Nuove immagini in un allevamento di maiali di un fornitore di Lidl rivelano condizioni inadeguate e violenze sugli animali. Dopo il caso dei polli, cosa ci vorrà per fermare la sofferenza?
Sono stati dichiarati impignorabili gli animali da compagnia
Dal 2 febbraio 2016, in virtù della modifica all’articolo 514, cani, gatti e animali d’affezione non sono più pignorabili.
Fino a pochi giorni fa gli animali da compagnia erano considerati dal codice civile alla stregua di un oggetto, equiparati ad un televisore o a un mobile (con l’ulteriore aggravante che spesso gli animali non hanno un valore economico, ma “solo” un inestimabile valore affettivo per il proprietario), in caso di insolvenza dei debiti da parte del proprietario gli animali potevano infatti essere pignorati e andare all’asta.
Dopo anni di battaglie finalmente è stata approvata la riforma dell’articolo 514 del codice di procedura civile che ne autorizzava il pignoramento. La riforma, entrata in vigore il 2 febbraio 2016 e inserita nella Gazzetta Ufficiale, dichiara “assolutamente impignorabili gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali” e “gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli”.
Si tratta di un (tardivo) passo avanti tanto giusto quanto importante, finalmente anche il codice civile riconosce l’importanza degli animali. La notizia è stata accolta con felicità dagli italiani, secondo il rapporto annuale dell’Eurispes sulla società italiana sono infatti in aumento le persone che in Italia hanno un animale, in quattro case su dieci (43,3 per cento) è presente un animale domestico.
È ancora però ambigua la definizione di “animale da compagnia”, il Regolamento CE n. 576/’13 li divide in due gruppi, uno costituito da cani, gatti e furetti, l’altro da invertebrati (esclusi bombi, api, molluschi e crostacei), animali acquatici ornamentali, uccelli (esemplari di specie avicole diverse da quelle di cui all’art. 2, Direttiva 2009/158/CE) e roditori e conigli (diversi da quelli destinati alla produzione alimentare).
Più elastico sembrerebbe invece essere il contenuto dell’accordo siglato il 6 febbraio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy.
L’accordo considera animale da compagnia “ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall’uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità. Gli animali selvatici non sono considerati animali da compagnia”.
Si potrebbe poi discutere a lungo sulla distinzione tra animali pignorabili in quanto cibo e animali non pignorabili in quanto giudicati d’affezione. E in che modo qualcuno potrebbe arrogarsi il diritto di decidere quale animale è considerato “destinato alla produzione alimentare” e quale invece (appartenente alla stessa specie) può godere dello status di animale da compagnia. Ma questa è (per il momento) un’altra storia.
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