L’ultimo bilancio di sostenibilità di Gruppo CAP, Sorgente di connessioni, ricorda l’importanza di fare rete per rendere concreta la transizione ecologica.
Alpi. Il serbatoio d’acqua d’Europa
Sono il bacino d’acqua dolce più importante d’Europa. Dalle loro cime scorre una risorsa che ha plasmato tutto il continente.
1200 chilometri di catena montuosa, da Nizza a Vienna. 30 mila specie animali, 13 mila quelle vegetali. Uno degli ambienti più ricchi del pianeta e la riserva d’acqua dolce dell’Europa.
Ecco cosa sono le Alpi. Un patrimonio unico al mondo dall’antichissima storia geologica. Lo racconta il dossier del Wwf “Alpi. Tetto d’Europa al sicuro”, un corposo volume, al quale ha partecipato anche il climatologo Luca Mercalli, che cerca di spiegare la profonda interconnessione dell’ecoregione alpina con tutta l’Europa.
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“Il bacino del Po, che raggiunge le coste dell’Adriatico, prende vita dalle catene alpine, i castelli incantati della Valle del Reno in Germania si specchiano su un fiume che nasce proprio nella catena alpina, così come le industrie della Ruhr in Germania si alimentano grazie alle sorgenti alpine distanti quasi mille chilometri”, scrive il Wwf. “E ancora il fiume Rodano che attraversa la Svizzera e poi la Francia, ha visto nascere nei secoli città importanti come Losanna, Ginevra, Lione e sfocia nel Mediterraneo dando vita alla Camargue, l’immenso delta fluviale tra i più importanti al mondo”.
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Un’intera civiltà legata all’acqua dolce racchiusa e letteralmente congelata per secoli nei ghiacciai alpini. Ghiacciai che ormai vanno sciogliendosi – ne abbiamo perso ormai la metà. “La superficie persa, o meglio disciolta, è uguale come superficie a quella del Lago di Como”, racconta il professor Smiraglia, dell’Università degli Studi di Milano.
Ma questo scrigno è oggi in pericolo. Il Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) conferma che: “Appena il 11% della lunghezza dei fiumi alpini ‐ circa 900 chilometri in tutto l’arco alpino ‐ non è stata irrimediabilmente degradata dall’uomo, e può considerarsi ancora in condizioni di naturalità”.
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“Siamo messi di fronte al fatto che solo l’11% dei fiumi alpini è ancora ecologicamente intatto. Si tratta per lo più di piccoli corsi d’acqua, per la maggior parte minacciati dallo sviluppo di piccoli impianti idroelettrici”, spiega Christoph Litschauer, a capo del Programma Acque del Wwf European Alpine Programme. “Quello che serve è costruire un dibattito qualificato, a livello panalpino, che chiarisca quali habitat vogliamo preservare in futuro. Questo significa che dobbiamo stabilire quali fiumi proteggere prima che gli effetti cumulativi dello sfruttamento idroelettrico e dei cambiamenti climatici creino impatti tali da essere disastrosi”.
C’è bisogno che tutti, cittadini e amministratori, diventino più consapevoli di un privilegio che per troppo tempo abbiamo dato per scontato. E che oggi è un po’ più in pericolo.
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