Ha conosciuto il dolore, il silenzio e la solitudine. Ha sfoderato una forza d’animo e una perseveranza che l’hanno reso un simbolo per il suo popolo, la tribù indigena degli Awá, e per tutti coloro che difendono queste preziose culture ancestrali. Karapiru Awá Guajá, però, non è sopravvissuto alla Covid-19. È morto il 16 luglio 2021 nella sua terra, l’Amazzonia brasiliana, ma la sua storia straordinaria resterà di ispirazione ancora a lungo. A ricostruirla passo dopo passo è il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni Survival international.
Il massacro del popolo indigeno Awá
Siamo alla fine degli anni Sessanta e alcuni geologi statunitensi atterrano sui monti del Carajás, nel Brasile settentrionale, per fare rifornimento di carburante. Scoprono così, assolutamente per caso, quella che sarebbe diventata la più grande miniera di ferro a cielo aperto del Pianeta; un giacimento da 7,2 miliardi di tonnellate.
Le attività estrattive hanno un impatto devastante sull’ambiente e sulle tribù indigene. Il territorio viene sfregiato dalle ruspe, gli alberi abbattuti, i fiumi contaminati. Il popolo Awá, che abita da sempre in una riserva amazzonica nel poverissimo stato del Maranhão, viene ritenuto né più né meno che un disturbo. Decine di indigeni vengono avvelenati, altri vengono uccisi a colpi di arma da fuoco. Tra di loro c’è anche l’intera famiglia di Karapiru Awá Guajá. Lui però riesce a fuggire con un proiettile conficcato nella schiena.
Karapiru Awá Guajá, a member of the indigenous Awá tribe who lived alone in the forest for ten years, passed away recently due to #COVID19 leaving a message of resilience to all the isolated communities defenders. Read his inspirational story: https://t.co/0lCIYO0MIU@guardian
— Guardians of the Forest (@GuardianesBos) July 30, 2021
La seconda vita di Karapiru Awá Guajá
Karapiru Awá Guajá rimane da solo a vagare nello stato di Maranhão, riparandosi sugli alberi e nutrendosi di ciò che trova nella foresta. Trascorre così dieci lunghissimi anni, tormentato dai ricordi drammatici del suo passato, fino a quando non si imbatte in un contadino che lo accoglie nel suo villaggio. Gli abitanti gli offrono cibo e riparo ma non conoscono la sua lingua. Dopo diversi tentativi lo fanno incontrare con un uomo Awá: scoprono così che è suo figlio, che lui credeva morto. Con questo fortunato incontro inizia la seconda vita di Karapiru Awá Guajá che torna a nel villaggio di Tiracambu insieme al suo popolo, si risposa e ha altri due figli.
Il 16 luglio 2021 il coronavirus ha scritto la parola fine sulla sua storia incredibile, come già aveva fatto con Amoim Aruká, l’ultimo discendente maschio del popolo Juma, Paulinho Paiakan, capo del popolo indigeno Kayapó, e Aritana Yawalapiti, che aveva contribuito a fondare il parco indigeno dello Xingu. Personalità che non possono cadere nell’oblio, perché hanno ancora tanto da insegnarci.
Gli Awá, una delle tribù più minacciate al mondo
Gli Awá hanno limitatissimi contatti con il mondo esterno. Nonostante ciò, la loro sopravvivenza è stata minacciata anche di recente. La ritrovata serenità di Karapiru Awá Guajá infatti veniva ripetutamente infranta dalle incursioni di bande armate, dagli incendi appiccati alla foresta per fare spazio ai pascoli, dai rumorosi vagoni merci che trasportavano il ferro mettendo in fuga gli animali.
Nel mese di aprile 2012 Survival international ha lanciato una petizione internazionale rivolta al ministro della Giustizia brasiliano. La campagna si è conclusa con un successo visto che nel 2014 l’esercito è intervenuto per sfrattare i taglialegna illegali, di concerto con il Funai, l’agenzia incaricata di regolamentare le riserve indigene. I coltivatori che si erano insediati nei territori indigeni sono stati sfrattati, ricevendo in cambio nuove terre e un risarcimento economico. L’imponente operazione Awá è stata uno dei momenti chiave di un massiccio – e riuscito – sforzo per combattere la deforestazione in Amazzonia che in effetti in quel periodo raggiungeva il livello più basso dagli anni Ottanta.
L’incubo della deforestazione in Amazzonia
Poi il vento è cambiato, le elezioni politiche dell’autunno 2018 sono state stravinte da Jair Bolsonaroe l’Amazzonia è stata nuovamente tormentata da roghi e abbattimenti illegali. Nel corso del summit globale sull’ambiente organizzato per l’Earth Day 2021 dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Bolsonaro ha promesso di azzerare la deforestazione entro il 2030. I dati riportati dalla ong Observatório do Clima, però, raccontano una storia diversa. Tra il 2019 e il 2020 le multe per la deforestazione sono crollate del 42 per cento, nel 2020 i finanziamenti per la polizia ambientale sono stati sforbiciati del 27 per cento e la deforestazione è cresciuta del 34 per cento.
Il corrispondente della Bbc Justin Rowlatt ha visitato il villaggio degli Awá nel 2010 e ha poi assistito all’intervento dell’esercito nel 2014. Da qualche mese sta cercando di rimettersi in contatto con loro, per sapere come stanno vivendo questo momento storico nuovamente difficile. “Boscaioli, contadini, cacciatori, invasori… stanno tornando tutti”, gli ha risposto a gennaio Pirai, divenuto suo amico. “Stanno uccidendo tutta la nostra foresta”.
Una tribù incontattata appena scoperta è già a rischio di estinzione. Anzi sterminio. Succede in Brasile dove Bolsonaro è già stato accusato tre volte di genocidio.
Dal 2008 a oggi 31 raid di polizia hanno salvato 333 persone in condizioni di schiavitù nelle miniere brasiliane. Ora le operazioni sono più difficili a causa di Bolsonaro.
Bolsonaro è accusato di persecuzione degli indigeni brasiliani e della distruzione dell’Amazzonia. Intervista agli avvocati che stanno portando il caso alla Corte penale internazionale.
Con la morte di Amoim Aruká finisce per sempre la storia del popolo indigeno Juma. Esprimono dolore, e rabbia, le associazioni dell’Amazzonia brasiliana.