnrr, verrebbe apposta su prodotti ottenuti con condizioni che migliorerebbero poco o niente il benessere animale, a scapito di onestà e trasparenza.
La nuova etichetta è un inganno per i consumatori
Questo sistema, infatti, invece di incentivare un innalzamento della qualità, tradisce qualunque aspirazione di trasparenza e verità nei confronti dei consumatori e andrà a discapito di animali, cittadini, aziende intenzionate a portare avanti politiche serie su questi temi, e ambiente.
Animal Equality e altre 13 organizzazioni della società civile hanno chiesto con forza e urgenza ai ministri Stefano Patuanelli e Roberto Speranza di far proprie le modifiche segnalate per impedire che l’intera operazione si traduca in un clamoroso esempio di #BugieInEtichetta.
Il tema principale è che per informare correttamente i consumatori e per incentivare una transizione vera ci sono alcuni punti essenziali e imprescindibili:
- L’introduzione di almeno cinque livelli diversificati per ogni specie chiaramente visibili in etichetta;
- La cancellazione dei riferimenti alla diminuzione delle emissioni di gas serra nella definizione di benessere animale – azione importante e necessaria ma del tutto scollegata da questa certificazione;
- La considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale.
Ci vuole più trasparenza nell’etichetta
Senza queste modifiche – che fino ad ora non sono state recepite – etichettare con il claim “benessere animale” i prodotti sarà un mero atto di inganno nei confronti dei consumatori, degli allevatori che già hanno avviato una transizione e dei veterinari che vedranno mortificata ogni loro reale competenza per accrescere il benessere degli animali.
“Si tratta di un vero e proprio autogol anche in termini di marketing, che lascerebbe il made in Italy sulla strada del vecchio modello di produzione ai danni di animali, ambiente e clima, svalutando completamente gli impegni già presi da produttori e aziende che stanno realmente lavorando su politiche di miglioramento del benessere animale, favorendo invece chi lavora ai margini degli standard minimi di legge, creando una sorta di concorrenza sleale e una comunicazione istituzionale molto fuorviante per i consumatori“, dichiarano le associazioni che aderiscono alla coalizione contro le #BugieInEtichetta (ovvero Animalisti italiani, Animal law italia, Animal Equality, Ciwf, Confconsumatori, Enpa, Essere Animali, Greenpeace, Lav, Leidaa, Legambiente, Oipa, The good lobby, Wwf Italia).
Tuttavia, le voci della società civile e di chi ha proposto dei miglioramenti reali al decreto sono rimaste, fino ad ora, totalmente inascoltate. Eppure, dalla crisi in corso e dal costante e sempre più evidente problema degli allevamenti intensivi non si può pensare di uscire con l’inganno, ma solo con un serio lavoro di trasparenza e correttezza.
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