57 mila dipendenti di 73 aziende oggi condividono l’auto per raggiungere il posto di lavoro, risparmiando su carburante ed emissioni.
Andrea Saviane. Blablacar e l’Italia dei viaggi condivisi
Dimentichiamoci l’immagine di un’Italia vecchia, ancorata alle sue tradizioni, restia di fronte alle novità. Il nostro Paese si sa rivelare anche pronto e reattivo di fronte alle potenzialità della sharing economy. Parola di Andrea Saviane, country manager per l’Italia di Blablacar, la piattaforma che ha fatto scoprire i viaggi condivisi all’Europa. Blablacar è una dimostrazione
Dimentichiamoci l’immagine di un’Italia vecchia, ancorata alle sue tradizioni, restia di fronte alle novità. Il nostro Paese si sa rivelare anche pronto e reattivo di fronte alle potenzialità della sharing economy. Parola di Andrea Saviane, country manager per l’Italia di Blablacar, la piattaforma che ha fatto scoprire i viaggi condivisi all’Europa.
Blablacar è una dimostrazione del fatto che la sharing economy non è solo una bella favola ma un modello economico che funziona. Può citare qualche cifra?
Nella cornice della sharing economy, Blablacar negli anni ha portato avanti un modo alternativo di viaggiare che ha preso piede nel corso del tempo: abbiamo cominciato in Francia nel 2006 ma anche in Italia, dove siamo presenti da quattro anni, sta funzionando benissimo. Attualmente il nostro network conta circa 30 milioni di persone e ogni mese più di 5 milioni di persone viaggiano con Blablacar, tra conducenti e passeggeri. In Italia abbiamo da poco introdotto un cambiamento significativo con il pagamento online, che è stato accolto molto bene nonostante gli italiani abbiano la nomea di essere restii all’uso della carta di credito. Anzi, il perfetto tracciamento delle attività è stato valutato positivamente.
Il modello del pagamento online, con una commissione per il servizio, è adottato in tutti i Paesi?
Il meccanismo è sempre lo stesso e attualmente è attivo in Francia, Spagna, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito: il passeggero paga online in anticipo e noi applichiamo una commissione. Questo è l’unico modo possibile per far funzionare il servizio, perché i costi di gestione della piattaforma sono piuttosto importanti. Per esempio, per garantire la massima sicurezza, oltre cento persone monitorano costantemente feedback e profili. Tutto questo ha un costo e gli utenti ne sono consapevoli.
Il che significa che voi siete andati avanti per i primi anni con un modello a ricavi zero…
Abbiamo fatto questa scelta perché all’inizio in Italia il servizio era semisconosciuto e c’era bisogno di una versione molto semplificata, perché gli utenti sentivano il bisogno di contattare telefonicamente il conducente per rassicurarsi. Mano a mano che il meccanismo è entrato nelle consuetudini delle persone, abbiamo potuto introdurre il pagamento online che rende la prenotazione molto più veloce e meno mediata. Visto che ormai Blablacar è un nome riconosciuto come affidabile, ci sono Paesi in cui esordiamo direttamente con il pagamento online.
Secondo lei è un modello scalabile e replicabile? Un giovane imprenditore che ha un’idea innovativa può permettersi di offrire un servizio che per i primi anni è totalmente gratuito?
Noi in Italia abbiamo avuto questa possibilità perché avevamo già un’attività avviata in altri Paesi. Il mondo delle startup comunque funziona spesso con un finanziamento che garantisce un’indipendenza economica per un certo numero di mesi, a fronte della promessa di redditi futuri. Questo modello finora ha funzionato, ma ultimamente non è facile ottenere fondi, visto che l’affollamento di idee innovative inizia a essere importante. Il lato molto positivo della cosa è che ormai un po’ di lavoro mentale sul consumatore è stato fatto: non c’è più la diffidenza di qualche anno fa di fronte alla prospettiva di provare strumenti di sharing economy e pagare per usufruirne.
Quindi l’Italia è un Paese in cui Blablacar ha avuto da subito un riscontro positivo. Quali sono le differenze con la Francia o con altri mercati?
La Francia è il Paese da cui siamo partiti molto tempo fa e rimane la nostra stella polare, perché i volumi sono incredibili: per rendersene conto basta fare una ricerca su una tratta qualsiasi! L’Italia è ancora lontana da quei livelli, ma ha avuto uno sviluppo più veloce nel tempo. Il nostro Paese si presta bene alla condivisione del viaggio, sia dal punto di vista culturale, perché le persone non sono particolarmente fredde e chiuse, sia dal punto di vista economico e geografico, perché ci sono tantissime automobili, la benzina costa molto, c’è una forte mobilità legata al turismo o al weekend fuori porta. Inoltre, il trasporto pubblico non è in grado di coprire tutto il territorio in modo capillare ed efficace. Attualmente l’Italia è in forte crescita, in linea con Spagna e Germania, e dai nostri studi sembra avere le carte in regola per puntare ai volumi della Francia.
Da parte degli operatori del trasporto pubblico ci sono state delle reazioni? Vi siete mai confrontati direttamente?
Ci siamo incontrati a qualche evento e abbiamo avuto modo di dialogare con loro. Siamo vicini di casa ma nemmeno troppo, perché spesso i due servizi sono complementari. Blablacar funziona molto bene nelle tratte coperte in modo meno efficiente dal servizio pubblico ed è naturale che sia così, perché in presenza di un collegamento diretto a prezzo contenuto non ci sarebbe motivo per usare l’auto. Inoltre, di fronte alla strategia che ci sembra di vedere da parte di Trenitalia di puntare sull’alta velocità e investire meno sul trasporto regionale, andiamo a coprire le lacune sulle tratte in cui l’alta velocità non c’è.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Il nostro obiettivo principale è quello di far incontrare in modo sempre più efficiente domanda e offerta di passaggi. Per questo, per i prossimi sei-otto mesi abbiamo in cantiere una serie di migliorie tecnologiche su diversi versanti, come il numero di passaggi che vengono visualizzati e le tappe intermedie.
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