Dopo un mese di razionamenti, sono stati completati i lavori per la condotta provvisoria che porterà l’acqua dal fiume alla diga di Camastra, ma c’è preoccupazione per i livelli di inquinamento.
Apparel innovation consortium, per una nuova frontiera della moda sostenibile
Dalla strage in Bangladesh all’impatto ambientale. Per limitare i danni dell’industria della moda ci vuole un piano d’azione ben strutturato. Ecco quello dell’Apparel Innovation Consortium.
L’industria della moda è da sempre una delle più impattanti al mondo sia dal punto di vista ambientale che sociale. E con l’avvento del fast fashion, i cui tempi di produzione sono costituiti da ritmi particolarmente accelerati, la sua modalità di operare è diventata sempre più insostenibile. A caratterizzare la produzione del settore tessile e dell’abbigliamento sono, spesso, l’impiego di sostanze tossiche, come denunciato dall’associazione ambientalista Greenpeace, gli sprechi e lo sfruttamento della forza lavoro sottopagata e costretta a operare in condizioni che violano i diritti umani.
Apparel innovation consortium, per riqualificare la moda
In seguito alla strage di Rana Plaza a Dhaka, in Bangladesh dove, a causa del cedimento strutturale di uno stabilimento produttivo che confezionava abiti per noti marchi occidentali, persero la vita più di mille operai, molti hanno iniziato a considerare opportuna la ristrutturazione delle aziende tessili e dell’abbigliamento con sede nei paesi in via di sviluppo.
Prima fra tutti Apparel innovation consortium, un’associazione no-profit fondata nel 2014 da Maximilian Martin, presidente della società Impact economy, specializzata nella progettazione di soluzioni per aziende e investitori intenzionati a generare profitti che abbiano un impatto positivo sull’ambiente e sulla società.
Il progetto, presentato durante l’ultima edizione della Settimana Sri (Sustainable and responsible investment) tenutasi a Milano e a Roma dal 15 al 24 novembre 2016, è già attivo in Bangladesh con l’intento di migliorare le condizioni degli stabilimenti produttivi in termini di tutela dell’ambiente e dei lavoratori, garantendo, al contempo, maggiore ritorno economico per l’intera filiera.
La proposta di Apparel innovation consortium
I pilastri su cui si basano tutte le attività del consorzio per la riqualificazione degli stabilimenti produttivi sono cinque:
- Risparmiare il 20 per cento di energia durante il processo produttivo
- Ridurre l’utilizzo di acqua del 25 per cento
- Diminuire le sostanze chimiche del 10 per cento ed eliminare totalmente quelle considerate dannose
- Tagliare gli sprechi grazie a pratiche di riuso e riciclo
- Assicurare ai lavoratori la tutela di diritti quali alla salute, alla sicurezza e alla remunerazione, in linea con gli standard internazionali.
Per ottenere sostanziali risparmi di energia e di acqua il progetto prevede interventi strutturali tra cui l’introduzione di un impianto di illuminazione a Led direzionato direttamente sulle postazioni di lavoro e di nuovi macchinari, oltre che l’adozione di tecnologie innovative come la meters app, un’applicazione in grado di misurare e monitorare regolarmente i consumi.
Inoltre, per rendere il lavoro più gratificante e limitare gli errori di manifattura sui prodotti, tipici dei processi produttivi con ritmi veloci come quelli del fast fashion, Apparel innovation consortium ha creato un sistema di valutazione per gli operai che prevede anche l’assegnazione di premi ai lavoratori più virtuosi in grado di raggiungere gli obiettivi stabiliti.
Un valore in più anche per i brand
L’approccio proposto dall’associazione è stato definito con il concetto “everyone wins” (vincono tutti) in quanto a trarre beneficio dalle operazioni di ammodernamento non sono soltanto l’ambiente e i lavoratori, ma anche la produttività delle fabbriche, i fornitori e, in ultima battuta, il brand che acquisisce maggiore competitività sul mercato vedendo aumentare la possibilità di investimenti da parte di operatori finanziari internazionali.
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