Sette idee per vivere l’atmosfera natalizia tra lo shopping nei mercatini, passeggiate in borghi vestiti a festa e mirabili opere d’arte.
Appennino modenese: il Cimone
Il Cimone deve la fama d’immenso balcone panoramico alla centralità della propria posizione geografica, oltre 4/10 della superficie del territorio italiano
Gli occhi ne scorrono i folti boschi, si affrettano sui prati fino
a tuffarsi nelle eventuali nevi di stagione; poi salgono in vetta
ad indagare fra i segreti panoramici di questo colosso romagnolo.
Dinanzi a noi vediamo la montagna più elevata dell’intero
Appennino. I suoi 2165 m non sono senz’altro tanti se li
rapportiamo alle elevazioni alpine, ma a queste latitudini
rappresentano emozioni e vedute inusuali. Il Cimone deve la fama
d’immenso balcone panoramico alla centralità della propria
posizione geografica, dalla quale si abbraccia oltre i 4/10 della
superficie del territorio italiano.
Da Fanano parte una carrabile diretta al Lago della
Ninfa; in poco tempo sulla strada s’incontra la frazione di
Canevare (903 m), ma noi proseguiamo ancora fino alla stazione
sciistica La Capanna (1392 m). Qui inizia un’agevole
camminata adatta a tutte le stagioni che nell’arco di 2 ore e 45
minuti ci porta in vetta al Cimone.
Il sentiero con segnavia n. 425 diretto al Monte Lancio
inizia all’estremità meridionale del piazzale sottostante
gli impianti; ne percorriamo solo il primissimo tratto per
incrociare e immetterci sullo sterro di un’ovovia. Si tratta di una
strada di servizio per l’impianto di risalita, di cui raggiungiamo
la stazione d’arrivo nel tempo di 1 ora. Intorno a noi abbiamo un
vasto ambiente naturale interessato recentemente da iniziative di
rimboschimento. Gli alberi si alternano a tratti detritici in un
avvicendarsi suggestivo di “sfacelo” geologico e vitalità
della natura. Il percorso diventa sentiero e prosegue verso
sud-ovest, punta al versante e lo risale rasentando alcuni pali di
ferro che delimitano una pista. Più in alto ci aspetta un
pianoro erboso dall’ampio respiro impreziosito da macchie di piante
di mirtillo (20 minuti). Oltre i prati la nostra traccia incontra
un altro pascolo più in pendenza rispetto al precedente e
una carrareccia che lo solca all’indirizzo di un secondo impianto e
della sua stazione. Ci inoltriamo lungo il nuovo tracciato dominato
dal versante meridionale del Cimone. Nei pressi della struttura di
risalita (30 minuti dalla prima stazione), la carraia piega a
sinistra e raggiunge la palizzata di contenimento di un’antica
frana, chiamata Ruina del Cimone. In corrispondenza dei pali, sulla
destra, è visibile la traccia con segnavia n. 427 in
collegamento diretto con la sommità del Cimone. Il ripido
pendio che ci apprestiamo a risalire si presenta cosparso di
arbusti cespugliosi e detriti e introduce dopo un po’ di fiatone
nel piccolo altopiano denominato Buca del Cimone (30
minuti).
Sopra la testa incombe pesante la montagna, mentre le orecchie
risuonano dei richiami d’allarme emessi dalle marmotte, padrone
incontrastate della zona dopo le immissioni di alcuni esemplari
negli anni ottanta. Purtroppo, in questa stagione di letargo
possiamo soltanto immaginarcele. Le risorse faunistiche del Cimone
includono anche la specie autoctona protetta dell’arvicola delle
nevi e rapaci di grandi dimensioni quali l’aquila. Siamo ospiti di
una natura vigile e non ancora del tutto estromessa che cerca di
convivere a fatica con una presenza umana invasiva. A lato del
pianoro sorge un fabbricato connesso ad un impianto sciistico, ne
raggiungiamo il retro e appare subito un sentiero a serpentina in
risalita. Il suo tracciato incrocia dopo 15 minuti di cammino il
crinale spartiacque fra il Cimone e il Monte Cimoncino. I 2118 m di
quest’ultimo sono accessibili con la traccia aperta alla sinistra
di chi arriva in cresta. In soli 5 minuti ci possiamo affacciare
dalle pareti precipiti del suo versante est e gustarci un anticipo
panoramico prima della mèta definitiva. Torniamo sui nostri
passi fino alla cresta, il sentiero di destra è subito
riconoscibile e in 10 minuti ci guida a destinazione sul
Cimone.
Andiamo con ordine e iniziamo da quello che possiamo toccare con
mano. Risalta subito un edificio adibito a stazione metereologica e
radiotelegrafica dell’Aeronautica. Costeggiamo un tratto della sua
recinzione e raggiungiamo nella parte più alta della vetta
la cappella dedicata alla Madonna delle Nevi. Vicino all’oratorio
spiccano alcune rocce arenarie modellate dall’azione millenaria
dell’antico mare terziario in cui si sono formate. Ma il Cimone
serba altre sorprese, parla a lungo di sé e della propria
identità storica anche attraverso altre testimonianze che il
tempo ha voluto lasciarci. Alcune lastre di arenaria mostrano
scritte incise da mani antiche e datate XVI secolo. Altri reperti
rinvenuti all’inizio del 1900 e ora tutelati nei musei attestano
una frequentazione del luogo già in età romana. Dal
presente al passato, dalla storia ai panorami. Sembrerà
incredibile, ma quei muraglioni bianchi e grigi che compaiono allo
sguardo nelle giornate terse all’estremo nord sono proprio le Alpi
(Monviso, Cervino) e le Dolomiti (Marmolada); quella distesa
azzurro – sfumato lontana a est si chiama Adriatico e più in
là, oltre il mare si distinguono le coste jugoslave. L’ovest
invece ci riserva scorci su Firenze, Siena e una buona porzione di
Mar Tirreno con le Isole Toscane. La curiosità dei nostri
occhi può ancora soffermarsi in molti altri posti. Da ovest
a est le città emiliane di Bologna e Ferrara sfilano quasi
in primo piano, sprofondate nella pianura padana, in quella bassa
sterminata che risale fino alle porte di Milano, supera il cemento
e s’increspa solo ai piedi dell’arco alpino.
Yalmar Tuan
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