Grazie al lavoro congiunto di Animal Equality e altre due associazioni animaliste, la vicenda riguardante l’azienda Amadori si conclude con un risultato importantissimo, che mette finalmente sotto i riflettori della giustizia i reati che ogni giorno si compiono nei confronti degli animali all’interno di moltissimi allevamenti intensivi.
Gli allevamenti intensivi di polli sono crudeli per gli animali e pericolosi per la salute umana
La nuova indagine di Essere Animali negli allevamenti fornitori del principale produttore italiano di carne avicola documenta violenze, maltrattamenti e sofferenze croniche.
Un infiltrato di Essere Animali ha lavorato per un mese in una grande azienda del Piemonte proprietaria di diverse strutture e fornitore del noto marchio Aia, documentando l’intero ciclo di allevamento del pollo: dal momento in cui i pulcini giungono dall’incubatoio all’allevamento, fino al momento del carico per il trasporto al macello. Quella dei polli è una breve vita fatta di continue sofferenze, una conseguenza delle criticità tipiche dell’allevamento intensivo, ormai considerato anche dalla comunità scientifica un serio rischio per la salute pubblica, sia per la diffusione dei virus che per il massiccio utilizzo di antibiotici.
Le crudele condizioni in cui vengono allevati i polli
Anche i polli – dalle statistiche Istat risultano gli animali più macellati in Italia per un totale di 512 milioni nel solo 2019 – sono stati selezionati negli anni per avere un ritmo di crescita elevatissimo. Ad oggi raggiungono il peso di abbattimento di circa 3 chili in sole sei settimane e ingrassano quattro volte più velocemente rispetto a 50 anni fa. La crescita innaturale del petto – dovuta alla selezione genetica – è associata negli animali a problemi cardiovascolari, respiratori e di locomozione. Mentre la muscolatura dei polli cresce in modo rapido, non avviene altrettanto per cuore, polmoni e le zampe che, incapaci di sostenere l’intero peso dell’animale, spesso cedono e arrecano al pollo ulteriore sofferenza. In questa indagine sono infatti molti i casi di polli riversi sulla schiena e incapaci di reggersi sulle zampe.
Si tratta di animali allevati in capannoni che possono contenere fino a 30mila polli, addirittura 20 per metro quadrato, e senza alcuna possibilità di accedere all’aperto. Sono costretti a dividere il poco spazio con altre decine di migliaia di simili, privati di ogni bisogno etologico specie-specifico e a trascorrere tutta la permanenza all’interno dell’allevamento tra i propri escrementi, in pessime condizioni igieniche. Sono aspetti tipici dell’allevamento intensivo, che riserva agli animali una sofferenza costante e stress continuo.
Le criticità riscontrate nell’indagine
Le riprese realizzate dall’infiltrato del team investigativo sono state diffuse anche dal Tg1 in prima serata e hanno portato alla luce molteplici situazioni di violenza, maltrattamenti e di sofferenze croniche. L’indagine, che riporta l’intero ciclo del pollo, mostra i pulcini giungere all’allevamento ad un solo giorno di vita.
All’arrivo, sono scaricati con modalità violente e gettati a terra da un’altezza di oltre un metro, al punto che diversi di loro muoiono nell’impatto con il terreno o per le ferite riportate. È soltanto l’inizio delle crudeltà a loro riservate. Le immagini mostrano, nel tempo, polli abbandonati a loro stessi e lasciati morire agonizzando. Molti vengono soppressi addirittura dopo ore di sofferenza o gettati ancora vivi nel contenitore di raccolta dei cadaveri. Una tendenza che non cambia neppure quando per gli animali arriva il momento del trasporto per raggiungere il macello. In questo caso i polli vengono caricati di notte, al buio – una pratica che tende ad evitare che si spaventino ulteriormente ma chiaramente pericolosa anche per gli stessi operatori – e trattati con violenza. Molti vengono infatti raggruppati a calci e lanciati senza alcuna premura da operatori che non hanno neppure ricevuto la dovuta formazione per affrontare queste delicate operazioni.
