La nuova etichettatura per i prodotti di origine animale potrebbe essere un’operazione di greenwashing che andrebbe a rafforzare gli allevamenti intensivi.
Il terribile allevamento di maiali di Brescia provoca ancora sofferenza
Agonizzanti, feriti, senza cibo e acqua. Queste sono ancora le condizioni dei maiali dell’allevamento di Brescia già denunciato dal team di Animal Equality.
L’orrore che alcune inchieste portano alla luce è un pugno allo stomaco. È il caso di un’investigazione pluriennale condotta all’interno di un allevamento intensivo di maiali nella provincia di Brescia che Animal Equality ha ripetutamente denunciato. Dopo aver messo a nudo la condizione di totale degrado dello stabilimento e l’estrema sofferenza di maialini e scrofe al suo interno tra 2019 e 2020 con un servizio al Tg2, il team investigativo di Animal Equality è tornato nell’allevamento nel 2022 rivelando immagini sconvolgenti che mostrano la grave condizione di sfruttamento ancora in corso.
La gravissima situazione dei maiali in gabbia
Se la prima inchiesta aveva messo in evidenza le violenze da parte degli operatori nei confronti degli animali allevati, tra maltrattamenti, mutilazioni illegali senza anestesia dei maialini e uccisioni violente dei maiali, la nuova investigazione all’interno dello stesso allevamento ha permesso di riscontrare ulteriori, sconcertanti problematiche.
Oltre agli animali reclusi in pessime condizioni igieniche circondati da sporcizia, scarafaggi, ruggine e liquami, il team investigativo ha trovato maialini agonizzanti, incapaci di muoversi e senza accesso ad acqua e cibo, ma lasciati abbandonati tra feci e urine sul pavimento. All’interno delle gabbie parto in cui le scrofe sono tenute prigioniere, inoltre, è stato fatto forse il ritrovamento più doloroso: insieme a contenitori e secchi ricolmi di placenta, teste di suinetto in putrefazione, corpi dilaniati e suinetti mummificati, erano stati abbandonati anche cadaveri di cuccioli appena nati.
Tutto questo provoca nei maiali allevati grande sofferenza psicologica accanto a quella fisica dovuta alle scarse cure ricevute e riscontrata ad esempio su animali con piaghe e ferite diffuse su tutto il corpo. Quello che gli investigatori hanno documentato, inoltre, è in grave contrasto con la normativa vigente, che prevede, tra l’altro, uno smaltimento corretto degli animali morti.
A causa delle stesse gabbie in cui sono costrette, che impediscono i movimenti più semplici e spontanei, le madri non riescono di fatto a prendersi cura dei propri cuccioli. Ma anche per i loro piccoli queste gabbie sono pericolose: i nostri investigatori hanno assistito allo strazio di un maialino con la zampa incastrata nel pavimento e per questo incapace di raggiungere la madre e nutrirsi, esempio di come le gabbie parto utilizzate non permettano di garantire l’incolumità dei suinetti.
In questo luogo macabro, le brutte sorprese non sono però finite. In alcuni box e nell’area dedicata all’ingrasso sono stati ritrovati infatti diversi maiali abbandonati con paralisi delle zampe posteriori, anch’esse non curate. Nell’osservare gli animali malati è per altro emersa la presenza di codici riconducibili ai consorzi per la produzione di carne suina a marchio Dop, segno che l’azienda rifornisce anche quei consorzi simbolo della cosiddetta “eccellenza del Made in Italy”, ma che di eccellente sembra non avere proprio nulla.
Di fronte all’estremo degrado ancora una volta riscontrato, Animal Equality non smetterà di chiedere un intervento incisivo e risolutivo da parte delle autorità per fermare una situazione di intollerabile sofferenza e degrado nei confronti degli animali sfruttati per la loro carne.
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