I ricercatori della ong Amnesty International sono stati in Ucraina, a Kharkiv, per indagare sugli attacchi condotti dalle forze armate russe.
Stando alle prove raccolte, la Russia avrebbe fatto uso di bombe a grappolo e mine a frammentazione, entrambe vietate dai trattati internazionali.
Gli ordigni hanno colpito civili che erano al parco con la famiglia, nelle loro case o in coda per ricevere aiuti umanitari.
Le forze armate russe avrebbero ripetutamente fatto uso di bombe a grappolo 9N210/9N235 e di mine a frammentazione, entrambe vietate dai trattati internazionali, per attaccare la città ucraina di Kharkiv. Provocando centinaia di vittime tra i civili. È la durissima accusa che emerge da un’approfondita indagine condotta dalla ong Amnesty International.
L’attacco russo sulla città ucraina di Kharkiv
Fin dal 24 febbraio 2022, il giorno dell’invasione dell’Ucraina, le forze armate russe hanno attaccato Kharkiv, la seconda più grande città del paese, sia via terra sia attraverso una “implacabile campagna di bombardamenti indiscriminati”. Fallito il primo tentativo di prendere il controllo sulla città, i bombardamenti sono proseguiti per i due mesi successivi, salvo poi continuare con un’intensità minore. Fonti ucraine parlano di 606 civili uccisi e 1.248 feriti dal 24 febbraio al 28 aprile, il 70 per cento in città e la parte restante nelle zone circostanti. E di seicento edifici residenziali distrutti già il 15 aprile, dopo meno di un mese di guerra.
Cosa dimostra l’indagine sull’uso di bombe a grappolo a Kharkiv
I ricercatori di Amnesty International hanno trascorso 14 giorni nella regione di Kharkiv, tra aprile e maggio, per indagare su 41 bombardamenti costati la vita ad almeno 62 civili; 196 i feriti. Hanno visitato i luoghi colpiti, intervistato 160 persone (tra parenti delle vittime, testimoni, sopravvissuti e medici), analizzato prove raccolte in loco – soprattutto frammenti di munizioni – e vagliato documenti digitali. Trovando, in almeno sette diverse località, resti di bombe a grappolo e di razzi Uragan (solitamente usati per trasportarle). Hanno reperito anche prove dell’impiego di mine a frammentazione, cioè ordigni che vengono attivati da fili di innesco e scagliano frammenti metallici anche a grandi distanze.
Le prime sono vietate dalla Convenzione sulle bombe a grappolo, le seconde dalla Convenzione sulle mine antipersona firmata a Ottawa. La Russia non ne fa parte, ma resta il fatto che “che il diritto internazionale umanitario proibisce gli attacchi indiscriminati e l’uso di armi per loro natura indiscriminate”, si legge nel comunicato della ong.
Le storie strazianti dei civili uccisi dagli attacchi russi
In tutto, Amnesty International ha documentato 28 attacchi indiscriminati, messi in atto dal 28 febbraio al 30 aprile, che hanno costretto migliaia di persone a fuggire dalle loro case. E ha raccontato anche le storie strazianti di alcune vittime. Tra di loro c’è Oksana Litvynyenko, 41 anni. Nel pomeriggio del 15 aprile stava passeggiando in un parco giochi con la figlia di quattro anni e il marito, quando all’improvviso sono esplose le bombe a grappolo. L’uomo, Ivan, ha spinto la bambina contro un albero, le ha fatto da scudo e così è riuscito a salvarla. Oksana invece è rimasta a terra, in una pozza di sangue. Dopo diverse settimane in cui i medici non sapevano prevedere se mai sarebbe tornata a camminare o a parlare, l’11 giugno è deceduta.
Il 24 marzo, invece, le bombe a grappolo hanno colpito un parcheggio nei pressi della stazione della metropolitana di Akademika Pavlova. Anche in quel caso era pieno giorno e centinaia di persone erano in coda per ricevere aiuti umanitari. Un agente della polizia locale, che ha preferito mantenere l’anonimato, ha descritto “schegge che cadevano come fosse pioggia”.
Il portavoce di Amnesty International: “Sono più che prove, sono certezze”
“Raramente negli ultimi tempi ho letto un rapporto così drammatico, anche rispetto a scenari di guerra in altri tempi e in altri luoghi. Sono testimonianze che richiamano la brutalità della guerra dei Balcani o quella dell’Etiopia che si è appena conclusa”, commenta a LifeGate Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Fa impressione vedere come il disprezzo della vita umana da parte delle forze russe arrivi al punto tale di utilizzare non solo armi imprecise contro centri abitati, ma addirittura armi vietate dal diritto internazionale, per colpire persone in fila per ricevere aiuto, persone nei parchi giochi, persone nei loro appartamenti”.
“La richiesta che facciamo alla comunità internazionale – alla parte che più ci interessa della comunità internazionale, cioè la giustizia e il Tribunale penale internazionale – è di aggiungere anche queste testimonianze alla sua indagine sui crimini di guerra commessi dalle forze russe in Ucraina”, continua. “Sappiamo bene che, alla fine di questa guerra, non potrà subentrare il tempo dell’impunità. Qui abbiamo testimonianze, prove schiaccianti. Abbiamo preso in mano i resti delle bombe a grappolo, sappiamo qual è il modello, sappiamo qual è il vettore che le ha trasportate. Sono più che prove consistenti, sono certezze”.
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