L’agenzia ambientale Ibama ha concesso il via libera preliminare al rifacimento di un’autostrada nel cuore della foresta amazzonica brasiliana.
In Amazzonia è di nuovo allarme deforestazione. Ogni minuto si perde l’equivalente di un campo da calcio
A maggio sono andati distrutti 739 kmq di foresta amazzonica, il doppio rispetto a due anni fa. Ma il ministro dell’ambiente brasiliano vuole rivedere il monitoraggio satellitare.
Prima ancora che Jair Bolsonaro assumesse ufficialmente il ruolo di nuovo presidente del Brasile, tanti osservatori internazionali già richiamavano l’attenzione sul destino dell’Amazzonia. Troppo fragili le condizioni del polmone verde del Pianeta, nonostante i progetti di tutela e di riforestazione avviati negli ultimi anni. E troppo palesi i legami tra l’ex-militare di estrema destra e l’agroindustria, rimarcati anche dalla sua scelta di esautorare il ministero dell’Ambiente dalla supervisione su foreste e acque.
Poteva sembrare quasi un eccesso di zelo, dettato dalla sfiducia nei confronti di un uomo politico che ha sbaragliato i suoi avversari proprio per il suo carattere divisivo e provocatorio. A qualche mese di distanza, però, sono arrivati i dati. Che purtroppo confermano i peggiori presentimenti.
Deforested areas bleed heat to nearby forests, drive local extinctions https://t.co/ybTG2Vkeob#StopDeforestation #DefendTheAmazon pic.twitter.com/ifhtnqFEr3
— AMAZON WATCH (@AmazonWatch) 19 giugno 2019
I dati sulla deforestazione in Amazzonia
A fornire le rilevazioni è la fonte ufficiale del governo di Brasilia, cioè il sistema di monitoraggio della foresta amazzonica gestito dall’Istituto nazionale di ricerche spaziali (Inpe). Nel mese di maggio, rivela l’ente, poco più di 739 chilometri quadrati di foresta pluviale sono andati persi a causa della deforestazione. Nel 2018 quest’area era molto più ridotta (550 chilometri quadrati) e due anni fa era praticamente la metà (363,3 chilometri quadrati).
“Se questa curva al rialzo dovesse continuare, sarebbe un anno negativo per la foresta amazzonica”, conferma Claudio Almeida, che coordina il programma di monitoraggio satellitare. “Tutto dipende da quanta sorveglianza ci sarà nei prossimi due mesi, che sono cruciali”. Questi dati vanno letti con una certa cautela perché sono pur sempre riferiti a un singolo mese, ma – fa notare il Guardian – maggio è un indicatore importante, perché segna l’inizio della stagione secca, dove si verifica la maggior parte degli incendi e degli altri interventi di disboscamento.
Una nuova analisi satellitare riportata dall’agenzia Reuters conferma che la situazione sta letteralmente degenerando. Nell’arco degli ultimi due mesi, in media, ogni minuto è andata distrutta un’area di foresta pari a un campo da calcio. I giornalisti di Reuters sono riusciti a mettersi in contatto con un ispettore ambientale che, mantenendo l’anonimato, ha scagliato accuse durissime contro il governo del proprio paese. “Non vogliono lasciarci parlare perché diremmo la verità, cioè che le aree tutelate vengono invase e distrutte”.
Le polemiche sulle rilevazioni satellitari
“Il governo non può smentire i numeri che arrivano dalla sua stessa agenzia. Ora la domanda è: cosa farà al riguardo?”, afferma Carlos Souza, ricercatore per la ong Imazon. Eppure, alla vigilia della pubblicazione dei dati, il ministro dell’Ambiente Ricardo Salles aveva riservato pesanti critiche all’Inpe. Il giornale Folha de Sao Paulo, sulla base delle sue affermazioni, paventava addirittura l’ipotesi che il monitoraggio venisse appaltato a un’azienda privata. Anche la fonte anonima interpellata da Reuters conferma questo sospetto: “Il governo sta cercando di mostrare che i dati sono sbagliati, che i numeri non rispecchiano la realtà”.
Salles ha gettato acqua sul fuoco con un’intervista a Reuters: l’intento non è quello di liberarsi dell’Inpe, ma quello di aprire una gara d’appalto pubblica per trovare un altro fornitore che aggiunga un ulteriore sistema di monitoraggio. “Vogliamo un sistema che fornisca immagini in tempo reale, per indirizzare con più precisione le operazioni di contrasto e renderle più efficaci”, ha promesso.
Per ora gli esperti sono in attesa di capire se questi dati preliminari, rilevati con il sistema Deter, saranno confermati dal programma Prodes, più preciso e quindi usato come benchmark ufficiale. Il suo ultimo aggiornamento segnala che, nel periodo giugno 2017-giugno 2018, sono stati rasi al suolo 7.900 chilometri quadrati di foresta, all’incirca l’equivalente del territorio di Porto Rico.
Le mire dell’agroindustria sul polmone verde del Pianeta
Come fa notare un approfondimento di Prospect, tradotto in italiano da Internazionale, una certa parte dell’agroindustria senza scrupoli considera l’Amazzonia né più né meno che come uno sterminato terreno da sfruttare per i propri interessi. Già oggi la regione ospita la maggior parte delle coltivazioni di soia (di cui il Brasile è il primo produttore al mondo, con 96 milioni di tonnellate nel 2016) e degli allevamenti di bovini (che negli ultimi vent’anni sono passati da 37 a 85 milioni di capi, per un giro d’affari di 6,5 miliardi di dollari). Se con le tutele esistenti sono già in ballo profitti di questo calibro, non si fa troppa fatica a immaginare a quanti potrebbe fare comodo se le maglie della legge venissero allentate.
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Però, “per liberare i terreni non si abbattono solo i grandi alberi essenziali all’ecosistema”, si legge nell’articolo di Julia Blunck. “Si dà fuoco alla vegetazione e a tutto quello che custodisce, impoverendo il suolo. Questa pratica non solo accelera il processo di desertificazione, ma riduce anche il tempo di vita di un terreno. E a sua volta provoca nuovi incendi e costringe i contadini a spostarsi in cerca di terreni più fertili”.
Foto in apertura © Neil Palmer/CIAT
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