Abyss Clean Up, diretto da Igor D’India, segue quattro anni di lavoro di un gruppo di esperti alla ricerca di rifiuti nel mar Mediterraneo.
Antropocene, l’epoca umana. Al cinema il docufilm che racconta come l’uomo ha trasformato la Terra
Il 19 settembre arriva al cinema il documentario Antropocene, l’epoca umana. Una visione provocatoria dell’impatto che l’attività umana ha avuto sul pianeta.
Urbanizzazione, industrializzazione, sfruttamento intensivo delle risorse naturali, deforestazione, bracconaggio, inquinamento. Sono solo alcuni dei più devastanti processi messi in atto dall’uomo a discapito del suo stesso pianeta. Il documentario canadese Antropocene, l’epoca umana (in sala dal 19 settembre) li passa in rassegna nei suoi 87 minuti, fotografando lo stato attuale della Terra e mostrando alcune delle sue più profonde ferite. Inserito in un progetto multimediale più ampio, il film è stato diretto dalla coppia di cineasti Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier (moglie e marito) e dal noto fotografo Edward Burtynsky. Un team che, grazie alla lunga esperienza e all’impegno sui temi ambientali, ha saputo dare vita a un’opera dall’impatto visivo eccezionale.
Per quattro anni i registi hanno viaggiato per il mondo, attraversando sei continenti e 20 Paesi, per immortalare la maestosità ferita di una natura drasticamente deturpata dall’azione umana. Immagini di una nuova epoca geologica: quella che gli studiosi chiamano Antropocene, l’epoca umana (dal greco ánthrōpos “uomo”).
Antropocene, l’impronta umana cambia la geologia
Secondo geologi e scienziati del gruppo di lavoro Anthropocene oggi ci troviamo a vivere in una nuova fase della linea geologica del tempo, chiamata, appunto, Antropocene.
Collocata dopo l’Olocene (iniziato 11.700 anni fa) l’epoca umana sarebbe iniziata a partire dalla metà del XX secolo, quando l’umanità ha iniziato a mettere in atto processi che hanno provocato cambiamenti duraturi e talvolta irreversibili. La tesi degli studiosi, dunque, è che l’uomo, ospite su un pianeta di oltre 4,5 miliardi di anni, abbia portato (in diecimila anni di civiltà moderna) l’ecosistema oltre i suoi limiti naturali, trasformandosi da partecipante alla vita sulla Terra ad agente “in grado di influenzare l’ambiente e i suoi processi più di tutte le altre forze naturali combinate”. Nel film Antropocene, l’epoca umana si cerca di restituire visivamente gli effetti di questo impatto.
La trama e i luoghi del documentario
Per realizzare il loro progetto e dimostrare questa tesi, i tre registi hanno viaggiato quattro anni intorno al mondo, immortalando immagini che parlano da sole. Scenari surreali capaci di scuotere le coscienze, come nelle intenzioni dei filmaker, consapevoli che “Il mondo sta cambiando a una velocità tale che è fondamentale comunicarlo nel modo più potente possibile al maggior numero di persone possibile”.
Dall’Africa alla Siberia, bracconaggio ed estrazione
In questo excursus, Antropocene ci porta nella riserva di Ol Pejeta, in Kenia, dove si tenta di preservare l’esistenza di rinoceronti ed elefanti, messa in serio pericolo dal bracconaggio. Qui assistiamo allo straziante rituale della cremazione di migliaia di zanne di elefante, sottratte ai sanguinosi bottini della criminalità. Un funereo falò che diventa il simbolo del documentario stesso, raccontando tutta la miseria e il paradosso dell’avidità umana. Un’avidità che stermina e distrugge e a cui solo l’uomo stesso può rimediare, invertendo la rotta delle proprie azioni. Dall’Africa ci spostiamo a Norilsk in Siberia, uno dei luoghi più inquinati al mondo e noto come città del nichel, in cui tutto ruota attorno all’industria dell’estrazione mineraria.
Dalle cave di marmo di Carrara alle miniere di lignite in Germania
Da lì si va in Europa, in luoghi dove l’intervento umano ha ormai irrimediabilmente mutato l’aspetto della superficie terrestre, come le cave di marmo di Carrara, dove oggi le macchine riescono a strappare alla montagna in un giorno quello che una volta ne richiedeva manualmente almeno quindici. Ma è in Germania che diventiamo spettatori di uno dei momenti più sconvolgenti del film, quando nel paesino di Immerath una graziosa chiesa risalente alla fine del XIX secolo viene completamente abbattuta dalle ruspe, per fare spazio alla miniera di lignite, che ormai dilaga in tutta la cittadina. Qui i macchinari più grandi al mondo lavorano incessantemente, trasformando profondamente la superficie terrestre.
Dalle barriere frangiflutti cinesi ai giacimenti di litio in Cile
Il film prosegue trasportandoci lungo le barriere frangiflutti in cemento, edificate sul sessanta per cento delle coste cinesi, per arginare l’innalzamento dei mari, dovuto ai cambiamenti climatici, per poi condurci nelle profondità psichedeliche delle miniere di potassio nei monti Urali in Russia. Qui la città industriale di Berezniki era balzata agli onori delle cronache qualche anno fa per le enormi doline che, aprendosi nel terreno, hanno iniziato a inghiottire interi edifici.
Una delle visioni più surreali è quella delle immense vasche di evaporazione del litio nel deserto di Atacama, in Cile. Qui sorge il più grande giacimento di questo leggerissimo metallo, divenuto fondamentale per le moderne batterie di cellulari e strumenti tecnologici. Gli obiettivi dei registi ci conducono anche nelle profondità oceaniche della grande barriera corallina australiana, sempre più minacciata dall’acidificazione dei mari.
A chiudere il cerchio del devastante impatto dell’uomo sulla Terra il film ci accompagna a Dandora, in Kenya, tra le montagne di rifiuti di una delle più grande discariche del mondo, dove ogni giorno centinaia di disperati si guadagnano da vivere immersi nella spazzatura.
Anthropocene, un progetto multimediale
Il film Antropocene, l’epoca umana ha debuttato al Toronto Film Festival 2018 ed è stato definito dall’Hollywood Reporter come “un viaggio visivo senza precedenti” e fa parte di un progetto multidisciplinare artistico e scientifico più ampio. Ne fa parte anche la mostra Anthropocene, attualmente allestita al Mast di Bologna e visitabile fino al 5 gennaio 2020. Il documentario rappresenta il terzo e ultimo capitolo di una trilogia, iniziata nel 2006 con Manufactures Landscapes, e proseguita nel 2013 con Watermark, dedicata dai registi proprio ad analizzare la fase più critica dell’attuale processo geologico e dell’impronta umana sulla Terra. In versione originale il film è narrato dal premio Oscar Alicia Vikander, mentre nella versione italiana è stata Alba Rohrwacher, profondamente colpita dal film, a voler prestare la propria voce.
Antropocene è stato selezionato da importanti kermesse cinematografiche, come il Sundance e il festival di Berlino, mentre in Italia a Cinemambiente ha recentemente vinto il premio del pubblico.
Il 12 settembre si terrà un’anteprima del film a Milano (ore 19,40 presso CityLife Anteo in occasione del Milano Green Forum), mentre il 18 settembre è in programma un’anteprima a Torino, presso il Cinema Massimo.
Il 19 settembre Antropocene, l’epoca umana arriverà nelle sale italiane con la media partnership di LifeGate.
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