Queste molteplici irregolarità hanno portato l’organizzazione a presentare denuncia nei confronti dei responsabili per presunti reati di maltrattamento e abbandono di animali.
Ma oltre a svelare le crudeltà messe in atto dagli operatori di alcuni allevamenti, l’indagine mette in luce la realtà in cui sono allevati i polli nei sistemi intensivi, che coprono il 99 per cento della produzione della carne avicola italiana.
Si tratta di pessime condizioni che possono portare gravi rischi anche per la salute umana.
La correlazione tra gli allevamenti intensivi e le malattie
Il sovraffollamento di migliaia di animali selezionati geneticamente, e quindi pressoché identici, viene considerato dalla comunità scientifica un serio rischio per la salute pubblica. Un virus si diffonde infatti più facilmente in una popolazione di animali con una base genetica limitata, perché non incontra resistenza sotto forma di varianti genetiche. Ne è prova l’influenza aviaria già verificatasi in passato.
È ormai sempre più urgente una riforma delle leggi di protezione degli animali in direzione della fine degli allevamenti intensivi.
Mass production and intensive farming are the norm worldwide. According to an analysis by the Sentience Institute, 99% of animals on farms in the U.S. live on factory farms: https://t.co/m2xp20Br6l
— PETA (@peta) June 16, 2020
Ma la selezione genetica e il sovraffollamento non facilitano soltanto la diffusione di virus pericolosi per gli esseri umani. Infatti rende necessario un utilizzo massiccio di antibiotici per contrastare le malattie che proliferano con facilità in queste strutture e per garantire la sopravvivenza del maggior numero di animali. Si tratta di un vero e proprio abuso dell’utilizzo di antibiotici, che sarà vietato nell’Unione europea a partire dal gennaio 2022. Un aspetto considerato tra le principali cause del fenomeno dell’antibiotico resistenza, ovvero la capacità di alcuni batteri di sopravvivere e moltiplicarsi nonostante la presenza di uno o più antibiotici.
Nonostante ciò, ad oggi. l’Italia – secondo l’ultimo report Ema-Esvac (European medicines agency – European surveillance of veterinary antimicrobial consumption) – occupa il secondo posto tra i paesi dell’Unione europea per utilizzo di antibiotici in zootecnia. Ovvero circa il 70 per cento di quelli venduti sono destinati agli animali negli allevamenti.
È sempre più urgente trovare un rimedio
Come Essere Animali ha dimostrato con il report “2010-2019 Dieci anni di zootecnia in Italia”, in cui ha messo a fuoco come sono cambiate le abitudini e le tendenze nel nostro paese in merito al consumo di carne e altri derivati animali, la carne di pollo è quella maggiormente consumata dagli italiani. Spesso in sostituzione alla carne rossa, ma proviene comunque da allevamenti intensivi che possono costituire un serio pericolo per la comunità, oltre che essere fonte di innumerevoli sofferenze per gli animali.
Occorre rivoluzionare le nostre abitudini – ogni persona può essere parte del cambiamento e indirizzarsi verso consumi più etici e sostenibili – e cambiare il nostro sistema alimentare. È ormai sempre più urgente una riforma delle leggi di protezione degli animali in direzione della fine degli allevamenti intensivi, per favorire la transizione verso un’alimentazione vegetale, più sana e sostenibile per l’ambiente.
La #pandemia ha aperto gli occhi a tanti sull’esigenza di creare condizioni migliori per gli #animali e cambiare il nostro rapporto con loro, le 2 cose sono molto collegate. In #Europa ci stiamo facendo sentire e dei primi passi in avanti già si vedono.https://t.co/VcInesKqm2
— Essere Animali (@EssereAnimali) June 16, 2020
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Un investigatore di Essere Animali ha lavorato sotto copertura nelle operazioni di carico dei polli. Il reportage mostra le condizioni e le sofferenze degli animali e lo sfruttamento degli operai all’interno della filiera zootecnica.
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