Riconoscere l’insieme per curare. Alla base della medicina olistica, l’identificazione di corpo, mente e spirito quali componenti di un sistema unificato.
Ansia e depressione, curarli con la vista perfetta
Leggendo i testi originali di W.H. Bates per la cura della vista imperfetta, si incontrano affermazioni strane e molto difficili, di primo acchito, da accettare.
Ad esempio, Bates pubblica per la prima volta nel marzo del 1920 il
testo “La cura veloce per l’influenza”, nel quale spiega che
è la “vista imperfetta” l’indicatore di uno stato di
tensione e di sforzo nel corpo e nella mente che indebolisce le
difese immunitarie, impedisce al sangue di circolare bene nelle
arterie e nelle vene, porta al nervosismo e all’aggravamento o
all’insorgere di quei sintomi influenzali che tanto disturbano le
persone e impediscono loro di lavorare con efficienza e di stare
bene.
Quale era, allora, la cura dell’influenza suggerita da Bates? La
cura era la guarigione dalla vista imperfetta.
Egli aveva infatti dimostrato che non può esistere vista
imperfetta in un corpo sano, e che viceversa una qualsiasi terapia
o trattamento non poteva ritenersi soddisfacente se non affrontava
e guariva anche i problemi della vista, ovviamente senza usare
lenti correttive o operazioni chirurgiche. Attraverso il meccanismo
della “centrale fissazione”, Bates insegnava ai pazienti come
ottenere il rilassamento necessario per migliorare e guarire la
vista, all’inizio solo temporaneamente e continuando nella cura poi
anche permanentemente, e dimostrava come tutti gli altri sintomi
miglioravano di conseguenza. Il dolore di una emicrania veniva
immediatamente silenziato attraverso il ricordo di un punto nero
dondolante nella mente, una facoltà pertinente alla visione,
e così i pazienti “allentavano la presa”, e la loro mente
sotto sforzo si garantiva un qualche grado di migliorata
rilassatezza grazie al quale nell’organismo si potevano innescare
quei processi di guarigione naturali che tuttora, a ottant’anni di
distanza dai tempi di Bates, tanti di noi inseguono senza
successo.
Se il controllo mentale di una mente rilassata garantiva la
guarigione della vista difettosa e nel contempo la guarigione dei
sintomi influenzali dovuti a sforzo e tensione, non c’è
motivo di ritenere che anche sindromi più gravi come l’ansia
e la depressione non possano trarre giovamento da un trattamento
che rilassa la mente agendo sulle cause che producono vista
imperfetta.
Chi soffre cronicamente di ansia o di depressione ha molto
probabilmente un vizio rifrattivo, porta occhiali o lenti, oppure
soffre la luce del sole. In una parola, ha vista imperfetta.
Al contrario, si può dimostrare che chi ha vista perfetta
secondo Bates, e cioè gode di almeno venti decimi di
acuità visiva da vicino e da lontano, non teme affatto le
luci forti e il sole, e di notte si sente rilassato mentre guarda,
come fa normalmente di giorno, allora non soffre di nessun tipo di
disturbo psicologico, né di altra malattia.
L’invito che facciamo in questo articolo è quello di
dimostrare per se stessi la verità di queste affermazioni,
innanzitutto verificando se tra i propri conoscenti o amici ci
siano persone che soffrano di questi disturbi psicologici e siano
però immuni dai difetti della vista. Si verificherà
che non esistono persone del genere. Come controprova, invitiamo a
studiare più da vicino le persone che hanno questi problemi,
per constatare come la vista risulti danneggiata.
Tanti di noi, pur non essendo “ammalati” di ansia né di
depressione, vivono momenti in cui questi sintomi si presentano e
ci indeboliscono: è proprio in queste occasioni che possiamo
avere la “fortuna” di verificare se quello che dice Bates è
vero, e cioè di controllare davanti a una Tabella di Snellen
il livello di acuità visiva al momento. Si scoprirà
che chi porta occhiali, una volta tolti, non vedrà niente
sulla tabella, a meno che non si avvicini oltremodo, mentre chi
normalmente non ha subito prescrizioni di lenti si accorgerà
che l’ansia o la depressione hanno agito abbassando la vista. Il
rimedio in entrambi i casi è sempre lo stesso: iniziare a
praticare i metodi dell’occhio normale per migiorare la visione.
Immediatamente si sentirà, man mano che le lettere sulla
Tabella migliorano o si chiariscono, che il peso dell’ansia e della
depressione, delle delusioni amorose, dei problemi sul lavoro,
delle incertezze esistenziali, diminuirà fino a scomparire
quando si saranno raggiunti e superati i venti decimi di
visione.
Purtroppo però queste conoscenze sono così
rivoluzionarie e contrarie all’insegnamento ortodosso che nessuno
si prende la briga di verificarle sul campo, e persino chi è
riuscito a dimostrarle, sebbene anche solo per un attimo, non
riesce poi a praticarle quotidianamente, vittima di un
condizionamento mentale che per essere superato richiede un
sostegno da parte di una comunità di persone sane ed
equilibrate, comunità che purtroppo non esiste.
William H. Bates ha lottato contro queste impossibilità per
tutta una vita, fino a morirne, paradossalmente proprio di epidemia
influenzale, secondo quanto è scritto nella sua biografia
ufficiale. Ma è indubbio, al lettore e al ricercatore
attento, che la portata delle sue scoperte rimane talmente vasta
che non è stata ancora realizzata neppure in misura
minimale.
Rishi Giovanni Gatti
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