Il ministero della Difesa brasiliano, tra venerdì e domenica, ha mobilitato uomini e mezzi per spegnere gli incendi nel nord dell’Amazzonia.
Una conferenza sul clima nel cuore della foresta, l’Amazzonia è il centro del mondo
Centinaia di attivisti, scienziati e leader indigeni hanno partecipato a Amazon: Centro do Mundo, una conferenza per parlare della tutela dell’Amazzonia, e riportarla al centro della lotta contro la crisi climatica.
Per proteggere qualcosa bisogna prima conoscerla e viverla, bisogna accorciare le distanze e sentirla parte di sé. A farcelo capire è un gruppo di attivisti e scienziati che hanno deciso di viaggiare per giorni via strada e via fiume per raggiungere il cuore della foresta Amazzonica e parlare della sua tutela.
La foresta Amazzonica al centro della lotta per salvare il clima
Amazon: Centro do Mundo è la conferenza sul clima che hanno organizzato proprio all’interno dell’Amazzonia brasiliana, a Manolito, una comunità fluviale nella Terra do Meio, e il suo nome racchiude in sé tutto il senso del loro incontro: mettere la protezione della foresta pluviale più grande del mondo, il polmone verde del pianeta, al centro della lotta contro i cambiamenti climatici. Per farlo, hanno deciso di abbandonare la visione periferica dell’Amazzonia, spesso percepita come l’enorme riserva di alberi dall’altro lato del pianeta, riportandola ad essere il fulcro del dibattito su come affrontare la crisi climatica e il collasso degli ecosistemi. Così, dopo aver navigato su canoe per giorni, si sono addentrati nella natura incontaminata e impervia brasiliana per partecipare agli incontri.
La conferenza, soprannominata la “Cop della foresta” e realizzata dall’organizzazione ambientale più grande del Brasile, Isa (Instituto socioambiental), vuole infatti contrapporsi al tradizionale approccio degli incontri formali e istituzionali (proprio come la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite Cop 25 che si terrà a Madrid a dicembre) in cui si tende a porre più attenzione ai temi economici, tecnologici e urbani piuttosto che focalizzarsi sulle persone e sulla natura.
Volevamo connettere le nuove generazioni in Europa con le comunità indigene e fluviali, che vogliono che la gente venga qui a vedere cosa sta succedendo nella loro terra.Marcelo Salazar, presidente regionale Isa
La Cop della foresta nel cuore dell’Amazzonia
Con questo approccio centinaia di persone tra accademici, scienziati locali, antropologi, leader indigeni e attivisti europei di vari movimenti per il clima, da esponenti di Extinction Rebellion ai Fridays for Future fino alle Pussy Riot, hanno preso parte alla conferenza nella foresta per scambiare idee, proposte e conoscenze. In questo senso Tasso Azevedo, uno dei maggiori esperti in Brasile per il monitoraggio satellitare della deforestazione, ha sottolineato l’importanza di cambiare prospettiva favorendo incontri faccia a faccia e soprattutto sul campo: “Oggi le diverse generazioni nel mondo hanno abbastanza opportunità per parlarsi, soprattutto in luoghi come questi. Dobbiamo esplorare nuove idee”.
L’Amazzonia è il centro del mondo. Ci dicono che dobbiamo ascoltare gli scienziati, ma quello che devono fare gli scienziati è ascoltare i popoli saggi della foresta.Antonio Nobre, scienzato
La Cop della foresta vuole anche ricordare e sottolineare l’importanza dell’impegno delle popolazioni native che da secoli conservano e fanno prosperare la biodiversità. “Ci rendiamo conto che l’Europa ha iniziato solo ora la sua lotta per salvare il clima, ma le comunità indigene lo fanno da 500 anni”, ha affermato Alejandra Piazzolla, una studentessa colombiana e attivista di Extinction Rebellion a Bristol. “Saremmo in una situazione ben peggiore se non avessero lottato per noi tutto questo tempo”. Le popolazioni indigene, i guardiani della foresta, ogni giorno si battono per proteggere la foresta nonostante le crescenti minacce da parte dei taglialegna illegali e in un clima sempre più violento incentivato dall’elezione al governo del nazionalista Jair Bolsonaro.
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La deforestazione in Amazzonia non è mai stata così alta
Il presidente brasiliano ha infatti dichiarato di voler aprire i territori indigeni alle grandi aziende estrattive e commerciali, diminuendo la protezione ambientale, e favorendo il fenomeno dell’accaparramento della terra e l’impunità. Non a caso, nel 2019 si è registrato un aumento della deforestazione: nei primi sette mesi dell’anno l’Amazzonia ha perso 9.762 metri quadri di foresta, un aumento del 29,5 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti, secondo l’agenzia spaziale Inpe. Questo tasso di deforestazione equivale a perdere due campi da calcio al minuto. Un tasso che non è mai stato così alto da più di dieci anni.
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E proprio la zona di Terra do Meio, nel comune di Altamira, è una delle parti dell’Amazzonia più colpite della deforestazione e dagli incendi, e una tra le più pericolose del paese: il tasso degli omicidi è il più alto del Brasile, paese che a sua volta ha già uno dei tassi più alti di tutto il mondo.
Dobbiamo ricostruire la foresta perché è il nostro cuore. Ma dobbiamo imparare da queste persone come fare. Non si tratta solo di tecnologia, ma il modo in cui viviamo. Non possiamo concentrarci solo sui cambiamenti climatici, ma anche sulla giustizia climatica.Adelaide Charlier, attivista belga
Eppure, la foresta Amazzonica è il più grande serbatoio di anidride carbonica al mondo: ogni anno assorbe dall’atmosfera 2 miliardi di tonnellate di CO2, circa il 5 per cento delle emissioni globali, svolgendo quindi un ruolo fondamentale nella regolazione del clima. In questo scenario prezioso e tanto incontaminato quanto minacciato, la nuova alleanza di giovani attivisti, scienziati e comunità locali si è unita per conoscere, e riconoscere, il valore di questo gigante di foresta, e fare capire anche a noi che, essendo tutti parte di essa e dipendendo da lei, dobbiamo proteggerla.
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