L’Italia produce metà del riso europeo, soprattutto in pianura Padana. La salinizzazione dovuta alla siccità sta facendo danni, ma oggi c’è una soluzione.
Cibo, l’alternativa sostenibile e a chilometri zero. Nata nel lockdown
Nei mesi del lockdown primaverile si è imposto dal basso un nuovo modello di distribuzione del cibo. Creare un’economia di prossimità è possibile.
Yas è proprietario di un ristorante nel centro di Brescia, nel quartiere multietnico del Carmine. Durante il lockdown primaverile ha abbassato, come tutti i ristoratori, la saracinesca. Prima di migrare verso l’Italia Yas ha vissuto la prima intifada, la rivolta nella Palestina degli anni Ottanta. E ricordava come in quel periodo venissero portati i pacchi di viveri nelle case dei più indigenti. Così Yas ha iniziato a far arrivare la spesa a casa dei suoi dipendenti, che non potevano usufruire della cassa integrazione, e ad un’altra decina di famiglie in difficoltà del quartiere.
“Per distribuire cibo si è rivolto al Gruppo de Noalter e al Comitato Scuola Calini. Coniugando solidarietà e sostenibilità abbiamo dato vita al progetto Cibo per tutti che ha coinvolto 450 famiglie, ovvero circa 1500 persone, dagli anziani ai senza dimora”, racconta Nicola Vitale membro del comitato genitori della Calini di Brescia e socio Slow Food, l’associazione che si occupa di tutelare la biodiversità e migliorare il sistema che regola la produzione alimentare.
La pandemia e un nuovo modello di distribuzione del cibo
“Con la pandemia che imperversava ci siamo uniti allo sforzo di Yas per contrastare le tante nuove forme di povertà che non consentivano a molti di fare la spesa”, continua Vitale. La pandemia ha spinto Yas e Nicola a pensare a un nuovo modello di distribuzione del cibo: “Durante l’emergenza sanitaria di questa primavera, abbiamo avuto bisogno di fare acquisti vicino casa. Questa tendenza si stabilizzerà nel tempo ma è un’occasione da sfruttare per provare a sviluppare una filiera sostenibile in ogni passaggio”, spiega Nicola Vitale.
Il modello di Cibo per tutti è nato dal basso e dal bisogno. In questo modo si è creata spontaneamente un’economia di prossimità forte che dalla città è uscita coinvolgendo tutta la provincia di Brescia: “Abbiamo costruito una filiera etica che soddisfa il bisogno di avere a disposizione in luoghi di prossimità, o direttamente a casa, cibo di qualità. Ma che lo fa contribuendo a seminare sostenibilità ambientale e solidarietà economica per chi lavora nella filiera”.
Il cibo avvicina culture diverse…
Il quartiere Carmine di Brescia non è come gli altri, è unico: è multietnico. Un abitante su tre ha origini straniere. Dalla scuola al mondo del lavoro è una zona che delle differenze ha fatto la sua identità. E questo aspetto è “presente” anche nel cibo. Già da aprile i tanti volontari e gli abitanti del quartiere che assemblavano “pacchi viveri” li adattavano anche alla cultura, alla religione e ai gusti culinari delle famiglie e dei destinatari. Così, “Cibo per tutti” è stato anche un modo per dare valore e conoscere le diversità. E, a differenza della “grande distribuzione” dove la frammentazione della logistica ricade sui piccoli produttori, ha ideato un modello privo di intermediazioni. Per avvicinare non solo gli abitanti del posto ma anche i produttori del territorio.
… ed è un’alternativa solidale e sostenibile alla grande distribuzione
Ma come fare tutto questo in tempo di pandemia? Cibo per tutti non è una meteora, anche se è partito come progetto dal desiderio di Yas e dalle esigenze dettate dall’emergenza sanitaria: secondo i dati dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), presentati ad aprile nel rapporto “Emergenza Covid-19”, da febbraio a marzo in Italia la consegna a domicilio dei prodotti alimentari è cresciuta del 160% e ha coinvolto sia la “grande distribuzione”, sia i piccoli negozi di prossimità. Anche le botteghe e i Gruppi di acquisto solidale (Gas) si sono ripensati con la consegna a domicilio e una maggiore presenza sul web, una scelta che spesso ha portato a un aumento della domanda. Secondo i dati Ismea, la Gdo assicura a chi produce solo il 15% del valore di ciò che è consumato il cliente. Vuol dire, per esempio, che se un chilogrammo di frutta o verdura biologica al supermercato costa due euro, solo 30 centesimi finiscono a chi l’ha coltivata. Il resto si perde nei passaggi intermedi.
“Noi assicuriamo l’85% ai produttori e ci riusciamo perché abbiamo creato una filiera schiacciata ed efficiente”, continua Nicola Vitale. Sostegno ai produttori locali ma anche riduzione degli sprechi: “Cibo per tutti distribuiva già da aprile prodotti provenienti dal mercato ortofrutticolo di Brescia che ogni settimana donava 50 quintali di frutta e verdura che altrimenti sarebbero stati destinati al macero”.
Cibo e solidarietà: dal “Panaro Show” alla sostenibilità a Km0
“La solidarietà non si è fermata qui – prosegue Vitale -, da tutta Italia hanno dato una mano per sostenere con il cibo uno dei territori più colpiti dalla prima ondata della pandemia: sono arrivati i ceci neri dalla Puglia, i fagioli dalla Toscana e poi il Panaro show dalla Sicilia, ovvero 700 chili di prodotti biologici offerti da Slow Food Sicilia”, che contemporaneamente ha aiutato i territori isolani a rischio di abbandono, alimentando la sua microeconomia.
La sostenibilità, in chiave solidale, è avvenuta anche a chilometro zero: “Con Cibo per tutti abbiamo acquistato un formaggio che produce soltanto un allevatore del presidio Slow food del bresciano. Così abbiamo contribuito a salvare la razza di capra che produce quel latticino e che senza il formaggio sarebbe sparita dall’intero territorio nazionale. Preservando questa specie, abbiamo conservato i pascoli a loro dedicati. E questo, a sua volta, si traduce in una salvaguardia di un territorio, altrimenti a rischio frane”, racconta Nicola Vitale. Un’ennesima perdita di biodiversità, quindi, fermata con l’obiettivo di preparare la spesa per le persone bisognose. “Comprando un formaggio, salvi un territorio dalle frane e una razza dall’estinzione nel nostro paese”, chiosa Vitale.
«Ciò che ci rende più fragili ci rende più vicini»: la mostra dedicata al lockdown e al cibo solidale a Brescia
Il progetto Cibo per tutti, che a metà novembre ha ripreso la sua attività di consegna di cibo solidale a fronte anche di un nuovo lockdown lombardo, è stato documentato nella sua umanità profonda dalla macchina fotografica di Nicola Zambelli. Dai suoi scatti è nata la mostra What makes us weaker, makes us closer (Ciò che ci rende più fragili ci rende più vicini) presentata pochi giorni fa negli spazi di Carme, Bunkervik e Cinema Nuovo Eden di Brescia. “Il progetto ridà vita, attraverso una narrazione corale fotografica e con il ricorso ad una video-installazione – racconta Zambelli -, ad un’esperienza di resistenza umana attivata durante l’emergenza e la paralisi forzata nei mesi di massima diffusione del Covid-19 a Brescia”.
Il cuore della mostra è il racconto delle attività che si sono mosse nella zona del Carmine. “Sullo sfondo – commenta Nicola Zambelli -, la città e le sue dinamiche”, solidali e sostenibili. Due facce della stessa medaglia con il comune denominatore del cibo.
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