Animal Equality

L’Unione europea ha ancora molto da fare per gli animali

Alle ultime elezioni europee i cittadini dell’Ue hanno votato anche per gli animali. La Commissione però non ha ancora preso una posizione sugli allevamenti in gabbia.

Negli allevamenti europei, ogni anno, oltre trecento milioni di animali allevati trascorrono tutta o gran parte della loro vita in gabbie e recinti, con gravi ripercussioni sulla loro salute. Si tratta della maggior parte delle galline usate in Europa per la produzione di uova, delle scrofe costrette a partorire i propri cuccioli tra le sbarre e della quasi totalità dei conigli allevati, senza dimenticare vitelli, quaglie e anatre.

maiali in gabbia
Gli animali in gabbia provano dolore e frustrazione © iStockphoto

Tutti questi animali sono costretti a vivere in spazi tanto piccoli da non riuscire neppure a compiere i movimenti più naturali. È ciò che accade alle galline, rinchiuse all’interno di gabbie sovraffollate dove finiscono per ferirsi contro le reti metalliche nel tentativo vano di aprire le ali.

Oppure ai vitelli, che dopo il parto vengono allontanati per sempre dalle loro madri e isolati, senza poter ricevere le loro cure e il latte materno. Le scrofe poi, obbligate ad allattare i propri piccoli attraverso le sbarre, sopportano livelli di stress e frustrazione tali da sviluppare comportamenti anomali, come mordere le sbarre e masticare a vuoto.

Votare per gli animali

Di fronte a questa ingiustizia, non sono pochi i cittadini italiani che alle urne, l’8 e il 9 giugno, hanno deciso di votare anche per gli animali: fino a 18 candidati firmatari del manifesto “Vote for animals” che si sono impegnati a ridurre le loro sofferenze sono stati eletti e siederanno al Parlamento europeo per i prossimi cinque anni.

Si tratta di un risultato significativo, che dimostra quanto le persone credano in un mondo migliore per gli animali allevati a scopo alimentare, tra i più dimenticati e i meno tutelati in assoluto. Proprio l’allevamento in gabbia rappresenta una delle pratiche più crudeli rispetto a cui la Commissione europea ha preso una decisione storica, che rischia però di rimanere inattuata.

Anche se nel 2021 si è impegnata a eliminare gradualmente l’uso delle gabbie negli allevamenti europei entro il 2027, la Commissione infatti non ha ancora presentato nessuna proposta per il divieto delle gabbie. Questa sarebbe dovuta arrivare entro la fine dello scorso anno, ma ancora tutto tace.

Alcuni Stati membri hanno già introdotto una legislazione nazionale che vieta o elimina gradualmente alcune forme di allevamento in gabbia, ma nessun paese europeo è davvero totalmente cage-free. C’entrano gli incentivi ad abbandonare le gabbie da parte delle aziende, nonché la sensibilità politica e l’attenzione pubblica sul tema.

La situazione in Europa

Tra i paesi più virtuosi ci sono Lussemburgo, Austria e Svezia, con più del 96 per cento degli animali liberi dalle gabbie; chiudono invece la classifica, stilata da “Compassion in world farming”, Estonia e Spagna, con meno del 15 per cento di animali allevati fuori dalle gabbie, e Malta, che raggiunge appena l’un per cento. L’Italia si colloca a metà classifica, con il 36 per cento degli animali sfruttati dall’industria alimentare che ancora vive rinchiuso.

Questa situazione a macchia di leopardo danneggia soprattutto e come sempre loro, gli animali. Senza tutele comuni, questi esseri senzienti restano alla mercé degli interessi dell’industria zootecnica, vittime di soprusi e violenze. Se l’Europa rimanda il suo intervento, noi di Animal Equality però non stiamo a guardare.

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In Italia il 36 per cento degli animali allevati è in gabbia © Pixabay/Pascvii

Insieme alle altre associazioni italiane per la protezione degli animali, sosteniamo il ricorso del Comitato dei cittadini promotore dell’Iniziativa dei cittadini europei (Ice) “End the cage age”, che ha raccolto 1,4 milioni di firme di cittadini europei decisi a eliminare l’allevamento in gabbia in Europa. Il ricorso, presentato a marzo presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, punta il dito contro il mancato impegno della Commissione europea e mira ad ottenere un intervento concreto una volta per tutte.

Se la Corte di giustizia ci darà ragione, la Commissione sarà finalmente obbligata a pubblicare la sua proposta legislativa. Il cambiamento, insomma, non può più aspettare. Nel frattempo, ognuno di noi può fare la propria parte scegliendo un’alimentazione sempre più vegetale che lasci la sofferenza degli animali fuori dal piatto.

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