I mari che si innalzano di 6,5 metri minacciando Londra, New York, Tokyo. È il futuro che ci attende se non fermeremo la fusione dei ghiacci in Antartide.
Un’immagine dei ghiacci dell’Antartide in piena fusione e una frase inequivocabile, Punto di non ritorno. Si presenta così la copertina dell’ultimo numero di Nature, una delle riviste scientifiche più antiche e prestigiose al mondo, che mette in dubbio il futuro non solo dell’ecosistema antartico, ma anche di metropoli come Londra, Mumbai, New York, Shanghai così come le conosciamo. A paventare questo scenario è uno studio condotto dall’Istituto di ricerca sugli impatti climatici di Potsdam, insieme all’università di Potsdam, alla Columbia University di New York e all’ateneo di Stoccolma.
Innalzamento del livello dei mari, le stime degli scienziati
Oltre la metà delle riserve di acqua dolce del Pianeta sono custodite dalla calotta antartica che ha uno spessore di circa cinque chilometri, spiega Ricarda Winkelmann, co-autrice della ricerca, tramite una nota diffusa dall’Istituto di ricerca sugli impatti climatici di Potsdam. Le emissioni di gas serra dovute alle attività umane, però, stanno provocando un aumento delle temperature dell’atmosfera e delle acque dell’oceano. Il ghiaccio che ricopre il Polo Sud così perde massa e diventa sempre meno stabile, facendo innalzare il livello dei mari di tutto il Pianeta.
Gli scienziati hanno messo a punto una serie di proiezioni articolate su diversi scenari. Se il riscaldamento globale si manterrà sui 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali, infatti, i mari cresceranno di 2,5 metri. Se raggiungerà i 4 gradi centigradi, arriveranno a 6,5 metri. Se sfonderà addirittura i 6 gradi per un periodo di tempo sufficiente, la previsione (catastrofica) è di un innalzamento di quasi 12 metri. Londra, Mumbai, New York e Shanghai sono solo alcune delle città che potrebbero subire gravissimi danni. E queste stime prendono in considerazione esclusivamente il contributo dell’Antartide.
“Il destino dell’Antartide è nelle nostre mani”
I ghiacci antartici esistono da 34 milioni di anni, ma il processo di fusione a cui vanno incontro è irreversibile: nemmeno una nuova discesa delle temperature medie globali sarebbe abbastanza per riportarli al loro stato iniziale. In questo senso, l’unico barlume di speranza sarebbe un ritorno alle temperature che caratterizzavano l’età pre-industriale. Ma è “estremamente improbabile” che ciò accada, affermano chiaro e tondo gli scienziati.
“È la combustione di carbone e petrolio a provocare le emissioni di gas serra attuali e future e, di conseguenza, a determinare se e quando verranno superate le soglie critiche per le temperature in Antartide”, ricorda Winkelmann. “E anche se la scomparsa dei ghiacci avviene su un arco temporale molto lungo, i livelli di CO2 che la determinano potrebbero essere raggiunti già nel prossimo futuro. Ora possiamo decidere se riusciremo a fermare il riscaldamento globale. Il destino dell’Antartide è davvero nelle nostre mani – e con lui quello delle nostre città e dei nostri siti culturali nel mondo, dalla spiaggia di Copacabana a Rio de Janeiro all’Opera House di Sydney”. “Se abbandoniamo l’Accordo di Parigi – conclude – abbandoniamo Amburgo, Tokyo e New York”.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.