Dal primo gennaio in California gli animali nei negozi devono provenire esclusivamente da rifugi e organizzazioni no profit.
Animali in città, come migliorare la vita dei cittadini a quattro zampe
Le nostre città sono abitate da milioni di persone ma anche da centinaia di migliaia di animali che condividono con noi il contesto urbano subendone limiti, disservizi e caratteristiche non propriamente “naturali”. Dal randagismo alla mancanza di controllo, dalla mancanza di un censimento ai canili fatiscenti, i fenomeni da monitorare e di cui tener conto
Le nostre città sono abitate da milioni di persone ma anche da centinaia di migliaia di animali che condividono con noi il contesto urbano subendone limiti, disservizi e caratteristiche non propriamente “naturali”. Dal randagismo alla mancanza di controllo, dalla mancanza di un censimento ai canili fatiscenti, i fenomeni da monitorare e di cui tener conto sono molteplici se si vuole tirare un primo bilancio dello stato del benessere dei nostri amici cittadini a quattro zampe.
Il randagismo in Italia
In Italia non esiste una metodologia condivisa, una politica strategica a livello nazionale, una normativa che contribuisca al diffondersi delle migliori esperienze e delle best practice che pure, isolate e non adeguatamente pubblicizzate, esistono. Il randagismo rimane un fenomeno grave e in alcune regioni decisamente persistente; l’anagrafe canina viene utilizzata solo dai più responsabili; mancano i controlli e adeguate campagne di sterilizzazione degli animali. Chi adotta consapevolmente un animale, affronta anche divieti normativi, difficoltà negli spostamenti e costi sostenuti.
Il rapporto Animali in città di Legambiente
Un quadro non propriamente luminoso, quello offerto da Animali in città di Legambiente, il rapporto che raccoglie ed elabora i dati forniti dalle amministrazioni comunali capoluogo di provincia e dalle aziende sanitarie locali rispetto alle politiche relative agli animali d’affezione e, in generale, per la migliore convivenza in città con animali padronali e selvatici.
Oggi il complesso sistema istituzionale, basato su Comuni e Regioni (per tramite delle Aziende sanitarie), non è riuscito a superare una gestione prigioniera del canile rifugio, per i cani, e del mancato censimento per i gatti nelle colonie feline cittadine. Le conseguenze per la qualità di vita dei nostri amici sono pesanti e i costi pubblici importanti (peraltro non risolutivi dei problemi) sono sotto gli occhi di tutti.
Il mancato censimento
In entrambi i casi emerge una resa alle difficoltà di attuare una significativa anagrafe degli animali d’affezione (meno della metà dei cani presenti in Italia risultano registrati in anagrafe) e un adeguato censimento dei gatti liberi presenti in città (meno di un terzo dei gatti presenti nelle colonie feline in Italia risultano registrati in anagrafe). L’anagrafe per i gatti privati non è obbligatoria, e quindi i dati presenti risultano lontanissimi dal rappresentare anche solo minimamente la popolazione felina urbana. Ancor meno i cani e i gatti non padronali che risultano sterilizzati, al fine di prevenire sofferenze e morte per i cuccioli nati in strada: solo un cane su cinque viene sterilizzato e meno di un gatto su otto presente in colonia felina è sterilizzato.
Questo, accompagnato a scarsi investimenti culturali per il possesso responsabile, che riguarda la conoscenza dei nostri amici e delle loro esigenze e il valore del controllo demografico preventivo, porta ad un quadro che abbinato alla crescita culturale e del quadro penale a difesa di cani e gatti, rende la situazione italiana sempre più complicata.
Le riforme necessarie
Cosa fare: innanzitutto far prevalere le sinergie istituzionali piuttosto che, come facile avvenga in situazioni di difficoltà, lo scarica barile. Costruire insieme, sulla base di un’analisi attenta, alcune proposte e condividere gli obiettivi da raggiungere è il modo migliore per far bene.
In questo la crisi economica, con la scarsità di risorse, può essere utile se diviene stimolo per l’avvio di un lavoro comune tra istituzioni e tra queste e le categorie private più coinvolte e professionalmente direttamente impegnate, in primis i medici veterinari.
Un tavolo nazione sugli animali d’affezione
Molte le cose da fare. Attraverso l’istituzione di un tavolo nazionale permanente su Animali d’affezione Anci (Associazione nazionale comuni italiani) – Regioni – Governo (che si riunisca almeno due volte all’anno e rendiconti annualmente le azioni decise, i risultati attesi e i risultati raggiunti), si potrebbe agire su molteplici fronti:
- passare entro 12 mesi, dalle attuali 21 Banche dati dell’anagrafe animali d’affezione regionali ad un’unica Banca dati dell’anagrafe animali d’affezione nazionale, integrata anche con dati sullo status riproduttivo dell’animale (sterilizzato o no), con autorizzazione all’accesso di inserimento e modifica dati attraverso tutti i veterinari pubblici e privati iscritti all’ordine e pienamente consultabile online da tutti i cittadini;
- passare dall’attuale sistema di scarsi controlli (1 controllo all’anno ogni 6mila cittadini) del rispetto della normativa vigente (ad esempio sull’iscrizione degli animali all’anagrafe, su maltrattamento e corretta custodia) a un efficace sistema di controllo (1 controllo all’anno almeno ogni 600 cittadini), realizzato d’intesa tra polizia locale, servizi veterinari pubblici e vigilanza volontaria (in Italia è presente un cane ogni 3-6 cittadini);
- attivare un sistema nazionale omogeneo, efficace ed economicamente realizzabile di sterilizzazione di tutti i cani e gatti non padronali;
- attivare incentivi e facilitazioni comunali di varia natura a chi adotta cani e gatti presenti nelle strutture comunali o convenzionate; a chi registra e gestisce colonie feline presenti nel territorio comunale; ad organizzazioni animal care no profit riconosciute che adottino cani e gatti presenti da almeno due mesi nelle strutture pubbliche o convenzionate;
- attivare incentivi e facilitazioni comunali di varia natura;
- realizzare un accordo con la Federazione nazionale degli ordini veterinari italiani per attivare incentivi alla sterilizzazione di cani e gatti privati;
- attivare disincentivi, anche fiscali, a chi detiene cani e gatti non sterilizzati;
- proporre adeguamenti alla normativa nazionale su animali d’affezione che definiscano fonti di finanziamento, procedure omogenee di adozione di cani e gatti non padronali, istituzione albo nazionale organizzazioni animal care no profit e periodo massimo entro cui cura e gestione di cani e gatti non padronali sono sostenuti dalle pubbliche amministrazioni.
E adesso tutti al lavoro per cambiare in meglio, senza attendere nuovi e tristi episodi di cronaca per riparlare di randagismo canino e felino.
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